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sabato 25 novembre 2017

L'arte che accoglie: a Siena un progetto per l'integrazione dei richiedenti asilo

Cultura Siena piazza del campo Siena Conoscere il territorio che li accoglie attraverso il patrimonio storico-artistico. Con questo obiettivo all’interno del progetto MuSST (Musei e sviluppo di sistemi territoriali), finanziato dal Ministero dei Beni delle Attività Culturali e del Turismo e curato dalla Pinacoteca Nazionale di Siena - Polo Museale della Toscana, è stato ideato il progetto “Un patrimonio di tutti. Incontri interculturali nella città di Siena” dedicato a richiedenti asilo e ai cittadini stranieri residenti per diffondere la conoscenza e la consapevolezza del ricco patrimonio artistico e culturale del territorio in cui vivono. In provincia di Siena i cittadini di nazionalità straniera rappresentano l’11% della popolazione.

L’arte che accoglie - Nell’ambito di “Un patrimonio di tutti” giovedì 23 novembre dalle 15.30 al Santa Maria della Scala sarà realizzato “L’arte che accoglie”, un percorso di visita per richiedenti asilo, frutto della collaborazione tra Polo Museale della Toscana, Santa Maria delle Scala, Oxfam Italia Intercultura, associazione LiMo, organizzazioni che a Siena e in provincia gestiscono strutture di accoglienza e corsi di lingua per richiedenti asilo, provenienti da Burkina Faso, Mali, Ghana, Senegal e altri Paesi. Attraverso la mediazione culturale degli operatori, gli affreschi del Pellegrinaio saranno il centro di un percorso di conoscenza e di confronto interculturale sul concetto di patrimonio e su vari aspetti della vita quotidiana, dalle pratiche di accoglienza al cibo alla festa. Attraverso l’osservazione delle opere d’arte e il coinvolgimento attivo dei partecipanti si potenzieranno le competenze lessicali e linguistiche. Sono previsti anche 3 incontri nell’ambito del corso di italiano seguito dagli ospiti: dopo avere consolidato i contenuti linguistici, si lavorerà su significati e valori associati al proprio concetto di patrimonio, presentando oggetti o elementi culturali significativi della propria storia personale.

Paesaggio e vita quotidiana nei dipinti della Pinacoteca Nazionale per le donne rumene - Il progetto prosegue domenica 26 novembre alle ore 10 in Pinacoteca Nazionale con un percorso guidato dedicato alle donne rumene realizzato in collaborazione con l’Associazione Rumeni a Siena e Amici, formata in gran parte da donne che lavorano come badanti. La visita si svolgerà con traduzione in lingua rumena. I temi del progetto MuSST, paesaggio e vita quotidiana, saranno il filo conduttore per un’esplorazione, in forma di dialogo, di alcuni dei dipinti più importanti della Pinacoteca (polittici a fondo oro del XIV-XV secolo) alla ricerca di tessuti, cibi, oggetti: un percorso quanto più possibile partecipato e interattivo, che metta in gioco confronti con le culture di origine dei partecipanti.

Il programma “Un patrimonio di tutti”, coordinato da Marzia Minore, nasce dalla consapevolezza che, se per le seconde generazioni il contatto con il patrimonio culturale può avvenire attraverso la scuola, sono molti gli adulti di origine straniera che non conoscono i principali musei e siti della città di Siena, per il persistere di barriere alla visita di tipo linguistico, comunicativo e culturale.

L’educazione al patrimonio culturale, inoltre, può efficacemente connettersi alle politiche di inclusione sociale. Info Per maggiori informazioni sul progetto si può contattare Marzia Minore (musstsiena@gmail.com; marzia.minore@gmail.com).

“Un patrimonio di tutti”, progetto MuSST, è finanziato dal Ministero dei Beni delle Attività Culturali e del Turismo e curato dalla Pinacoteca Nazionale di Siena - Polo Museale della Toscana, in collaborazione con molte istituzioni culturali. Ha l’obiettivo di proporre inediti percorsi per conoscere il racconto della vita quotidiana e del paesaggio di Siena e del suo territorio attraverso opere d’arte e oggetti di uso comune legati alle abitudini alimentari, alla ritualità, al lavoro e alla convivialità, all’abbigliamento, alla cura e all'assistenza della popolazione a Siena dal XIII al XX secolo.

Fonte:GoNews

CGIL - Tutela dei lavoratori nel campo dell’edilizia, la Fillea incontra la comunità romena

La provincia di Caserta negli ultimi anni ha visto quasi raddoppiare la presenza dei lavoratori di nazionalità Romena. Lavoratori facenti parte della comunità europea e per questo non considerati extraeuropei, ma che nei fatti vengono trattati alla stregua dei cittadini non comunitari. Edilizia, Agricoltura e servizio alle persone i settori maggiormente occupati con salari e diritti quasi sempre negati o ignorati.

La Fillea CGIL è da anni impegnata nell’azione di tutela dei diritti universali dei lavoratori. L’apertura delle frontiere e l’emanazione di normative comunitarie hanno visto sempre il sindaco delle costruzioni della CGIL impegnata in prima linea per tutelare uomini e donne, lavoratori e lavoratrici indipendentemente dal colore della pelle o dalla nazionalità di ognuno. Uguali diritti uguali tutele è solo uno degli slogan che la CGIL da tempo ha messo in campo. Tutelare il lavoratore, la lavoratrice in quanto tale e non secondo la nazionalità o il colore della pelle è la ragione che da sempre caratterizza la nostra azione sindacale.

La Fillea CGIL di Caserta, unitamente alla Fillea CGIL Nazionale e Regionale, alla CGIL di Caserta, allo sportello sindacale INCA/FILLEA di Bucarest e all’Ufficio INCA e lo sportello migranti della Provincia di Caserta, hanno organizzato per il giorno 21 Novembre 2017 un incontro con la comunità dei lavoratori romeni presenti in provincia di Caserta occupati nel settore dell’edilizia.

L’incontro è finalizzato alla divulgazione di norme e diritti spettanti ai lavoratori romeni occupati in edilizia nella provincia di Caserta. Dei quasi 5.000 cittadini romeni residenti nella provincia di Caserta poco meno di 500 trovano posto tra i lavoratori regolarmente iscritti al sistema bilaterale del settore edile.

Paga giornaliera, elementi di paga differiti, previdenza pubblica e privata, contributi assistenziali e di settore sono norme contrattuali che difficilmente trovano applicazione nel riconoscimento dei diritti verso queste comunità. Molto spesso non lo sono nemmeno tra i lavoratori italiani. Imprenditori troppo scaltri e affini all’elusione alimentano un mercato del lavoro in edilizia drogato dalla non applicazione dei contratti di settore. Per questo abbiamo inteso, come ribadito nello slogan dell’iniziativa, che ogni lavoratore ha diritto al lavoro e alla giusta retribuzione così come ogni impresa ha l’obbligo di riconosce ad ogni lavoratore il giusto compenso per il lavoro svolto.

La FILLEA in tutta la sua articolazione e la CGIL con tutto sul sistema servizi vuole essere al fianco di queste comunità e di tutti i lavoratori indistintamente da razza, religione, colore e sesso affinché i diritti e la dignità che deriva dal lavoro possano trovare il giusto riconoscimento e una corretta applicazione.

Fonte:CasertaFocus

Vasto. Nuova guida spirituale della comunità rumena

Ad una settimana dalla partenza del parroco ortodosso Iulian Stoica in Canada, La comunità ortodossa di Vasto , l’Associazione Vocea Romanilor Vastesi e l’Associazione Decebal di San Salvo, hanno il piacere di dare il benvenuto al nuovo reverendo ortodosso, padre Petru Bogdan Voicu. Domenica 26 novembre, la Messa sarà celebrata dal Padre Voicu insieme ad un ospite di riguardo del mondo ecclesiastico ortodosso, l’ Arciepiscopo Gheorghe de Michalovce e Kosice della Repubblica Ceca e Slovacca e il diacono Constantin Bolohan , il futuro parroco di Lanciano. Il padre Petru Voicu attualmente celebra anche nella Parrochia ortodossa di Termoli, ( nomina ricevuta nel 2015) così chè le funzioni religiose verranno alternate con Vasto.

Il Reverendo Voicu si è diplomato nel 2003 al Seminario Teologico di Iasi, e grazie al grande talento dimostrato nelle discipline pittoriche di icone vince una borsa di studio presso il Seminario Teologico “ Santi Chiril e Metodiu” in Grecia. Nel 2009, finisce gli studi universitari presso la Facoltà di Teologia di Constanta, e solo due anni più tardi, vista la continua crescita della comunità ortodossa rumena sul territorio italiano, viene ordinato sacerdote nella Parrocchia Ortodossa Rumena di Messina, dal Monsignor Siluan, Vescovo della Diocesi Ortodossa Rumena in Italia. Dal 2015 il Padre Voicu ritorna sul “ continente”, dove gli viene consegnata la Parrocchia Santo Apostolo Timotei in Termoli e la direzione del Centro Pastorale Catechetico Ortodosso di San Martino in Pensilis ( CB).

Dalla prossima domenica, 26 novembre, celebrerà le funzioni religiose nella Parrocchia Ortodossa di Vasto, presso la Chiesa di Santa Maria di Costantinopoli. La comunità gli darà il benvenuto alla messa domenicale , augurandogli una lunga e proficua permanenza sul territorio vastese ,auspicando un’ottima collaborazione con gli enti e le associazioni presenti sul territorio, continuando cosi, l’operato del precedente parroco .

Fonte: QuiQuotidiano

A Vallecrosia la presentazione del libro di Marian Mocanu e Irina Niculescu sulla fratellanza italo-romena

Saranno presenti gli autori, il sindaco Ferdinando Giordano, l’assessore Monica Barra e don Anton Robu

Vallecrosia. Domenica 26 novembre, alle 16.30, nella Sala Polivalente “G. Natta”, in Via C. Colombo, verrà presentato il libro “Come fratelli, la fratellanza italo-romena a 10 anni dall’adesione all’Unione Europea” di Marian Mocanu e Irina Niculescu ( Edizioni Unicopli – ottobre 2017, Milano).

Saranno presenti gli autori, il sindaco Ferdinando Giordano, l’assessore “L’evento può essere un’occasione anche per i tanti connazionali che abitano in zona – afferma don Antonio Robu – Ho proposto quest’idea al comune di Vallecrosia, che ha accolto con piacere quest’iniziativa”. L’evento rientra nel calendario manifestazioni “Aspettando il Natale 2017″ organizzato dal Comune di Vallecrosia.

Fonte:Riviera24

"Quanto Incanto" - Grande Concerto di Apertura Domenica 17 Dicembre alle ore 11.30 ,Venezia

Domenica 17 Dicembre alle ore 11.30,Venezia

Festeggiamo l’apertura della mostra Storie di Bambini con il concerto straordinario del coro di voci bianche A.LI.VE. Accademia Lirica di Verona. Orchestra, solisti e coro diretti dal Maestro Paolo Facincani daranno il via alla mostra che sarà visitabile presso l'Istituto Provinciale per l'Infanzia Santa Maria della Petà fino al 15 aprile 2018.

Cuore della mostra sono le storie di 12 bambini raccontate dal genio creativo di Letizia Galli in 210 illustrazioni. L’esposizione ci fa conoscere le storie di Agata Smeralda, Igor, Abdou, ma anche quelle di famosi artisti come Michelangelo e Leonardo e di tanti altri bambini che, partiti da una situazione difficile, sono riusciti a far brillare i propri talenti e coltivare i propri desideri.

