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domenica 21 luglio 2013

Italia e Romania sempre più unite

Economia
Nasce la Camera di Commercio romena in Italia
Intervista al presidente Eugen Terteleac

Miriam Carraretto
Mercoledì 10 Luglio 2013

12 miliardi di euro. A tanto ammonta l'interscambio commerciale complessivo tra Italia e Romania. In particolare, stando ai dati più recenti dell'Istituto Romeno di Statistica, solo nel primo semestre del 2012 Bucarest ha esportato verso Roma un valore di 2,77 miliardi di euro, in diminuzione rispetto al primo semestre del 2011 (-6,4%), ma pur sempre significativo. Le importazioni dal nostro Paese, invece, nello stesso periodo hanno raggiunto un valore di 3,08 miliardi di euro. Le società romene in Italia oggi sono circa 70mila, soprattutto ditte individuali impegnate nell'edilizia. Una su cinque si trova in Lombardia. Gli italiani in Romania sfiorano ormai le 35mila unità.

Il Paese oggi è il secondo più popoloso dell'est Europa, con i suoi 19 milioni di abitanti. Con un Pil pro-capite di 5.800 euro (la media Ue è di 24.500), è la 48esima economia del mondo. Una struttura economica ancora in fase evolutiva quella romena, duramente colpita dalla crisi ma in grado di reagire, soprattutto grazie allo slancio dato dal settore dei servizi, che fa sentire sempre più il suo peso a scapito di industria e agricoltura. E un'economia molto appetitosa per il nostro Paese.

È proprio alla luce delle interessanti opportunità di investimento, reciproche, che a Roma in questi giorni ha preso vita la Rappresentanza in Italia della Camera di Commercio e dell’Industria della Romania, per lo sviluppo dei rapporti bilaterali tra i due Paesi. Guidata da Eugen Terteleac, già presidente dell'Associazione Romeni in Italia, è patrocinata dal Ministero dello Sviluppo Economico e dal Ministero dell’Economia di Bucarest.

Presidente Terteleac, da dove nasce l'esigenza di una struttura camerale per i rapporti Italia-Romania?

La aspettavamo da dieci anni, dal lontano 2003, quando costituimmo l'Associazione Romeni in Italia. Già allora scrivemmo nello statuto questo progetto. In quegli anni il numero di imprenditori romeni in Italia era molto basso, quindi non avrebbe avuto senso lanciarla. In questi anni abbiamo lavorato sodo e passo dopo passo ci siamo avvicinati al traguardo di oggi. I tempi erano finalmente maturi.

Quali obiettivi si prefigge?

Lo scopo è tutelare gli imprenditori romeni che operano in Italia, rappresentarne gli interessi e promuovere lo sviluppo delle relazioni e degli scambi commerciali ed economici tra i due Paesi, soprattutto alla luce della situazione di crisi, in cui le nostre imprese, a differenza di quelle italiane, non hanno strutture di supporto o tutela. Noi vorremmo dare loro questo, in collaborazione con altre strutture camerali italiane.

Concretamente di cosa si occuperà?

Vorremo cominciare da quei servizi di cui le imprese italiane già usufruiscono, come l'assistenza commerciale, fiscale e legale fino alla consulenza per i rapporti con le banche o gli investitori esteri. In più, intendiamo stimolare una collaborazione tecnica ed economica tra imprenditori e professionisti italiani e romeni. In Italia oggi la forza lavoro romena rappresenta il 2% del Pil, ma quello che vogliamo fare è anche favorire l’inclusione delle risorse umane e finanziarie. La Camera di Commercio romena, assieme all'Associazione Romeni in Italia, farà da ponte tra gli imprenditori dei due Paesi e promuoverà le opportunità di investimento per i romeni in Italia e per gli italiani in Romania.

Come si sono comportate le imprese romene in Italia durante la crisi?

Secondo i dati del Rapporto annuale sull'imprenditoria straniera in Italia elaborato dal Centro Studi della Cna, in termini numerici negli ultimi cinque anni le imprese estere in Italia sono cresciute del 40%, anche se oggi subiscono una certa flessione. Ciò significa che, durante gli anni di crisi, gli imprenditori stranieri e su tutti quelli romeni sono riusciti a crescere. Ritengo che questo possa essere un importante fattore da studiare per l'imprenditoria italiana. Chi riesce ad aprire un'impresa quando gli altri chiudono avrà una marcia in più, o no? Spesso gli stranieri riescono meglio semplicemente perché la differenza di potenziale genera movimento, energia imprenditoriale.

