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martedì 3 ottobre 2017

Eduardo, bambino fantasma, per colpa della burocrazia

 Torino, undicenne senza documenti perché manca la firma del padre romeno

Eduardo è un bambino di 11 anni di origine romena, nato e cresciuto in Italia. Vive a Torino con la mamma Elena, ma per lo Stato italiano è un fantasma. Non ha uno straccio di documento che dimostri la sua identità, solo un certificato di nascita che attesta il giorno in cui è venuto al mondo in un ospedale della città. Ma per la burocrazia che ingolfa la pubblica amministrazione, quel foglio di carta non è sufficiente per rilasciargli un documento. E così Eduardo vive in un limbo, sospeso tra l’essere e il non essere. Fa tutto quello che fanno i ragazzini della sua età: va a scuola, gioca in cortile, frequenta gli scout. Ma la sua quotidianità si inceppa quando deve mostrare la carta di identità: non può partecipare alle escursioni dei lupetti, non può andare in gita scolastica, non può varcare i confini italiani, prendere un aereo o molto più banalmente avere la tessera sanitaria.

La storia di Eduardo è raccontata nei verbali del Tribunale dei minori ed è una storia apparentemente normale, scandita da cavilli giudiziari e da una burocrazia spesso ottusa. I problemi iniziano a manifestarsi nel 2016, quando i genitori si separano e il padre se ne va dal nostro Paese. L’uomo ogni tanto chiama il figlio per sapere come sta, ma di fatto è uscito dalla sua vita. E anche il rapporto con la moglie è conflittuale. Tanto che la donna, assistita dall’avvocato Domenico Calderone, decide di rivolgersi alla Giustizia per ottenere l’affidamento esclusivo del figlio. Nel ricorso, Elena racconta come il marito viva ormai all’estero e per questo è irreperibile. «Ho grossi problemi con i documenti di Eduardo, perché suo padre non si è mai preoccupato di rinnovargli il passaporto o di richiedere una carta di identità», si legge nelle carte giudiziarie. Lo scorso giugno, la signora ottiene l’affidamento esclusivo del bambino: nell’ordinanza, i giudici sottolineano l’importanza per il ragazzino di avere un documento. Rasserenata dalla decisione dei togati, la donna si presenta all’anagrafe di Torino, ma qui la carta di identità le viene negata. «Mi hanno spiegato che essendo minore serve la presenza del padre o un altro documento valido. Mio figlio ha solo un vecchio passaporto scaduto e per gli uffici comunali non è sufficiente. Ho provato a chiedere al Consolato romeno un nuovo passaporto, ma l’ordinanza del Tribunale italiano non ha valore nel mio Paese. Non ho trovato nessuno che mi aiutasse a districarmi in questo labirinto».

E così Eduardo ha perso la sua identità. E questo si ripercuote in maniera sottile ma subdola nella sua vita di tutti i giorni. «Mio figlio non può fare nulla per cui sia necessario un documento. Cose semplici, come chiedere la tessera bip per l’abbonamento ai mezzi pubblici o andare in gita con gli scout – racconta Elena –. Pensavo che l’affidamento esclusivo risolvesse tutti questi problemi, invece non è stato così. Sono riuscita solo a fargli prendere la residenza. L’ho iscritto a scuola e frequenta regolarmente, ma se venisse organizzata una gita fuori dai confini italiani lui non potrebbe parteciparvi». E ancora: «Basterebbe una firma del mio ex marito, ma lui per dispetto non ne vuole sapere di aiutarci. Questa situazione sta diventando insostenibile e temo che un giorno Eduardo possa ritrovarsi escluso da qualche attività extrascolastica per lui importante». La soluzione ci sarebbe anche, ma è economicamente dispendiosa, lunga e dal risultato incerto. Sì, perché la mamma dovrebbe far validare l’ordinanza di affidamento dei giudici italiani in Romania: ma ciò significa, di fatto, aprire un nuovo procedimento giudiziario al quale il padre potrebbe anche opporsi, con il rischio che i magistrati romeni rigettino la richiesta. Insomma, la strada è in salita e tortuosa. Intanto Edaurdo va a scuola sperando un giorno di poter mostrare a tutti la sua prima carta di identità.

Fonte:La Stampa

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