La mostra comprenderà un ricchissimo programma di attività didattiche per le scuole, iniziative per gli adulti e le famiglie, visite guidate e spettacoli tutti consultabili e prenotabili online su www.storiedibambini.org 

Il coro A.LI.VE. interpreterà la canzone dedicata alla mostra e al suo personaggio, la piccola Agata Smeralda, la prima bambina lasciata nel 1444 allo Spedale degli Innocenti, la canzone è scritta dall’artista Letizia Galli e musicata dal Maestro Vittorio Cosma.

Ci saranno inoltre un omaggi a Vivaldi, interpretazioni di famose canzoni di Beatles, Fiorella Mannoia, Ron, Pink Floyd e tante altre sorprese!

Ingresso libero.

Come arrivare

Da P.le Roma e Ferrovia
Linee 2, 5.1, 4.1
fermata San Zaccaria

Contatti

www.storiedibambini.org 
tel.371 1165284
email:venezia@storiedibambini.org

Erasmus Avis: una settimana multilingue con l’istituto Orioli di Viterbo

Viterbo-Civita-di-Bagnoregio_Progetti-ABCL’ Istituto Francesco Orioli, sempre nell’ottica del potenziamento delle competenze linguistiche, ha progettato un’attività Erasmus interamente dedicata alla lingua francese. Si tratta del progetto Avis: Attitude de Vie et Santé. Le classi interessate si occuperanno di stile di vita e salute, condividendo attività e documenti non solo online ma anche in presenza. Tutto inizia in questa settimana viterbese con l’accoglienza della delegazione proveniente dalla Romania e dalla Francia con i rispettivi docenti e alunni per un complessivo numero di 22 persone la cui permanenza in città è stata sapientemente organizzata dalla professoressa Loretta Tofanicchio che anche predisposto un calendario per le attività culturali.

In questo progetto sono coinvolte tutte le classi che studiano Lingua francese all’interno dell’Istituto con una Festa della cucina nella quale vengono presentati alcuni piatti tipici della cucina di tutte le nazioni di provenienza degli studenti dell’Istituto.

Particolare coinvolgimento verrà riservato alle classi con curvatura turistica che si cimenteranno nelle attività di accoglienza e guida durante le visite al territorio.

Per l’occasione sono anche stati preparati dei dépliant di presentazione di luoghi feste ed eventi caratteristici della provincia di Viterbo.

Per la presentazione di alcune attività economiche caratteristiche del nostro territorio è stata predisposta la visita ad un mulino durante le ore di molitura delle olive, per quello che riguarda invece i luoghi caratteristici della provincia è stata organizzata naturalmente una visita a Civita di Bagnoregio, a Montefiascone e al Villaggio dei Pescatori di Marta.

E’ inoltre prevista un’escursione lungo la via Francigena per ripercorrere le tracce dei pellegrini che, provenienti dal vicino tracciato francese, giungevano in Italia per arrivare a Roma attraversando la provincia di Viterbo.

Per la presentazione di altre attività economiche è prevista la visita alla Cantina sociale di Montefiascone per il made in Tuscia.

Sono state organizzate anche una serie di attività didattiche che verranno condivise con i colleghi romeni e francesi presso la Casa di Cura Giovanni XXIII per la quale sono state preparate musiche, danze e attività di intrattenimento ad opera del Corso Socio-Sanitario dell’istituto Francesco Orioli.

Per la giornata di accoglienza lo Staff della presidenza, guidato dalla Preside Prof. Simonetta Pachella, ha condiviso le attività con gli ospiti provenienti dal ‘Lycée d’Authie’ da Dullens in Francia e dal ‘Liceul’ da Baia de Fier in Romania. Il progetto porterà gli studenti viterbesi in Francia in Primavera e in seguito in Romania.

Fonte:NewTuscia

giovedì 16 novembre 2017

Ambasciatore di Romania a Trieste, Dipiazza: Intensificheremo rapporti culturali ed economici

Sottolineata l'importanza del capoluogo giuliano nei rapporti tra le due nazioni, citato come „esempio i cantieri romeni che lavorano per Fincantieri“

Il Sindaco Roberto Dipiazza ha ricevuto oggi in Municipio, in visita di presentazione, l'Ambasciatore di Romania in Italia George Gabriel Bologan, accompagnato dal Console Generale a Trieste Cosmin Victor Lotreanu.
Con l'alto diplomatico, che era già giunto una prima volta a Trieste nel luglio scorso in occasione del IV° Vertice dei Balcani Occidentali, ma che compie in questi giorni la sua prima visita ufficiale in veste di Ambasciatore, il Sindaco Dipiazza si è cordialmente intrattenuto nel tradizionale Salotto Azzurro, illustrandogli i principali punti di forza attuali della nostra città, dai traffici portuali (grazie anche ai profondi fondali naturali di cui dispone il nostro porto) alla cantieristica (con la Fincantieri), dalla forte presenza di istituti di ricerca alle prospettive di sviluppo legate al riuso della vasta area del Porto Vecchio, fino al crescente interesse di investitori esteri per importanti interventi nell'intero ambito cittadino (e infatti proprio oggi, subito dopo la visita del diplomatico romeno, ha avuto luogo la presentazione da parte degli acquirenti austriaci del progetto di massima per la riqualificazione dell'area dell'ex Fiera di Montebello, n.d.r.).

Nel corso del colloquio è stata comunemente sottolineata l'importanza di Trieste nei rapporti bilaterali tra Romania e Italia. E' stato fatto proprio l'esempio della cantieristica, ricordando come alcuni cantieri romeni lavorino per la Fincantieri, per alcune particolari fasi progettuali o specifiche lavorazioni (è il caso del cantiere di Tulcea sul Danubio, facente parte del gruppo Vard, azienda direttamente controllata dalla società di Trieste).

E mentre sono ormai migliaia le imprese italiane che operano in Romania, nazione dove, tra l'altro – ha spiegato l'Ambasciatore Bologan, riferendo un dato poco noto – vive anche dagli anni del primo dopoguerra una piccola comunità di italiani allora emigrati per lavoro e che oggi ha diritto, come tutte le altre minoranze, a essere rappresentata da un deputato al Parlamento di Bucarest, d'altro canto molti sono i romeni che vivono e lavorano in Italia e, in misura significativa, anche a Trieste, dove da una decina d'anni, non casualmente, vi è anche – come ha sottolineato il Sindaco Dipiazza – un'attiva comunità religiosa romeno-ortodossa, con il suo parroco e da un paio d'anni anche con una suo luogo di culto stabile e ufficiale (la chiesetta di via dell'Istria 71, messa a loro disposizione dalla vicina parrocchia cattolica dei Padri salesiani, n.d.r.).

«Vi sono dunque tra di noi già forti legami, non solo economici ma culturali, spirituali e storici», ha detto quindi l'Ambasciatore Bologan, dimostratosi un profondo conoscitore della realtà italiana, anche per aver lavorato in precedenza quale giornalista, corrispondente dall'Italia per giornali e radiotelevisioni romene, in particolare come vaticanista accreditato presso la Sala Stampa della Santa Sede.

Desideroso peraltro di conoscere e approfondire ancor meglio la nostra città, per la quale ha speso vive parole di apprezzamento, ma con la quale – ha simpaticamente affermato – «già sento di avere un legame speciale anche per la mia origine da una regione romena che in passato fece parte, come Trieste, dell'Impero Austro-Ungarico». Va detto infatti che il giovane Ambasciatore George Gabriel Bologan è nato infatti a Hunedoara (già Eisenmarkt, in tedesco), nella “regione storica” della Transilvania, fino alla Prima Guerra mondiale facente parte dello Stato asburgico.

Anche in tal senso, dopo aver rimarcato la necessità di una più ampia conoscenza e valorizzazione dei rapporti con il nostro territorio tramite apposite prossime iniziative, e rendendo infine omaggio alle caratteristiche plurietniche e di apertura culturale della nostra città, l'Ambasciatore Bologan ha concluso l'incontro iscrivendo un bellissimo messaggio nel Libro d'Oro dei visitatori illustri del Municipio, con un ringraziamento «per il modello di dialogo, offerta di opportunità e capacità di sviluppo che Trieste offre all'Europa».

 Fonte:TriestePrima

Agrigento capitale della cultura 2020, endorsement di uno scrittore romeno

„Laszlo Alexandru ha inviato al sindaco Calogero Firetto il suo messaggio di sostegno: "E' una grande città vibrante"“

Agrigento capitale della cultura 2020, endorsement di uno scrittore romeno E' venuto ad Agrigento con i suoi allievi e si è innamorato della Città dei templi. Lo scrittore e traduttore Laszlo Alexandru, dalla Romania, ha fatto pervenire al sindaco Lillo Firetto il proprio sostegno alla candidatura di Agrigento a "Capitale Italiana della Cultura 2020".
Ecco il testo del suo endorsement: "Ho visitato con grande curiosità Agrigento, insieme ai miei migliori studenti, che hanno vinto il Premio straordinario del Concorso Internazionale "Uno, nessuno e centomila", dedicato ai 150 dalla nascita di Luigi Pirandello. Ho incontrato gente molto impegnata nelle iniziative culturali, ho visto una meravigliosa istituzione teatrale, la stupenda Valle dei Templi e tutt'una città vibrante. Insieme ai ragazzi e agli insegnanti di altri cinque-sei Stati Europei, tutti parlanti un ottimo italiano, nonchè ai giovani artisti di tutte le parti dell'Italia, abbiamo trascorso giornate indimenticabili. Sostengo calorosamente la candidatura di Agrigento a Capitale Italiana della Cultura 2020, con la speranza di portare avanti, in un contesto ancora più approfondito, questa bellissima amicizia, nata intorno a un nome di spicco della cultura italiana".

Fonte:Agrigento Notizie

mercoledì 15 novembre 2017

Badanti romene: I sacrifici e le grandi pagine di umanità

Badanti romene: un libro per conoscere molte storie di casa nostra Sono poco meno di un milione e quasi non c’è italiano che non ne abbia conosciuto una, magari di nome o di viso. Sono le badanti romene, protagoniste in Italia di molte storie, spesso luminose, talvolta opache. Ma cosa sappiamo realmente di loro e della loro vita? Cosa c’è dietro i loro nomi e, spesso, i luoghi comuni che le riguardano?

Non ci si lasci ingannare dalla seconda parte, fuorviante e sdolcinata, del titolo, perché il libro Badanti romene, ambasciatrici d’amore (Viola Editrice, Roma 2015) è un’opera di grande interesse, assolutamente da leggere e sperabilmente da tradurre e pubblicare anche in Romania. Lo firmano Giancarlo Germani, avvocato impegnato da anni nelle problematiche della comunità romena presente in Italia, e Alexandra Cristina Grigorescu, giovane conduttrice televisiva a Roma. «Lo scopo principale di questo libro – sottolineano gli autori – è quello di far conoscere meglio una figura controversa nella società italiana, ma piena di umanità e che merita il rispetto generale: la badante romena. I media italiani, soprattutto in questi ultimi anni, hanno evidenziato all’attenzione pubblica, solo alcuni aspetti, generalmente i più discutibili della comunità romena, ponendo in una luce spesso ambigua soprattutto le lavoratrici del settore domestico e dell’assistenza familiare. Parliamo di donne di tutte le età, spesso non più giovani, che hanno lasciato il loro paese natale, la Romania, le loro tradizioni, la loro cultura e le loro famiglie, per venire in Italia alla ricerca di condizioni di vita migliori. La ricerca di un posto di lavoro in una casa italiana era ed è motivata dalla necessità di poter mandare i figli all’università, di comprare una casa, di aiutare la famiglia dei figli ad affrontare le spese degli studi dei nipoti, di migliorare, in poche parole, il tenore di vita delle proprie famiglie».

