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martedì 13 ottobre 2015

In quell'ora di rumeno a scuola c'è la nostra occasione di accogliere davvero

Marietta Tidei
Deputata Pd - membro bureau assemblea parlamentare Osce
Pubblicato: 07/10/2015

C'è un'accoglienza fatta di parole: tante e, forse per questo, a volte vuote. Ma l'Italia sa anche essere il Paese dell'accoglienza concreta, quella delle centinaia di volontari che salvano le vite dei migranti in mare, quella degli uomini e delle donne che si prendono cura di chi scappa da una guerra o dalla fame. I numeri forniti dall'Organizzazione internazionale per le migrazioni sono drammatici: quasi 3mila persone sono morte nel Mediterraneo dall'inizio dell'anno.

Un'ecatombe, una macabra contabilità che scuote le nostre coscienze e le interroga. Migranti: da una parte all'altra del mondo per sopravvivere. Siamo chiamati a una responsabilità precisa: non voltare lo sguardo altrove. Per farlo in modo concreto dobbiamo lavorare pancia a terra per favorire l'integrazione tra culture diverse e per incentivare il dialogo, fuori da ogni retorica e da ogni cornice dal sapore buonista. In questi giorni sta suscitando molto scalpore la decisione di due scuole elementari di Ladispoli, in provincia di Roma, in cui è stato introdotto il corso obbligatorio di ''Lingua, cultura e civiltà romena'': un'ora a settimana, un'altra facoltativa durante l'orario extrascolastico. La Lega parla di limitazione alla libertà educativa, millantando costrizioni indegne e invocando l'intervento degli ispettori.

In questo atteggiamento e in queste parole risiede l'incapacità di affrontare un tema, quello dell'immigrazione, dell'accoglienza e dell'integrazione che non può essere intriso di populismo e ideologia. La libertà educativa può solo che arricchirsi da questa esperienza, considerando anche che il 20% della comunità di Ladispoli è costituita da cittadini rumeni. I genitori erano stati informati dagli istituti scolastici dell'attivazione del corso prima dell'iscrizione, ma non è una questione di prima o di dopo: è piuttosto una questione di civiltà e di rispetto.

Di accoglienza. Gli egoismi e i preconcetti degli adulti nulla hanno a che fare con le coscienze dei minori: educare i bambini all'odio e al disprezzo equivale a gettare alle ortiche il futuro del nostro Paese. Perché pensare, erroneamente e a priori, che un ''contatto'' tra la cultura italiana e quella rumena possa costituire un errore?

È nella diversità che si sviluppa e si potenzia la coscienza di ognuno di noi, non nell'omologazione e nella difesa, forte ma poco intelligente, del proprio mondo, considerato unico e infallibile. In quell'ora di rumeno risiede la nostra occasione di accogliere davvero. È lì, in quei 60 minuti, che i bambini rumeni possono presentarsi a quelli italiani come bambini, e non etichettati, come spesso accade, in modo negativo.

È lì, in quell'ora tra i banchi di scuola, che si possono gettare le basi per un Paese multiculturale degno di questo nome. Lo stesso titolo scelto per il corso contiene due parole cruciali per la sfida che ci attende: cultura e civiltà. Non spetta alla Lega, così come a nessun altro, giudicare se la cultura e la civiltà rumena siano peggiori rispetto a quelle italiane: sarebbe una gara senza senso verso la chiusura, il rifiuto, lo sguardo basso. Il nostro dna contiene i cromosomi dell'accoglienza: attivarli è un dovere morale dal quale non possiamo prescindere. Facciamolo prima che sia troppo tardi, prima ancora che qualcuno possa dire che potevamo fare di più e invece abbiamo preferito non farlo".

Fonte: L'Huffington Post



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