Qualche esempio virtuoso?

La ButanGas, tra le prime aziende italiane con titolare romeno, creata nel 1948, oggi è uno dei leader nazionali del settore GPL e ha una presenza capillare su tutto il territorio. La Bitdefender, produttrice di software di sicurezza, che serve 6 milioni di utenti in 90 Paesi del mondo, ha stipulato un contratto di partnership per la distribuzione dei suoi prodotti con Blufile. Solo per citare le più grandi.

Gli imprenditori italiani sono stati tra i primi investitori ad intravedere le opportunità offerte dalla Romania nel periodo immediatamente successivo alla rivoluzione del 1989, quando il Paese si è aperto al libero mercato...

È così. I primi investimenti italiani in Romania sono arrivati in prevalenza dal Veneto e si sono concentrati sui cosiddetti settori labour intensive: l'idea era delocalizzare parte delle produzioni e sviluppare tipologie di lavorazione per conto terzi di materie prime o semilavorati provenienti dall'Italia. Poi il contesto economico è gradualmente cambiato e le nuove opportunità che via via si sono venute a creare nel Paese hanno attratto imprenditori provenienti da tutte le Regioni italiane, oltre che dal resto dell'Europa. Nel 2007, quando è entrata nell'Unione Europea, è arrivata un'ulteriore svolta. Questo evento è stato essenziale anche per la presenza imprenditoriale italiana: si è passati da una pura e semplice delocalizzazione ad una vera e propria internazionalizzazione, con investimenti più strutturati e finalizzati anche all'inserimento nel mercato locale.

Come si sono evoluti i rapporti?

Gli italiani hanno iniziato via via a costituire joint ventures e a stipulare contratti con produttori locali per la fornitura e l'assemblaggio di parti meccaniche e beni strumentali, fino ad arrivare ad investimenti diretti di alcuni grandi gruppi italiani per la produzione di beni e lo sviluppo delle infrastrutture. Parallelamente si sono sviluppati anche investimenti nel settore dei servizi. Oggi, gli imprenditori italiani non vanno più tanto a produrre in Romania perché il costo del lavoro è più basso, ma sono diventate parte importante del tessuto economico locale, hanno costruito legami economici e affettivi forti con il territorio, si sentono romeni a tutti gli effetti. Oltre a piccole e medie imprese ci sono anche aziende italiane di medie e grandi dimensioni che hanno trasferito lì considerevoli investimenti finanziari e tecnologici.

In quali settori sono maggiormente coinvolte le imprese italiane?

Al primo posto c'è il commercio, sia all'ingrosso che al dettaglio, con il 24,93% del totale. Molto importanti sono anche l'industria estrattiva e manifatturiera. Nei settori manifatturieri tradizionali che hanno vissuto un boom di investimenti negli anni '90, c'è una presenza significativa di produttori di articoli di abbigliamento, pelletteria, lavorazione del legno, industria alimentare e fabbricazione di mobili. A Timis si è persino creato un vero e proprio modello distrettuale italiano con circa 3mila aziende italiane e miste attive, prevalentemente del Nord-Est.

Nonostante la corruzione piuttosto endemica, sono tante le opportunità di investimento in Romania...

In questo momento il consiglio per le imprese italiane è di investire in macchinari e apparecchiature, prodotti dell'agricoltura, della pesca e della silvicoltura, articoli di abbigliamento, soprattutto pelle e pelliccia. E ancora, nei prodotti alimentari, nella lavorazione metalmeccanica, nelle materie plastiche, nello sviluppo delle infrastrutture e dei trasporti, nell'energia, soprattutto nelle rinnovabili.

E i vantaggi in termini competitivi non mancano...

La Romania possiede un grande potenziale di sviluppo. Le sue risorse naturali sono molto ingenti: gas naturali, petrolio grezzo, minerali, carbone, persino tre giacimenti di oro e argento. Il mercato è tra i più grandi dell'est Europa e la popolazione è fortemente predisposta al consumo. Inoltre, bisogna considerare la posizione strategica al centro dell'Europa sud-orientale, la disponibilità di una forza lavoro istruita e a un costo ancora competitivo e i cospicui fondi strutturali messi a disposizione dall'Ue, che vanno assolutamente sfruttati al meglio.

Fonte: L'Indro

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