Come vivono abitualmente le loro giornate, con quali problemi si confrontano, quali speranze, illusioni, amarezze, soddisfazioni sono il pane quotidiano delle nostre badanti? E come sono viste, tanto in Romania, quanto in Italia? E che dire degli scandali e degli abusi, sia da parte di chi le chiama in casa propria, si da parte loro in casa altrui? Queste donne, con un nome e una storia non di rado avvolte nella nebbia dell’indifferenza o del pregiudizio, sono spesso protagoniste di grandi pagine di umanità. Come anche del contrario, talvolta. Il libro di Germani e Grigorescu tratteggia i diversi aspetti e dimensioni della vita e del lavoro delle badanti, senza eluderne nessuno: «Non vogliamo nascondere le zone di ombra costituite da comportamenti personali non sempre corretti e onesti che sono sfociati a volte anche in reati – segnalano gli autori – ma riteniamo giusto dare un panorama complessivo dell’attività di queste donne, che spesso, nel bene, e a volte nel male, hanno saputo lasciare un’impronta importante nella società italiana».

Per gentile concessione dell’editore, pubblichiamo uno dei capitoli più toccanti, dedicato a un tema delicatissimo: i figli delle badanti, le centinaia di migliaia di bambini e ragazzi rimasti in Romania, privi della madre (e talvolta anche del padre), con tutte le problematiche che a ciò si connettono. Come accade con gli altri capitoli del libro, anche in questo caso al testo degli autori seguono testimonianze tratte dalla stampa italiana.

Giovanni Ruggeri

I figli

I figli e la famiglia hanno rappresentato le motivazioni principali che hanno spinto tante donne romene in Italia e in altri paesi di tutto l’Occidente. La voglia e la determinazione di strappare i propri figli a una vita di duro e ottuso lavoro e di povertà, ha determinato le donne romene a mettersi in cerca del Sacro Graal di un benessere che non cercavano per loro, bensì per la propria prole. «Che almeno loro non soffrano quello che abbiamo patito noi». Questo è stato il principale propellente morale che in tutte le epoche ha spinto gli uomini all’emigrazione, compresi quei milioni di italiani che in tutto il mondo hanno cercato fortuna, Romania compresa (eh già... sorpresi?) verso la fine dell’800 per affrancare i propri figli dalla miseria o dalla dura vita nei campi per un misero tozzo di pane.

Mentre le donne italiane hanno filato in Belgio, hanno prodotto cioccolata in Svizzera o fatto le governanti e le colf negli Stati Uniti nei primi anni del ‘900, le donne romene si sono guadagnate sul campo, per la loro pazienza e per le loro ridotte pretese, il marchio di badanti preferite dalle famiglie italiane nel terzo millennio. Con quei 200/300 euro che ciascuna è riuscita a mandare per anni in patria, come risultato netto di innumerevoli sacrifici e privazioni, è cresciuta in Romania una generazione di ragazzi – i figli delle badanti – che non si possono considerare ricchi o benestanti, perché non hanno alle spalle grosse fortune materiali, ma che hanno una potenzialità enorme costituita dall’aver studiato in condizioni di discreto benessere.

Questi ragazzi hanno già vissuto esperienze formative notevoli, avendo quasi tutti raggiunto, per periodi più o meno brevi, le loro madri in Italia e avendo potuto frequentare anche le scuole italiane (dove attualmente ci sono circa 90.000 ragazzi romeni) padroneggiando almeno due lingue europee e le moderne tecnologie. In Romania la società è divisa in modo molto netto tra chi ha e chi non ha... ebbene, i sacrifici delle badanti, hanno reso possibile un minimo di flessibilità sociale, grazie alla liquidità reperita presso le famiglie italiane che hanno consentito a questi ragazzi, prima di avere condizioni di vita migliori, dal vestiario al cibo, e poi di poter studiare godendo anche dei nuovi supporti elettronici e informatici come computer, tablet, smart e iphone, che in Romania si sono imposti con un consumo quasi sproporzionato allo stesso Pil romeno...

Non tutti questi ragazzi sono riusciti ad arrivare in fondo al tunnel, molti si sono persi e alcuni purtroppo hanno anche posto fine ai loro giorni consumati dalla lontananza delle madri e dalla rottura dei nuclei familiari.

La Romania e le famiglie romene hanno pagato un costo molto alto a questa corsa verso un benessere che è stato raggiunto emigrando, ma che poteva anche essere raggiunto sfruttando in maniera corretta, sensata e più democratica, le grandi risorse interne del paese. Una responsabilità politica pesante per le coscienze dei politici romeni che in questi 26 anni di democrazia, si sono accaparrati selvaggiamente tutte le risorse e hanno poi ignorato o minimizzato il fenomeno migratorio, come se i milioni di romeni scappati all’estero fossero degli stravaganti turisti e non individui posti con le spalle al muro da un sistema sociale iniquo e vessatorio.

I figli della ricca borghesia semi-securista romena, sono cresciuti con Bmw, Ferrari, stage ad Harvard e Oxford tra un party e un master a Londra, mentre i figli delle badanti sono cresciuti spesso in campagna con i nonni ottantenni senza grandi svaghi, dando una mano ai lavori nei campi ma con la spinta, che solo l’ingiustizia sociale e la povertà sanno dare, di migliorare sia le proprie condizioni, sia le proprie prospettive, non solo per se stessi ma anche per i genitori che si erano immolati per anni all’estero solo ed esclusivamente per loro.

Il più grande investimento delle badanti romene infatti, oltre ai milioni di rimesse che hanno rappresentato la prima fonte di introito in valuta della Romania, sono stati i figli. Non potendo fornire loro Ferrari o Bmw o il relativo tenore di vita da Vip, che in Romania è appannaggio dei cosiddetti uomini di affari, dei politici o dei cantanti, le badanti romene hanno fornito ai propri figli l’esempio delle loro vite: il sacrificio per un interesse superiore e la consapevolezza che solo studiando e conseguendo una preparazione di livello superiore, sarebbero potuti stare al pari, e anzi superare i figli della grassa borghesia romena, ricchi, ma spesso non motivati, viziati e quasi sempre molto maleducati e arroganti. Non è un caso che tanti ragazzi romeni figli di queste famiglie della cosiddetta «Diaspora romena», vincano a mani basse le Olimpiadi di matematica, fisica, geografia o chimica, confrontandosi con successo con le nuove generazioni europee senza complessi o inibizioni di sorta.

Non bisognerà stupirsi più di tanto se questi ragazzi seguissero le orme dei loro predecessori italo americani che da figli di poveri immigrati «maccaronari» diventarono la classe dirigente del sogno americano spingendo gli Stati Uniti a raggiungere traguardi inattesi e imprevedibili in ogni campo.

Vedremo se la società romena saprà sfruttare questo potenziale umano che le badanti e le famiglie della «Diaspora» hanno saputo, con grandi sacrifici, far lievitare all’interno di un corpo asfittico e spesso iniquo, come quello della società romena post-decembrista, per creare delle basi sociali ed economiche veramente libere e democratiche, dove il benessere non debba essere raggiunto tramite l’emigrazione, ma attraverso una sana competizione tra cittadini eguali. Se la nuova classe dirigente romena sarà quella nata sulle ceneri e sui sacrifici di milioni di famiglie romene della «Diaspora», la Romania avrà enormi potenzialità di diventare in pochi decenni una delle locomotive d’Europa dove benessere e stile di vita saranno invidiate, apprezzate e imitate.

Se invece i figli e il prezzo di decenni di rinunce e sacrifici saranno ignorati o minimizzati come si è fatto sinora, soprattutto in Romania, con il fenomeno stesso della emigrazione di massa che è ignorato o manipolato dai media romeni per non disturbare troppo l’attuale classe dirigente che ne è la principale responsabile, queste potenzialità saranno regalate ad altri paesi. A questo punto personalmente spero che tanti di questi ragazzi e delle loro famiglie, scelgano l’Italia come loro terra di adozione.

Già numerose sono le richieste di cittadinanza di tanti romeni che, non trovando in Romania ancora un contesto adatto alle loro ambizioni e possibilità, chiedono e prendono la doppia cittadinanza, ed egoisticamente per l’Italia questo è un bel vantaggio, perché stiamo accogliendo fra noi persone di valore, sia umano sia professionale, che potranno solo giovare alla nostra società che ha bisogno di queste cellule staminali che ci riportano indietro a un passato prossimo – per troppi già remoto – troppo velocemente dimenticato e frettolosamente archiviato.

I valori umani sociali, culturali e professionali di questi figli della «Diaspora» e delle badanti romene, sono frutto di amore, dedizione e altruismo, parametri importanti per una società che voglia dirsi sana, competitiva e democratica. Vedremo tra l’Italia e la Romania chi sarà più lungimirante nell’apprezzarli, intanto un grazie commosso alle loro madri... sia per gli sforzi profusi... sia per i risultati ottenuti!

(I testi che seguono sono riportati dagli autori del libro a termine del capitolo, ndr).

40 suicidi fra gli «orfani bianchi»

Il welfare di cura è principalmente femminile; le mamme che curano i nostri figli e genitori però lasciano in patria i loro bambini, spesso senza cura. Si chiama «care drain» e nella sola Romania già 40 ragazzini si sono suicidati, vittime della «sindrome Italia». Una riflessione.

Orfani bianchi, vittime del care drain, rimasti soli in patria con le mamme all’estero a prendersi cura dei figli (o dei nonni) di qualcun’altro. Nella sola Romania, una quarantina di ragazzini si sono suicidati proprio a causa della lontananza dalla madre. In realtà i dati ufficiali parlano di 30 casi dal 2008 a oggi, ma secondo le associazioni sono molti di più. L’allarme è stato lanciato ieri dal deputato Pd Khalid Chaouki, durante un convegno organizzato in collaborazione con l’Associazione delle donne romene in Italia (Adri) e la Ong Soleterre. Sono circa 750 mila bambini in Romania che hanno almeno un genitore che lavora all’estero e moltissimi di essi sono piccolissimi, fra i 2 e i 6 anni. Riproponiamo qui una riflessione della ricercatrice Flavia Piperno, che già nel 2008 su Communitas aveva portato a galla il problema. Il testo completo dell’articolo «Il welfare vittima del care drain» è su Communitas n. 22, marzo 2008.

Il problema del care drain

Sia in Romania che in Ucraina si assiste a un processo di crescente femminilizzazione delle migrazioni. I dati mostrano che si tratta di un fenomeno recente: in Romania secondo stime effettuate dal Center for Urban and Rural studies – uno dei più importanti centri di ricerca che opera attraverso vaste indagini quantitative svolte a livello locale – su un campione di 1.199 nuclei familiari dal CURS, la migrazione delle donne è raddoppiata in appena tre anni – tra il 2001 e il 2004 – passando dal 16,7% al 31% del totale. In Ucraina – dove secondo dati del Ministero della Famiglia la percentuale di migrazione femminile è simile a quella rumena – l’aumento del flusso migratorio in alcune importanti regioni di emigrazione, come Ternopoli, e l’emergere di nuovi paesi di destinazione - tra cui proprio l’Italia – sono fenomeni interamente dovuti alla partenza delle donne. Questo nuovo flusso migratorio ha naturalmente un nuovo impatto sui paesi di origine. Da una parte, poiché l’emigrazione delle donne è fortemente orientata al benessere della famiglia e soprattutto dei figli (piuttosto che all’investimento o al successo personale), produce ricadute indubbiamente positive sulla famiglia che resta nel paese di origine, sia in termini di aumento della qualità della vita, che di opportunità socio-economiche. Una ragazza diciassettenne intervistata in Romania si mostra pienamente consapevole di questo processo: «La mamma è partita principalmente per me: per alzarmi! per farmi alzare! per aiutarmi a fare una casa e un bel lavoro e poi vedremo!»

Una sottrazione di cura

D’altra parte, poiché le donne rappresentano nei paesi di origine le principali care giver all’interno della famiglia, la loro partenza necessariamente comporta una sottrazione di cura, di cui risentono soprattutto i membri della famiglia più deboli: principalmente figli minorenni e genitori anziani. Al problema del drenaggio di competenze e cervelli (brain e skill drain) che come ampiamente rilevato in letteratura spesso si associa ai processi migratori, si unisce un nuovo tipo di drenaggio: quello della cura. Proprio per indicare questo nuovo fenomeno, utilizziamo il termine care drain. Il problema del care drain, scarsamente dibattuto in occidente, non è invece nuovo nei paesi di origine: in Romania mass media e ONG, proprio in riferimento a minori con genitori all’estero, cominciano a parlare di «abbandono di fatto», mentre in Ucraina è divenuto ormai di uso comune il termine «orfano sociale».

I bambini di internet

La nostra e altre ricerche, mostrano come solo in una minoranza di casi il drenaggio di cura si trasformi in vuoto di cura, e dunque in abbandono, contrariamente a quanto spesso sostengono media e ONG locali, poiché i membri della famiglia transnazionale mettono in atto una serie di strategie compensative che limitano l’impatto del care drain. Le madri, in primo luogo, continuano a svolgere un ruolo di accudimento nei confronti della famiglia di origine e una funzione di cura emotiva e guida da lontano. Viaggi frequenti, contatti telefonici quasi quotidiani e un flusso di rimesse fortemente orientato proprio alla cura – destinato cioè ad affidatari che si prendono cura di figli e genitori anziani, allo studio e alle ripetizioni dei figli, alle spese sanitarie e ai risparmi per la pensione, etc. – sono i principali strumenti di una continuità relazionale che si esplica al di là dei confini. Alcuni ragazzi, intervistati nella terra d’origine, parlano di un’intimità che addirittura si rinnova nella distanza: «Il nostro rapporto è migliorato da quando lei e là. Io mi ricordo poco di mia mamma da quando ero piccola, il babbo era la figura forte, non gli disubbidivamo mai. (A mia mamma) non le raccontavo molto prima che lei partisse, ma quando è partita ci siamo molto avvicinate. Continuo a parlare con la mia mamma quando ho un problema, lei sa tutto di me. Quando stavo con un ragazzo, il babbo non sapeva niente. Lei invece è tornata in ferie e ha capito subito. Ha capito dal mio comportamento. È molto ricettiva a tutto, capisce subito. Tutti si confessano con lei, quando ci parlano al telefono». In loco, la cura si riorganizza attraverso l’espansione del ruolo della famiglia allargata, (principalmente grazie al coinvolgimento di nonne materne, zie e sorelle) oppure, fatto nuovo in questi paesi, attraverso l’acquisizione di prestazioni di cura sul mercato privato.

La solitudine dei figli

Se è vero, dunque, che grazie alle strategie compensative adottate dalla famiglia transnazionale il drenaggio non si trasforma in vuoto di cura, è anche vero tuttavia che una carenza di cura di fondo -ovvero ciò che potremmo definire care shortage – generalmente permane. I minori, pur ricevendo rimesse e telefonate quotidiane dai genitori, restano di fatto senza alcun parente nella terra di origine (nel nostro campione abbiamo riscontrato tale situazione almeno in una decina di casi su 53); ma anche quando la rete familiare si attiva, essa appare comunque «sotto sforzo» e non sempre è in grado di fornire soluzioni adeguate. Parenti e tutori possono avere difficoltà a esercitare una cura e una sorveglianza efficaci; il gap generazionale tra nonni e nipoti può risultare eccessivo, mettendo in difficoltà tanto i primi che i secondi, soprattutto nei casi in cui per essere posti sotto la tutela dei nonni, i minori devono spostarsi dalla città alla campagna, e la differenza di mentalità può rivelarsi insormontabile. A volte inoltre, le soluzioni trovate si rivelano «precarie», parenti o tutori non possono cioè tenere a lungo il minore con sé e molti ragazzi si vedono dunque costretti a cambiare sistemazione e alloggio ripetutamente. Si assiste in queste circostanze a una sorta di migrazione interna originata dalla migrazione internazionale e dal bisogno di cura. Quasi sempre, quando chiediamo ai ragazzi chi li sostiene e li guida nei momenti di difficoltà, essi non sono in grado di individuare alcun referente adulto, a parte le madri che sono all’estero.

La storia di Robert

La storia di Robert mette in luce molti degli aspetti ora descritti: «Tu sei rimasto con i nonni?» «No, sono rimasto con un vicino di appartamento… loro mi facevano da mangiare e le pulizie, ma dormivo da solo… a 12 anni… e ora se voglio dormire con qualcuno non ci riesco. Davvero! Se io non mi sento da solo nel letto non mi va bene…» «Come era vivere da solo a 12 anni? » «C’erano cose buone e cose male: facevo quello che volevo, mangiavo quello che volevo… ma anche cose non buone. Se volevo parlare con qualcuno non sapevo con chi, se volevo che mi aiutasse qualcuno con i compiti non ce l’avevo…» «Chi pagava le bollette? » «Il mio vicino, perché i miei mandavano i soldi e pagavano sia le bollette che la mia sussistenza… Io mangiavo a casa loro… e se volevano andare al mare o in campagna venivano e mi lasciavano da mangiare in frigo…» «Non ti portavano in vacanza con loro?» «E no, perché è un’altra cosa…i genitori non possono essere sostituiti mai. Mai». «Perché non sei rimasto coi nonni?» «I miei nonni vivono in campagna, qui in Romania si vive molto meglio in città. Da noi in campagna si lavora, la mentalità è diversa, loro erano duri, non capivano i miei problemi, i miei sentimenti, loro solo: lavorare, lavorare e basta». «E la tua esperienza in Italia come è stata?» «Io in tutto in Italia sono stato un anno pieno. Non sono stato a scuola... ho perso un anno... Quando stavo in Italia il giorno giocavo con mio fratello, mentre i miei lavoravano rimanevamo da soli... ho voluto tornare in Romania perché qui sono nato».

La solitudine delle mamme

Spesso le madri migranti faticano a gestire la separazione e la relazione a distanza. Alcune donne evidenziano, in particolare, la difficoltà a mantenere il controllo sui figli, altre, soprattutto se hanno figli piccoli, faticano addirittura a riconoscersi come madri; altre ancora dichiarano che a causa della distanza, la relazione con i figli cambia in modo radicale, a volte permanente, e questo, tra l’altro, contribuisce a rendere particolarmente traumatici gli incontri in occasione di visite o del ricongiungimento e rende ancor più complicato ristabilire una relazione di riconoscimento reciproco. Tanţa, che lavora in Italia e in Romania, ha un bambino di 11 anni e afferma: «Non passa un giorno senza che pensi cosa starà mangiando? [...] Credo che questa distanza cambia la relazione per sempre, io sto pensando che quando lo porto qui non voglio separarmi un’altra volta da lui. Per loro è tutta un’altra cosa. Loro dopo questo periodo un po’ si allontanano, non hanno più la stessa confidenza come prima, diventi un po’ più straniera. Ti manca proprio questo periodo dello sviluppo, quando loro hanno più bisogno di te, tu non ci sei. Questo non si recupera mai. Loro prendono completamente altre abitudini e ti ritrovi di fronte a loro che proprio non li riconosci. Tu sai che a lui piaceva questa cosa e ti ritrovi di fronte a lui che ti dice “che schifezza!”» La difficile gestione della relazione a distanza e di un rapporto che necessariamente nella lontananza si trasforma, aumenta il malessere sociale delle lavoratrici immigrate, ne limita la capacità di offrire cura e sostegno da lontano, rende più instabili le relazioni familiari e più difficile l’inserimento dei ragazzi che intendono ricongiungersi.

Crisi a scuola e devianza

Nel paese di origine la carenza di cura (intesa come accudimento e comunicazione), e dunque l’appartenenza a un contesto familiare meno protetto, acuisce momenti di difficoltà propri di ogni storia, accresce problematiche latenti in soggetti più fragili, esaspera problematiche intrinseche a determinati contesti sociali in cui, ad esempio, sono più diffusi comportamenti di bullismo o devianza minorile. Significativa a questo proposito la denuncia dell’Ispettorato Regionale di Polizia di Iaşi, che sulla base di documenti interni relativi all’anno 2005, nota come nella regione quasi la metà dei reati, truffe e scassi di macchine in specie, siano stati compiuti da minorenni tra i 14 e i 16 anni e come tra questi minori siano in ascesa quelli con genitori all’estero.

Anche diverse strutture scolastiche, dove l’impatto di quello che abbiamo definito «care drain» è particolarmente forte, si trovano di fatto sotto pressione. In Romania i problemi maggiormente citati da professori e psicologi della scuola sono assenteismo, abbandono scolastico e demotivazione allo studio, indotti anche dalla forte propensione a migrare da parte dei minori (si starebbe diffondendo tra i giovani l’opinione secondo cui chi trova opportunità di guadagno all’estero ha più successo di chi studia); a ciò si aggiunge la difficoltà a reinserire gli studenti a scuola dopo periodi passati all’estero e il venir meno dei colloqui con i genitori, che rende più debole l’azione del corpo docente. Una professoressa intervistata a Salaj, in Romania, afferma: «La situazione cambia velocemente, da una settimana all’altra. Dei bambini che restano alcuni hanno problemi, altri no. Alcuni sono contenti: hanno dolci e vestiti e i genitori quando tornano gli portano i cellulari. Alcuni però smettono di studiare, cominciano ad utilizzare molto internet... sono i “bambini di internet».

Diversi professori intervistati in Romania e Ucraina inoltre notano come problemi comportamentali, quali ad esempio conflittualità o indisciplina, rendono ulteriormente complessa la gestione delle classi, ma alcuni parlano anche semplicemente della difficoltà a sostenere studenti che hanno un vissuto emotivo difficile e tendono a chiudersi in se stessi. Anche per questo molti professori parlano del bisogno di maggiore formazione per loro stessi, e della necessità di un maggiore coinvolgimento degli psicologi della scuola. A questo proposito ci colpisce la dichiarazione di una professoressa intervistata a Focşani, la quale dichiara: «Tutto questo cambia loro, i bambini, ma cambia anche noi, perché arriviamo ad essere in contatto con problemi sempre più difficili da risolvere, da un anno all’altro le situazioni si complicano sempre di più».

Fonte:Orizonti Culturali

Lettera di Dora: Storia di una badante rumena

 Salve, sono Dora, una giovane rumena, vi voglio raccontare una storia, che purtroppo non è solo la mia. Ho imparato la vostra lingua da qualche mese e, vi parlerò come meglio posso .

A fine estate 2008 mio cugino che da anni viveva in Italia, mi offre di seguirlo, io, diciotto anni appena compiuti, intraprendo un nuovo progetto di vita, quello della migrante. Nella mia mente si apre la possibilità di regalare un futuro migliore ai miei fratelli minori. Grazie a me avrebbero potuto studiare.
Partiamo dal mio paese, a metà settembre , su uno di quei tanti bus che fa spola con l’Italia.
 Sapevo dei pericoli che mi aspettavano, ma partivo con un giovane uomo sangue del mio sangue, non con uno sconosciuto.
Alle porte dell’Italia lui mi chiede di affidargli i risparmi che avevo con me per affrontare il primo periodo, io,glieli consegno, tenendomi qualche decina di euro.

Arriviamo dopo 4 giorni in una cittadina tranquilla della Sardegna,e andiamo a vivere a casa . Dopo un paio di settimane trovo un posto come badante, e felice accetto. Vado a vivere a casa di un anziano. La famiglia mi fa il contratto, mi paga l’assicurazione e mi tratta bene. Imparo grazie alla mia forza di volontà la nuova lingua, quotidianamente mi esercito con il vocabolario e la grammatica a scrivere e dire frasi compiute.

Mi trovavo bene, mi fanno sentire una loro nipote o una loro sorella.

Intanto i giorni passano dovevo comprare il necessario, ma ancora non avevo il primo stipendio e mio cugino non accennava a restituirmi i soldi,e io non osavo chiederli perkè mi sentivo in debito con lui. Arriva il primo stipendio, settecento euro!
Per me una gran gioia! Non feci nemmeno in tempo a “gustarli” tra le mani che dopo qualche ora, mio cugino mi chiede l’80 % dello stipendio “perchè avevai problemi economici”. Subito consegno a lui quello che mi chiede: volevo sdebitarmi!!

Avevo sentito dai racconti delle donne della mia città che, spesso i rumeni hanno organizzazioni che vivono attraverso il “pizzo”, ma lui, lui era mio cugino non lo avrebbe mai fatto .

Passano cosi i giorni e i mesi.Con il mio “nonno” sto bene, nonostante tutto riesco a capirlo la famiglia è contenta del mio lavoro . Sono una di loro, il sabato, la domenica e per le feste pranziamo e ceniamo tutti insieme, facciamo bei progetti e io mi sento sicura tra le pareti di quella casa e in quella famiglia. Ma il diciannove di ogni mese il mio stipendio viene decimato da mio cugino, io non so come fare, a chi raccontare quel che mi accade, non conosco nessuno, se non la sua convivente e una ragazza italiana. che ho incontrato quando ancora parlavo poco italiano ma sola non posso uscire, poi non saprei come trovarla, abito in periferia e non conosco la città.

In un mese di primavera, nel solito giorno di paga, mio cugino mi chiede in prestito altre cento euro, deve andare in Romania. Mentre in camera mia prendo la somma ,lui mi segue e mi sottrae dalle mani 600 euro.Reagisco, gli do uno schiaffo, lui beffardamente ride e se ne va. Piango, mi sento male, non so cosa fare, anche questo mese non ho lavorato per me!

La sera, disperata , viene a casa la sua convivente una giovane donna dell’est, eravamo diventate “amiche” ed io la accolgo ben volentieri in accordo con la “mia nuova famiglia”.Lei , mi racconta cose che non conosco, inizio ad aver paura. Intanto incontro la ragazza italiana a cui da tanti mesi vorrei parlare e le chiedo il numero di telefono..Un pomeriggio io e la sua donna incontriamo mio cugino nella piazza centrale della città. Ho paura, lui pretende soldi da me e incomincia ad insultare me e la sua convivente. Arriva la polizia, non mi aiuta di certo, io telefono alla ragazza italiana che mi suggerisce di allontanarmi.E così faccio e torno a casa mia. Da quel momento la ragazza di mio cugino sparisce quasi nel nulla,ogni giorno il cellulare è spento, sempre spento. Mi preoccupo,sapevo che spesso e volentieri lui la picchiava.

La domenica mattina vado alla polizia e racconto i miei timori e soprattutto dichiaro di essere vittima di una sorta di “racket”. Mi sento meglio, quasi più leggera e forte, dopo un paio di ore mi viene comunicato che la ragazza è stata trovata, dove lavorava, un po’ sconvolta ma stava bene. Quanto nascondiamo noi donne dell’est voi italiani non lo potrete mai capire! O forse è più facile non capire. Da questo momento, viene sempre più difficile mangiare... ho paura che mio cugino faccia del male a me e alla mia famiglia, spesso mi chiama minacciandomi, vuole soldi. La sua convivente che io credevo amica, mi manda sms che mi umiliano e io mi sento sperduta e sola in questa città non mia, forse però sono meno sola, ho questa “famiglia” che mi protegge e soprattutto ho la mia nuova amica italiana, che sento non mi deluderà.Anche la famiglia è contenta di questa mia amicizia .

Grazie a lei inizio a sentire questa città diversa, le mie ore ed i miei giorni di libertà passano in modo meno monotono.

Arriva agosto, sono felice, a breve ritornerò a casa in Romania, per trascorrere le ferie!

Una sera,tutto precipita.

Mentre trascorrevo alcune ore di “riposo” con la mia amica, il mio datore di lavoro mi chiama al cellulare: devo ritornare subito a casa.Ho un po’ di timore, la sua voce era più forte del solito. Arrivo a casa poco dopo le 23,lui non mi saluta, non mi guarda ,continua a fumare distrattamente.Io cerco di chiedere perchè sia arrabbiato con me, in fondo il “nonno” dormiva nella sua stanza e io non mancavo più di due ore.

“Prepara la tua roba e vai via”

Io non capisco, non ci credo, chiedo e continuo a chiedere perchè,chiamo la mia amica che mi aiuta a stare calma.Ho paura, mi sento persa, piango, ma lui non mi ascolta continua a ripetere di fare la valigia. Obbedisco, e sotto consiglio della ragazza italiana, chiedo ancora il perchè e sopratutto la possibilità di restare ancora lì,almeno per la notte

“ Sei stata vista entrare nel night l’altra sera, anche oggi eri al night, prendi la roba e vai via” Cerco di spiegarmi, non sono mai stata nei nights, faccio la badante, non ero al night, non potevo, sono rientrata pochi minuti dopo le 23. Ma le mie parole volano al vento.

 Faccio l’ultimo tentativo, in lacrime entro nella stanza del “nonno” che dorme lo saluto, prendo la valigia chiedo di nuovo scusa al mio datore di lavoro, spero ancora qualche istante infinito. In cambio lui mi apre la porta e mi dice “Buona fortuna” .

Ho una valigia grandissima, la borsa e tre buste, piango mentre scendo quelle scale, ho paura e freddo tantissimo freddo nonostante la notte estiva.

Non so cosa fare, mi sento nuda e persa, vago e mi siedo in una panchina di un parco.

E’ l’una di notte.

Chiamo la mia amica italiana, non posso, ho vergogna di chiedere ospitalità, mi sento sporca, anche se non ho fatto niente, mi sento male.

Passano minuti che mi sembrano ore, tremo, piango, non riesco a parlare, e lei, arriva, a prendermi via dalla strada dove persone che avevo imparato a voler bene mi hanno gettato come uno straccio vecchio.

Adesso ho anche paura che lei, non si fidi di me, ma lei e la sua madre mi accolgono fraternamente, io mi sento dentro uno strano sogno, non so dove sono e perchè sono lì. Intanto spero che la famiglia mi chiami, spero sia uno scherzo di pessimo gusto, ma tutto tace, la mattina seguente la moglie del datore di lavoro mi chiama per sapere perchè mi ero comportata così male andandomene via ed abbandonandoli in piena notte!

Io spiego la mia versione ma mi si continua ad accusare di essere “una che lavora nei nights”. Non capisco, fino a qualche giorno prima ero “una figlia”.

Si, sono una rumena, la vita di una rumena vale meno di quella di un’italiana, ad una rumena puoi abbandonarla di notte, perchè le rumene lavorano nei nights, le rumene si prostituiscono, le rumene sono ladre.

Però la rumena, questa rumena è anche quella che ha ridato il sorriso a nonno, è la stessa che ha imparato le nennie sarde da cantare per farlo addormentare , è la stessa che tutte le mattine gli faceva la barba amorevolmente e lo lavava , è la stessa a cui tu hai dato la chiave di casa e una fiducia falsa pronta a togliergliela per motivi inesistenti.

Eppure sapevi che ero sola in quella città, eppure sapevi di mio cugino, eppure sapevi delle telefonate che non mi lasciavano nemmeno dormire, sapevi tutto di me ogni mio respiro.

Forse nel tuo cuore hai sperato di sentire il giorno dopo che a pochi metri da casa tua era stato rinvenuto un corpo martoriato di una giovane donna?

Invece ho trovato chi amorevolmente mi ha protetto ed accolto e con loro ho trascorso alcuni giorni prima della mia partenza.

Torno a casa in Romania con una valigia piena di dolore e tristezza, ho conosciuto in 12 mesi i peggiori aspetti dell’essere umano, comprendendo che non sono storie scritte sui romanzi o narrate nei film europei, è la tragica realtà. Esiste chi ha il barbaro coraggio di lasciare per strada nel cuore della notte una giovane donna, esiste chi la sfrutta e le fa del male quotidianamente.

Vado via da questa città con tanta tristezza, ma con l’abbraccio sincero di chi mi ha accolto in quella triste notte e per me rimarrà pur sempre mia sorella.

A lei affido questa mia storia perchè si sappia quale è spesso la vera vita di una sorridente ed amorevole badante.

Grazie per avermi ascoltato.

Tratto da: Associazione El gato Obrero "la battaglia per i diritti è una lotta di civiltà" .

De la marketing şi publicitate la afaceri tradiţionale:Povestea tânărului publicitar care s-a întors în România ca să se facă cioban

„Am început afacerea de la zero. Nu ştiam nimic despre acest sector“

Un tânăr oltean care a lucrat timp de opt ani în Italia, în publicitate, a decis să se întoarcă în România şi să-şi încerce norocul într-o cu totul altă direcţie. A cumpărat 200 de oi şi şi-a făcut stână într-o comună din Prahova, iar acum este cioban cu acte în regulă .

Rareş Constantinecu (30 de ani), este născut într-o comună din judeţul Olt şi a devenit într-un an de zile unul dintre cei mai apreciaţi ciobani din zona Valea Doftanei, deşi el la bază este specializat în marketing şi publicitate. Rareş spune că, după terminarea studiilor, a plecat în Italia unde a lucrat timp de opt ani de zile în domeniul pe care îl stăpânea cel mai bine: publicitate.

În Italia, a întâlnit o tânără româncă pe care a cerut-o de soţie, iar la puţin timp au decis să se munte înapoi în ţară unde să înceapă o afacere care să aibă la bază ceva tradiţioal, autentic românesc. Aşa că, de la publicitate, Rareş a ajuns baci la stână. „Am vrut să facem ceva al nostru şi ne-am întors din Italia şi am început să creştem oi şi vaci. Am avut 200 de oi, dar am mai vândut din ele. Acum mai avem 120 de oi şi 14 vaci. Sper ca lumea să-şi dea seama că oaia, dar şi vita au o carne foarte sănătoasă, mult mai bună decât cea a porcului. Am început afacerea de la zero pentru că nu am ştiut nimic despre acest sector, dar acum putem să spunem că ne pricepem. Eu sunt oltean de fel, dar am ajuns în Valea Doftanei pentru că de aici este soţia mea”, a declarat Rareş Constantinescu.

Ciobanul din Valea Doftanei a fost unul dintre participanţii la caravana „Alege oaia!”, eveniment creat de ministrul Agriculturii Petre Daea, care a ajuns sâmbătă, 11 noiembrie, la Ploieşti. Ministrul a fost curios să asculte povestea tânărului Rareş, un personaj care se distingea din mulţimea crescătorilor de animale prin ţinuta sa nonconformistă şi fără legătură cu noua sa meserie. Când a aflat motivul pentru care tânărul oltean a decis să se întoarcă în România, Daea l-a felicitat: „Bravo, eşti un exemplu! Aşa trebuie!”, i-a spus ministrul Agriculturii tânărului.

Sursa:Advarul

Drumurile basmului european. România la BookCity Milano 2017

Comunicat de presă

16 noiembrie 2017 - 19 noiembrie 2017
În cadrul Târgului de carte Bookcity Milano 2017 Institutul Român de Cultură şi Cercetare Umanistică de la Veneţia prezintă, în colaborare cu EUNIC Milano şi DOdA design,în data de 18 novembre 2017, lectura animată a unor basme ce provin din mai multe spaţii culturale europene, la Muzeul Naţional al Ştiinţei şi Tehnicii Leonardo da Vinci de la Milano.

Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci (via Olona 6 bis, Milano).
Sâmbătă 18 noiembrie 2017
de la orele 14.00 la orele 15.00 – Sala Biancamano
de la orele 15.30 la orele 17.00 – Spazio Polene

Lectura animată este prezentată de actorii companiei PACTA şi de Ditta, Gioco, Fiaba. Basmele propuse provin din Austria, Belgia, Cehia, Germania, Polonia, România şi Spania.

România va fi reprezentată de basmul Fiul lui Aram din volumul Călătoria lui Vlad în Celălalt Tărâm al scriitoarei Sînziana Popescu. Volumul a fost tradus în limba italiană de Sara Salone, publicat în 2015 cu titlul Il viaggio di Vlad nel Mondo-di-là(Ed. Mediamorphosis) şi prezentat, în acelaşi an, la Salonul Internaţional de Carte de la Torino.

EUNIC Milano(European National Institutes for Culture), înfiinţat în data de1 aprilie 2008, este reţeaua instituţiilor culturale şi consulare naţionale europene. Scopul său este să creeze legături şi forme de colaborare stabile între instituţiile membre, să promoveze diversitatea culturală şi înţelegerea reciprocă între culturile şi societăţile europene, să consolideze dialogul internaţional şi cooperarea cu ţările din afara spaţiului european.

Tel.: +39 0415242309
E-mail: istiorga@tin.it
Institutul  Român de cultură si cercetare umanistică de la Veneţia

domenica 12 novembre 2017

Români în Italia:Studii și statistici despre cea mai mare comunitate de străini din Italia

Numărul de locuitori provenind din România ,țară membră a UE,care se află în Italia pentru muncă, studiu sau din motive personale este în creștere după 2007 ,fapt datorat și vecinătății geografice între cele două state și a faptului că italiana și româna sunt două limbi destul de asemnatoare.

Astfel ,în ultimii ani ,comunitatea străină din Italia cea mai numeroasă a devenit cea românească,românii reprezentând 22,9 % dintre rezidenții străini din Italia, urmată de albanezi care sunt 9,3 % și cea a marochinilor, 8,7 %. Românii au început să migreze în țările mediteraneene mai ales după măsurile restrictive de imigrare aplicate in 1994 de Germania și Israel . În Italia numărul a crescut foarte mult după 2007, o dată cu intrarea României în Uniunea Europeană ,și a depășit un milion  între 2010 și 2012,in 2016 fiind înregistrați 1.150.000 de români prezenți pe teritoriul italian.

In mare parte creștin ortodocși,românii dețin în Italia aproximativ 48.000 societăți comerciale sau firme individuale, mulți lucrează la îngrijirea persoanelor vârstnice,în sănătate,construcții,turism, dar și în tehnologia informației și a serviciilor de afaceri, în industrie și în agricultură.

Românii sunt, de asemenea, națiunea care se mișcă cel mai mult în Europa,cca 15% din totalul românilor trăiesc în străinătate, cea mai mare comunitate fiind în Italia,Spania ,Anglia sau Germania fiind și ele state în care comunitățile de români sunt foarte numeroase.Este interesant de stiut și că cea mai mare comunitate străină din România, cu circa 14 mii de persoane, este cea italiană . Proiecțiile demografice a unor studii recente indică faptul că vârsta medie a populației românești crește atât de rapid încât ,până în 2050, România va avea cu 4 milioane de cetățeni mai puțin.

Dar in ciuda unei prezențe atât de numeroase,românii numără mult mai puțini copii născuți în Italia decât imigranții altor naționalități. Prin comparație, potrivit raportului Istat din mai 2016, numărul copiilor din parinti chinezi care au fost născuți în Italia a ajuns aproape la 89 %, în timp ce minorii români născuți în Italia abia ajung la 65%. Este unul dintre efectele așa numitei „fragmentarea transnațională“ , uneori doar un părinte poate să migreze, de foarte multe ori mama , iar copiii sunt încredințați rudelor rămase în țară. Există și înclinația de a menține o legătură strânsă cu țara de origine, datorită apropierii geografice, perioada de transfer poate dura mai mulți ani, fără a fi pentru tot parcursul vieții, mulți români reîntorcandu- se în țara atunci când condițiile economice le permit acest lucru, uneori cu mult înainte de pensionare.

În același timp, datele privind copiii născuți în Italia din părinți români justifică procentul foarte mare de tineri care spun că se simt italieni, 45,8 % declarând asta . Cei care studiază fenomenul consideră că acest lucru ar fi favorizat de asemănarea lingvistică dintre limba română și cea italiană.

Românii nu au nevoie de vize speciale pentru a rămâne în Italia sau pentru a lucra sau a studia. Mulți români rămân pentru mult timp în Italia, dar fără a se gândi neapărat să rămână pentru totdeauna. Invață limba italiană cu ușurință, uneori fără urmă de accent: româna și italiana sunt ambele limbi romanice iar România este înconjurată de țări în care se vorbesc limbi slave și, poate tocmai dîn această cauza , atracția pentru limba italiană este mult mai mare ,si având ocazia de a reveni în România pe perioade scurte cu o anumită regularitate, românii se simt foarte apropiați de amandouă țări.

Veronica Canazza ,o tânără laureată de la Universitatea dîn Padova si care în prezent lucrează în Canada ,pentru teza sa din 2015 ,"Italiană L2 pentru românii din a două generație: sondaj sociolingvistic",a facut un somndaj în nordul Italiei pe un mic eșantion de vorbitori români și moldoveni (care fac parte dîn aceiași familie lingvistică ) pentru a vedea modul în care este experimentată italiană ca a două limbă, unde și modul în care au învățat limba italiană, precum și relația pe care tinerii români o au și o păstrează pentru cultura lor. Teza s-a concentrat pe a două generație, și este parte din ceea ce a fost un studiu aprofundat privind contaminarea limbii române cu limba italiană la prima generație de români, "Modificările limbii pentru imigranții români dîn Italia " făcut de Alexandru Cohal.

Pentru Veronica Canazza "creșterea semnificativă a prezenței românilor în Italia duce la schimbarea percepției pe care italienii o au despre această comunitate " și identifică două tipuri de discursuri publice referitoare la românii dîn Italia, unul asimilaționist și altul criminalizator.

În primul caz, sunt evidențiate și îmbunătățite presupusele similitudini dintre cultură de origine română și cea italiană, începând de la rădăcinile latine și creștine, sentimentul de datorie, de devotament față de valorile familiei și fată de tradiții și, în special, atașamentul femeilor pentru "rolul" de mame și soții. Românii sunt astfel reprezentați ca purtători de valori pe care Italia industrializată le avea si ea, dar le-a pierdut de-a lungul anilor, românii fiind astfel mai ușor de „integrat“ decât alte populații imigrante cum ar fi asiaticii sau musulmanii.

Pentru al doile tip de discurs , Veronica Canazza amintește că „românii sunt prezentați ca un popor adus aproape genetic pană la crimă, un pericol pentru securitatea societății."

Cei mai mulți dintre tinerii români intervievați de tânăra laureată Veronica (62 dîn 68) au învățat acasă ca primă limbă româna și doar 4 dintre aceștia italiana. Când au fost întrebați ce limbă folosesc membrii familiei pentru a vorbi cu ei și viceversa, limba pe care o folosesc ei pentru a vorbi cu părinții și frații (cu aceștia dîn urmă împărtășesc foarte mult diferite păreri despre ceea ce se prezintă în mass-media italiană și despre cultură populară) a reieșit o puternică dualitate , dar cu o mai mare preferință pentru italiană și o fragilitate mai accentuată a tatălui român în folosirea limbii italiene. Astfel tanara concluzionează că, așa cum a fost cazul primei generații,  femeile sunt cele " care să împingă întreaga comunitate spre o alegere socioculturală și lingvistică mixtă".

Astfel nu e de mirare că mai mult de jumătate dintre mamele celor intervievați comunică cu ei atât în ​​limba italiană cât și în limba română, comparativ cu 33 % dintre tați care utilizează pentru comunicarea cu copiii lor aproape exclusiv limba română. Lăsând la o parte cazurile în care tatăl este italian sau nu mai este prezent în familie , există încă un decalaj foarte mare, și se poate spune că rezultatele acestui mic studiu realizat de Veronica reflectă destul de realist situația la nivel macro.

Studiul tinerei Veronica Canazza despre generația a doua de români aflați în Italia confirmă studiul făcut de românul Alexandru Cohal ,nascut in România ,in 1976 ,autorul unor studii realizate in Italia pentru prima generație: majoritatea respondenților la sondajul  făcut pentru acest studiu susțin că au dobândit o bună cunoaștere a limbii italiene în mai puțîn de un an și fără a recurge la cursuri oficiale de limbă străină, datorită interesului arătat față de mass-media italiană , prin conversații și datorită asemănării dintre cele două limbi. În același timp, intervievații au arătat că românul nu este nici la distanță și nici rupt de limba română, o poate vorbi acasă, dar și în călătoriile de întoarcere acasă - unde majoritatea se întorc o dată sau de mai multe ori pe an -ea rămâne foarte vie, adesea contaminată de expresii în italiană, forme de vocabular și gramatică. O limbă mutantă, pentru care tinerii români crescuți în Italia devîn ambasadori, în timp ce reintineresc Italia iar România îmbătrânește fără ei .

Camera deputaților:"Atașații economici ai României care nu-și fac bine treaba, trebuie rechemați de la post”

 La începutul săptămânii Florinel Stancu,Deputatul Partidului Social Democrat ,printr o declarație susținută în plenul Camerei Deputaților ,a solicitat Ministerului Economiei și Ministerului Afacerilor Externe să desfășoare o anchetă cu privire la activitatea atașaților economici români din străinătate.

Reacția deputatului PSD a survenit după ce Camera de Comerț a României în Italia a emis un comunicat prin care semnatarii subliniază faptul că atașații economici ai României din acest stat nu își fac treaba, nu se achită de responsabilitățile pe care le au și nu promovează interesele statului român.„Trebuie să afirm că aceste acuzații mi se par foarte grave și nu pot fi trecute cu vederea. De asemenea, sunt convins că lucrurile nu vor rămâne așa, iar cazul va fi elucidat de responsabilii din Guvernul României. Ministerul Economiei, cât și Ministerul Afacerilor Externe, sunt obligate să realizeze o verificare amănunțită în privința activității atașaților economici din Italia, dar și din alte state unde aceștia își desfășoară activitatea. Voi cere personal o explicație de la Guvern pe acest caz.În fișa postului său atașatul economic are obligația să lanseze contacte cu instituțiile statului de reședință, comunitatea de afaceri sau cea academică. Toate pentru bună promovarea a imaginii economiei. Pentru asta el este obligat să întrețină relații cu cercurile economico-comerciale din statul unde este trimis, să încurajeze și să sprijine dezvoltarea schimburilor economice și comerciale dintre întreprinderile și firmele celor două state.Țara noastră are nevoie de schimburi comerciale intense și de investitori străini importanți. Dacă în urmă anchetei se dovedește că reprezentanții Camerei de Comerț în Italia au dreptate, atunci atașații români din statul respectiv trebuie retrași de la post cât mai rapid și înlocuiți cu oameni care vor să-și facă datoria.”, este declarația lui Florinel Stancu.

sabato 11 novembre 2017

Curtea de Justiție a Uniunii Europene :Cetățenii UE , drept de ședere permanent

Din comunicatul de presă n. 109/2017 al Curții de Justiție a Uniunii Europene aflăm că îndepărtarea unui cetățean UE care a avut reședința în statul membru gazdă în ultimii zece ani nu poate fi adoptată.

Astfel, în conformitate cu Directiva privind dreptul la libera circulație și ședere, cetățenii UE care au reședința într-un stat membru, altul decât statul membru gazdă, pentru o perioadă neîntreruptă de cinci ani ,dobândesc un drept permanent de ședere în acel stat.

În acest context, statul membru gazdă nu poate lua o decizie de a se retrage a dreptului de ședere de la un cetățean al Uniunii care a dobândit un drept permanent de ședere pe teritoriul său, cu excepția cazului în care există motive serioase privind ordinea publică sau securitatea publică.

De asemenea, o decizie de expulzare nu poate fi impusă unui cetățean al Uniunii care a avut reședința în statul membru gazdă "în ultimii zece ani", cu excepția cazului în care acest lucru este justificat de motive imperative de siguranță publică definite de statul respectiv .

Migrația românilor și Programul Diaspora Start Up:Se mai întorc românii în țară?

După 1989 fenomenul migrației românilor a fost încurajat și acceptat de către toate statele vestice.Mult timp migrația forței de muncă din România către alte state ale lumii nu a fost considerat un fenomen îngrijorător pentru guvernele pe care le-a avut România după 89 și nici că un un fenomen antisocial sau antinațional,fenomenul migrării din România fiind mai degrabă văzut ca o rezolvare de moment a lipsei locurilor de muncă din țară și a nivelului de trăi foarte scăzut, fiind supus însă unui proces, destul de greoi de pus în practică prin lipsa de implicare a politicienilor , de legiferare a raporturilor de muncă ,a protecției fizice și sociale a lucratorilor romani in străinatate.

Diferite statistici spun că aproximativ 4 milioane de români au emigrat în ultimii 27 de ani în Occident, în principal în Spania și Italia,dar și în Germania ,Franța,Belgia sau Regatul Unit ,Statele Unite sau Canada.Practic România este țara membră UE cu cel mai mare număr de emigranți în comparație cu populația totală: peste 15 % potrivit unor recente estimări.

Potrivit ONU ,România se estimează a ajunge în 2030 la o populație totală de cca 17,6 milioane iar migrația afectează toate categoriile sociale. Românii se dezradacinează. Mulți români s-au mutat cu familii cu tot în Italia la îngrijit bătrâni , în agricultură  și construcții, pe șantierele de construcții din Spania, în agricultura din Anglia sau pentru a asista  bolnavii din Franța, și doar cei mai săraci au fost forțați să-și lase familiile și copiii acasă, în propria țară.

Romania lui 2017 este o Românie a mamelor și taților plecați , a copiilor crescuți prin skype și aşteptând să vorbească la celular cu părinţii , să primească dulciuri la pachet ,este o Românie cu o populaţie rurală îmbătrânita cu efecte incomensurabil de păguboase asupra agriculturii, migrația ultimilor ani ducând la scăderea natalităţii (raportul este de 1,4 copii la o femeie și este cauza principală a crizei demografice profunde în care se află România,localități întregi fiind rămase fără forță de muncă și tineret) ,creşterea ratei divorţurilor, agravarea fenomenului de delincvenţă juvenilă, şi, în mod cert,multe altele care vor fi scoase la iveală de timp.

Evident că migrația forței de muncă a creat și produs național prin transfer internațional ,a intrat în țară valută,statisticile spun că emigranții români au contribuit considerabil la susținerea economiei românești ,au adus în țara circă 10 miliarde de euro pe an,bani intrați în circuitul economic prin consum sau investiții. Cifra s-a mai redus după criza din 2008 care a lovit puternic multe state din vest dar a rămas totuși la un nivel ridicat ,superior cifrei de 5 miliarde de euro pe an . Totodată, românii plecați au adus în țară un model nou de viață și civilizație,au venit cu un sentiment de respingere a unei vieți bazate pe promiscuitatea materială și ,nu de puține ori ,românii s-au întors acasă cu un capital pentru inițierea unei proprii afaceri.Efortul românilor de a emigra a fost privit mult timp ca o eliberare de efectele fostului regim comunist dar și ca o rezolvare fericită de care au beneficiat guvernele postdecembriste si ale căror strategii și politici de dezvoltare economică nu au ajutat să țină în țara locuitorii din mediul rural și marea masă de șomeri disponibilizați din miile de fabrici și uzine privatizate sau închise după 1989. Acum politica devine conștientă de răul economic și social și încearcă să îl remedieze.

După ani de emigrație masivă, societatea românească descoperă efectele perverse ale acestui model de dezvoltare bazat pe pierderea celei mai importante forțe de muncă și expedierea sa către alte țări europene, o tradiție îndelungată care s-a consolidat o dată cu aderarea la UE în 2007.Emigrația se traduce, de asemenea,printr-un dezastru urban, cu orașe care s-au golit văzând cu ochii și de care nimănui nu i-a păsat și unde forța de muncă lipsește, mai ales forța de muncă calificată,problema migraţiei că­pă­tănd noi dimensiuni, având în ve­dere că majoritatea celor care au pleacăt au studii medii sau superioare .

După alegerile din decembrie 2016 ,politicienii români s-au angajat să lupte împotriva acestei emigrații și să facă din România o țară normală,să facă tot posibilul să îi readucă acasă pe români.Dar politicienii vor trebui să convingă . Exista create în acest sens de vreo câțiva ani o serie de programe prin care se dorește atragerea românilor din străinătate acasă .Unul dintre acestea este Programul Diaspora Start Up, ce reprezintă o linie de finanțare din fonduri UE destinată special românilor din Diaspora și a celor reîntorși recent în țară care vor să dezvolte o afacere în mediul urban în România,un program dedicat EXCLUSIV dezvoltării antreprenoriatului și înființării de noi întreprindeprideri.

Schemă de antreprenoriat își propune să creeze oportunități de reîntoarcere în România pentru românii stabiliți în străinătate și să valorifice abilitățile dobândite de aceștia (antreprenoriale și/sau profesionale), prin deschiderea unei afaceri în țară. În acord cu prevederile POCU 2014-2020, sunt considerate eligibile activitățile care urmăresc încurajarea antreprenorialului și a ocupării pe cont propriu prin susținerea înființării de întreprinderi cu profil non-agricol în zona urbană.
Programul este dedicat tuturor regiunilor de dezvoltare din România, cu excepția regiunii București - Ilfov.

Diaspora Start-up face parte din Axa prioritară 3 - Locuri de muncă pentru toți, Prioritatea de investiții - Activități independente, antreprenoriat și înființare de întreprinderi, inclusiv a unor microîntreprinderi și a unor întreprinderi mici și mijlocii inovatoare, Obiectivul specific 3.7. - Creșterea ocupării prin susținerea întreprinderilor cu profil non-agricol din zona urbană.

Un alt program este Programul Operațional Uman 2014-2020 care are o alocare totală de 4,326 miliarde euro. Programul stabilește prioritățile de investiții, obiectivele specifice și acțiunile asumate de către România în domeniul resurselor umane, continuând astfel investițiile realizate prin Fondul Social European în perioada 2007‐2013 și contribuind la reducerea disparităților de dezvoltare economică și socială dintre România și Statele Membre ale UE.

Claudiu Vrînceanu, unul dintre liderii proiectului RePatriot,un alt proiect important dedicat Diasporei ,declara cu ceva timp în urmă că românii din diaspora cu experienţă în mediul de business sunt cel mai potrivit catalizator pentru atragerea de investiţii româneşti şi străine noi și ,conform unor studii recente,românii emigraţi considerând cele mai atractive domenii pentru a investi turismul (37%) şi agricultură (38%).

Tot el mai declara că principalul motiv pentru care românii își doresc să se întoarcă acasă ar fi regăsirea „cuibului” (68% spun că vor să fie „din nou acasă”). Foarte promiţător, că 47% vor să facă ceva pentru România, iar 39% vor să înceapă o afacere în ţară. Studiul mai arată că 56% dintre românii emigraţi ar vrea să investească în România.Un trend interesant şi explicabil în contextul Brexit se observă la românii din Marea Britanie, care, pe lângă faptul că vor să se întoarcă în ţară în procent foarte mare, vor să şi investească în România (69%), marea majoritate dorind să înceapă o afacere (56%).

Cu toate acestea,mulți români aproape că nu doresc să se mai întoarcă în țara .Mulți pentru că nu sunt convinși că în viitorul apropiat lucrurile se vor îmbunătăți vizibil în România din cauza coruptiei și a politicienilor în care nu au incredere și nici că astfel de programe îi vor ajuta în vreun fel ,alții pentru că ,după ce au fost în afară timp de cel puțin zece ani, ei au fost perfect integrați în nouă realitate,în țările în care muncesc și trăiesc, unde au creat deseori o familie, și-au adus pe lume copiii ,au studiat,au o afacere ,au cumpărat o casă,și-au clădit o nouă viață.

Cristina Mihailescu

Progetto Romania “Ragazzi in gamba”

  Progetto Romania “Ragazzi in gamba”, lunedì nella hall del Gemelli i risultati dell’iniziativa ideata per migliorare le condizioni di vita di persone disabili e svantaggiate rumene e moldave vittime di amputazione

Promosso dall’Associazione Universitaria per la Cooperazione Internazionale con il sostegno della Fondazione Policlinico A. Gemelli e Diocesi Ortodossa Romena d’Italia, il progetto si propone di assistere, in Romania e Moldavia, l’alto numero di giovani con esiti di amputazione in condizioni di emarginazione e povertà. Interverranno l’Ambasciatore di Romania in Italia e Mons. Siluan, Vescovo della Diocesi Ortodossa Romena d’Italia.

Offrire la possibilità di riscrivere il proprio destino, fornendo innanzitutto un aiuto concreto; migliorare le condizioni di vita delle persone rumene e moldave con disabilità agli arti in Romania promuovendo il diritto all’integrità fisica; risolvere la problematiche cliniche e riabilitative di queste persone colpite da amputazione di arti che è alla base di gravi disagi sociali; migliorare le condizioni di salute psicologica di queste persone; promuoverne il reinserimento sociale e lavorativo, con benefici nel lungo periodo, dando risposte e contrapponendosi al fenomeno dello sfruttamento dei disabili: questi gli obiettivi che il Progetto Romania “Ragazzi in gamba” persegue fin dal 2004, anno di inizio delle attività, grazie all’opera dell’Associazione Universitaria per la Cooperazione Internazionale (AUCI), Onlus costituita nel 1978 all’interno della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica di Roma, che ora conta anche sul sostegno della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli e della Diocesi Ortodossa Romena d’Italia.

I risultati del progetto verranno presentati in occasione del convegno “Ragazzi in gamba. La globalità della professione medica”, che si terrà lunedì 13 novembre, alle ore 16.00, nella Hall del Policlinico Universitario A. Gemelli (L. go A. Gemelli, 8).

Al convegno interverrà Sua Eccellenza George Gabriel Bologan, Ambasciatore di Romania presso la Repubblica Italiana.

“Dal 2004 a oggi il Progetto Romania ‘Ragazzi in gamba” ha permesso di assistere 118 persone di nazionalità romena ai quali state fornite 132 protesi di elevata qualità funzionale ed estetica. Quattordici pazienti hanno necessitato della fornitura di due protesi in quanto amputati di due arti – spiega il professor Pasquale De Sole, Presidente AUCI e tra i principali promotori dell’iniziativa -. Dopo questa prima fase l’AUCI, insieme alla Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli e alla Diocesi Ortodossa Romena d’Italia, intendono portare avanti un ulteriore sviluppo del progetto e delle collaborazioni già in atto per rafforzare competenze, conoscenze ed esperienze con l’obiettivo di realizzare ed estendere in Romania una serie di interventi coordinati, in grado di favorire una più efficace integrazione sociale e lavorativa delle persone che hanno subito un’amputazione degli arti”.

Dopo questa prima fase sicuramente incisiva, l’AUCI insieme alla Diocesi Ortodossa Romena d’Italia e con il supporto della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli, propone un ulteriore sviluppo del progetto e delle collaborazioni già in atto, in modo di esaltare le rispettive competenze, conoscenze ed esperienze con l’obiettivo di realizzare ed estendere in Romania una serie di interventi coordinati, in grado di favorire una più efficace integrazione sociale e lavorativa di soggetti amputati ma soprattutto avrebbe intenzione di intervenire nella formazione tecnico-sanitaria di personale già operante in questo settore.

“Il progetto, lontano da un’ottica assistenzialistica, vuole costruire in prospettiva una serie di competenze multidisciplinari in ambito tecnico e sanitario, attualmente assenti o gravemente carenti in Romania – spiega il dottor Massimo Liberatori tra i promotori del progetto e Dirigente medico del Servizio di Emodialisi del Policlinico A. Gemelli -, in grado di realizzare nel Paese un primo polo per la fornitura di dispositivi personalizzati (protesi, ortesi, calzature ortopediche) e per la riabilitazione, gestito direttamente dagli stessi soggetti amputati , che hanno beneficiato dal progetto ‘Ragazzi in gamba’ e attraverso il quale hanno ottenuto una protesi, ma soprattutto una vuole impegnarsi in una attività di formazione rivolta a medici specialisti ortopedici romeni”.

L’attività di formazione sanitaria potrà vedere coinvolta, sia per la parte riabilitativa (fisioterapisti) sia per la parte medico-chirurgica (ortopedici) l’Area Invecchiamento, Ortopedia e Riabilitazione della Fondazione Policlinico A. Gemelli.

Tale Area è centro di alta specializzazione, a livello nazionale ed europeo, nell’applicazione di tecniche chirurgiche conservative nel trattamento dei tumori dell’apparato muscolo-scheletrico.

“Nella maggior parte dei casi si tratta di tumori primitivi, sia dell’età pediatrica sia adulta – prosegue Liberatori - , il cui trattamento comporta l’applicazione di complesse tecniche ricostruttive (protesi, innesti ossei omeoplastici, innesti di perone vascolarizzato ecc.) e che spesso richiedono il coinvolgimento di altre discipline chirurgiche (chirurgia plastica, chirurgia toracica e generale, chirurgia vascolare, microchirurgia)”. Le capacità e le competenze specialistiche di quest’Area potrebbero essere punto di riferimento, su base nazionale ed europea, nella formazione ultraspecialistica in chirurgia oncologica ortopedica di medici chirurghi già specialisti in ortopedia, provenienti dalla Romania.

 La vastità della casistica della patologia oncologica dell’apparato muscolo-scheletrico è un fenomeno condiviso in tutto il mondo medico-scientifico, mentre la complessità dei trattamenti chirurgici comunemente impiegati è ancora oggi patrimonio di pochi centri specialistici.
 Le capacità formative della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli potranno essere, quindi, utilizzate con ottimi risultati in questo progetto formativo, indirizzato a un Paese come la Romania, che non dispone di tradizioni specialistiche ortopediche nel trattamento della patologia oncologica dell’apparato muscolo-scheletrico.

 Ulteriore intento del progetto formativo in partenariato potrebbe essere quello di creare un polo universitario altamente specializzato in chirurgia oncologica ortopedica nella città di Iasi, con l’ambizione di diventare centro pilota e di riferimento, in Romania, nel trattamento della patologia neoplastica dell’osso, e a sua volta centro di formazione sotto la stretta guida e supervisione del centro italiano. Si verrebbe così a creare un ponte universitario-formativo tra la Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli e la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Iasi, strutturato in modo da fornire, da un lato, una formazione teorico-pratica sulle recenti acquisizioni in tema di patologia oncologica muscolo-scheletrica e, dall’altro, l’interscambio culturale tra poli universitari specialistici.

 L’apprendimento, in Italia, di tecniche chirurgiche ortopediche di tipo conservativo, la giusta applicazione delle conoscenze acquisite e il loro utilizzo routinario nel trattamento della patologia neoplastica dell’osso e dei tessuti molli si tradurranno in una notevole riduzione degli interventi di amputazione degli arti per malattie tumorali maligne dell’apparato muscolo-scheletrico.

“In ambito sanitario-riabilitativo – conclude Liberatori - si potrebbe prevedere anche la formazione – ed è un altro degli aspetti più innovativi e importanti di questo intervento – di fisioterapisti, da svolgersi sempre presso le strutture del Gemelli, intesa come attività di aggiornamento professionale, di fisioterapisti già formati; tale attività di formazione dovrà essere focalizzata prioritariamente sugli amputati di arto superiore e inferiore”.

L’amputazione di un arto costituisce sempre un evento carico di profonda sofferenza per il paziente, i suoi familiari, ma anche per il chirurgo e tutto il personale sanitario coinvolto – dichiara il professor Gabriele Sganga, docente di Chirurgia dell’Università Cattolica e responsabile dell’Unità di Terapia sub-intensiva trapiantologica del Gemelli -. In Italia si calcolano circa 10.000 amputazioni dell’arto inferiore all’anno (Dati ISTAT 1999-2000): il 10% sono amputazioni di gamba, con un rapporto femore/tibia di 1:4. L'80% sono anziani che subiscono l'amputazione in seguito a problemi diabetici o vascolari, il 10 % sono adulti di mezza età spesso vittime di incidenti sul lavoro e il 10% residuo sono giovani vittime di incidenti stradali. In Romania è ben più alta la percentuale di amputazioni dovute a trauma della strada o sul lavoro. In questo Paese, infatti, l’età media delle amputazioni riguarda, più che in altre nazioni, le età giovane e media. L’intervento di amputazione configura una necessità di approccio multidisciplinare: sono coinvolti chirurghi di varie specialità (generali, d’urgenza, ortopedici, vascolari, neurochirurghi, plastici), radiologi, intensi visti, infettivologi, fisioterapisti e esperti di riabilitazione, tecnici ortopedici, dermatologi, psicologi”.

Il convegno di lunedì vedrà inoltre tra i relatori Nicola Panocchia, dirigente medico del Servizio di Emodialisi del Policlinico Gemelli, i dottori Massimo Liberatori e Franco Loreto Mele, che presenteranno obiettivi e sviluppi futuri del Progetto Romania.

Seguiranno gli interventi del professor Gabriele Sganga, , e del professor Paolo Maria Rossini, Ordinario di Neurologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e Direttore dell’Area Neuroscienze del Policlinico Gemelli.

Alle ore 17.00 Mons. Claudio Giuliodori, Assistente Ecclesiastico generale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, e Mons. Siluan, Vescovo della Diocesi Ortodossa Romena d’Italia, interverranno sul tema “Solidarietà fra i popoli: la figura del volontario”.

L’evento si concluderà con l’intervento di Mioara Moraru e la testimonianza del professor Daniele Gui, docente di Clinica Chirurgica dell’Università Cattolica e direttore della UOC di Chirurgia d’urgenza del Policlinico Gemelli, sulla sua esperienza in Romania.

Modera i lavori Pierluigi Spada, chirurgo d’urgenza medico del Policlinico Gemelli e conduttore televisivo del programma di medicina di Rai Tre A Tutta Salute.

Fonte:PoliclinicoGemelli

venerdì 10 novembre 2017

Poveste de succes:Un român a cumpărat o biserică în ruină și veche de 800 de ani și a transformat-o într-un „colț de Rai”!

 Ion Cafadaru are poate cea mai frumoasă poveste de succes a unui dâmbovițean care a ales să părăsească România. Plecat din Dărmănești, Cafadaru a ajuns proprietarul unei biserici de patrimoniu UNESCO și a învățat, pentru a duce mai departe, un meștesug aproape uitat, dar care a înfrumusețat Europa câteva secole.

Ion Cafadaru, ecomonist de profesie, a ales drumul Italiei atunci când s-a căsătorit cu o italiancă. Dincolo de povestea de dragoste dintre cei doi, pe tânărul român îl aștepta în Italia un destin pe care mulți l-ar numit spectaculos, clădit pe ruinele unei biserici vechi de 800 de ani. Santa Chiara, o biserică celebră în anii de glorie a sticlei de Murano, aflată pe insula cu același nume, pare să-l fi așteptat și ea pe român. Cu banii obținuți din vânzarea afacerii pe care o avea în România, Ion a simțit că trebuie să cumpere ruinele bisericii Santa Chiara Murano."Noi nu am cumpărat o locație, am cumpărat o semnificație", spune românul cu lacrimi în ochi.

Cinci ani a muncit cu fratele, cel mai bun prieten și socrul pentru a reconstrui lăcașul. Fiind o clădire de patrimoniu UNESCO, reconstrucția s-a făcut manual, din materiale de epocă. Constructorii italeni au fugit de proiect, considerându-l imosibil de realizat. „Eu cred că biserica e specială. În toți acești ani, toate greutățile am reușit să le trecem fără nici măcar o răceală. Nu am avut nici un accident de muncă. Totul a decurs ca o tabără de vară.” spune Cafadaru.

Santa Chiara Murano este, astăzi, o bijuterie care găzduiește o colecție impresionantă de obiecte din sticlă Murano, realizate de dâmbovițeanul nostru. Acesta a făcut ucenicie pe lângă ultimii meșteri sticlari ai insulei și a învățat tainele unui meșteșug aflat pe moarte. A așezat un cuptor de sticlă chiar în biserică unde realizează demonstrații pentru turiștii care trec pragul bisericii. Cuptorul de sticlă face parte tot din sufletul bisericii care a găzduit în urmă cu 200 de ani cea mai mare fabrică de sticlă din insula Murano.

 Cu răbdare, dăruire, muncă și un talent deosebit, românul a ajuns un reper pentru insula italiană. Televiziuni internaționale au realizat documentare despre insulă și meșteșugul sticlăriei, care l-au avut în prim plan pe dâmbovițeanul care a ajuns un ambasador al sticlei de Murano în lume. Povestea lui Ion Cafadaru este una din cele mai frumoase și emoționante istorii contemporane .Ion Cafadaru este cu adevărat un dâmbovițean cu care ne mândrim!

Sursa:Actualitatea