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domenica 22 marzo 2015

“Il sorriso triste dei girasoli”, di Ulisse Mariani e Liliana Gheorghe

Narrativa di riflessione

Non c’è trama, non c’è tempo, non c’è luogo. Soltanto le trame, i tempi e i luoghi dell’animo umano ferito. Uno psicoterapeuta affermato e con tanta esperienza, prende in cura una donna romena ipertraumatizzata: l’eco lontana del regime di Ceauşescu, il terremoto di Bucarest subito da bambina, un padre alcolista e affetto da sindrome bipolare, il ricordo vago del manicomio, il fratello suicida a 24 anni, una madre ipocondriaca sempre alle prese con tumori immaginari e crisi depressive. I dialoghi sono rarefatti ma il flusso dei pensieri, dei ricordi, delle memorie traumatiche e delle nostalgie dell’uno e dell’altra sono invece forti ed intensi. Spesso i ruoli sembrano invertirsi e le memorie di entrambi i protagonisti si intrecciano. Spesso il tempo e lo spazio perdono la loro precisa connotazione. Spesso non si comprende bene chi conduce il gioco mortalmente serio della cura. E’ la descrizione di un incontro particolare, di un incontro che viene da lontano e che si fa largo tra pesanti macerie. Un incontro al cui interno le memorie traumatiche della paziente risvegliano le memorie traumatiche del terapeuta, quasi ognuno a curare l’Altro e a prendersi cura della vita dell’Altro. Senza mai dirselo. Più che le parole e i dialoghi, emergono il non detto, il mai detto, le verità private, l’indicibile.
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Sinopsis - rezumat

Nu există niciun complot, nici timp, nici loc. Sunt intrigile, momentele și locurile sufletului rănit.
Un psihoterapeut renumit și cu esperienta ia în cură o tânără româncă ipertraumatizata: ecoul îndepărtat al regimului ceaușist, cutremurul din București trăit de copilă, un tată alcolist bolnav de tulburarea bipolară, amintirea vagă a balamucului, sinuciderea fratelui la douăzecișipatru de ani, ipohondria mamei care luptă cu hoinare tumori și crize depresive.
Dialogurile sunt rare dar fluxul gândurilor, amintirilor traumatice ale celor doi protagoniști cu nostalgiile lor sunt intense și puternice.
De multe ori rolurile par a se inversa și amintirile celor doi protagoniști se împletesc.
Deseori timpul și spaziul pierd preciza lor conotație.
De multe ori nu este clar cine conduce jocul mortal de serios al curei.
Este povestea unei întâlniri particulare, unei întâlniri ce vine de departe și care își face spațiu printre dărâmături.
O întâlnire în care amintirile traumatice ale pacientei trezesc amintirile traumatice al terapeutului, fiecare îngrijindu-se de viața Celuilalt.
Fără să și-o mărturisească.
Mai presus de cuvintele și dialogurile, iese în evidență ceea ce nu se poate spune, nespusul, propriile adevăruri, inefabilul.
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PAROLE CHE CURANO RACCONTANDO DI UN DISAGIO COMUNE

C'è un desiderio che ci accomuna tutti, per i motivi più profondi e diversi: è l'irresistibile sogno di scrivere. L’ho avuto dentro da sempre ma negli anni di grande impegno lavorativo e familiare lo avevo come annullato.

Ero convinta che siamo capaci tutti di farlo. E quest'estate a Caffeina, Roberto Cotroneo, scrittore giornalista e organizzatore di corsi di scrittura, me lo ha confermato con il libro che presentava: Il sogno di scrivere.

Ebbene, Ulisse Mariani aveva questo sogno e, come un apprendista-stregone ha saputo trascinarmi nel suo sogno tenendomi impegnata con la vita negli ultimi cinque anni.

La scrittura per me è stata da sempre una valvola di sfogo e leggendo i grandi psichiatri ho scoperto della capacita metapoetica del cervello, della capacità artistica che vaga nelle famiglie come la mia, vedi “Toccato dal fuoco” della psichiatra Kay Jamison, che sostiene che dove c'è il bipolare ed il suicida, il terzo deve essere un artista. Così mi sono messa al lavoro, sfidandomi per l'ennesima volta sia sul piano personale che su quello letterario, la rumena che sbaglia le doppie e gli accenti scriverà un romanzo.

Poi ho scoperto che la narrazione orale e la scrittura autobiografica, prodotte dalle persone che hanno vissuto il disagio psichico sono uno strumento di aiuto e conoscenza per tutti.

L'arte della psicoterapia è il verso libero, dice lo psicoanalista junghiano Aldo Carotenuto, scrittore e psicologo della personalità.
L’evento poetico entra nel setting quando immaginiamo, oltrepassando i ristretti confini di quell’Io che crediamo di essere.

Diceva che un vero psicoterapeuta è sempre un artista.
Gli psicoterapeuti, se non devono diventare alla lettera artisti e poeti, devono vedere e parlare come se lo fossero.

Ci appelliamo alla parola considerandola come un farmaco, da un lato come una possibilità di chiedere aiuto e dall’altro donando fiducia e speranza al prossimo nel processo di guarigione.

Il verso libero che vuole concepire il paziente è la voce dell’inconscio, dunque del Maestro Sogno.

Il Sogno sa chi siamo.

Per interpretare-analizzare-agire i sogni, dobbiamo diventare artisti e poeti, capaci di condensare immagini e di partorire desiderio.
Il Sogno armonizza simbolicamente gli eventi della nostra vita, sintetizza ciò che ancora è solo in potenza, squarciando il tempo dell’apparenza e generando coraggiosa e poetica autenticità.
Il sogno esprime la potenzialità del nostro talento sopito.

La nostra sensibilità individuale è il nostro genio, aveva scritto Baudelaire.
Cerchiamo il nostro verso libero per essere liberi.
Ma per essere liberi dobbiamo prima fare spazio dentro, altrimenti non può darsi voce-insegnamento-nuovo. L’insegnamento sta nel vuoto sotteso a ogni parola.
Perciò questa è una lezione sul silenzio.
Il Silenzio si può insegnare, quasi come la morte.

Psicoterapeuta e paziente si allenano insieme ad ascoltare il Silenzio, senza pretese di sapere, senza memoria del passato, senza desiderio sull’altro, ritirandosi nel vuoto fertile. Solo allora l’immagine pregna di autenticità fa irruzione nel setting e l’inconscio fluisce liberamente narrando poeticamente la sua Verità.

Quel suo dire ha il coraggio di inaugurare percorsi dall’esito imprevedibile, perché non dominato e non posseduto a priori.
Esito eroico di un approdo nell’Oltre.

Che devono fare dunque gli psicoterapeuti?
Devono avere cieca fiducia nei loro eroici pazienti, con i quali crescere insieme. Il dolore può rendere cattiva una persona, che si sente delusa dalla vita, non più capace di volere il proprio bene e di vedere “oltre”.

Generare una nuova ed esaltante visione di se stessi significa imparare ad amarsi.
Per questo si va in terapia.
Sto imparando che la cura è aspettare lì, sull'ombra scura del bordo della botola: lei che guarda in giù, io che guardo in su. Forse è lì che c'è la cura: circa a metà strada tra me e lei, dove gli sguardi si incrociano ed ogni respiro nell'attesa si sospende trepidante.

Per imparare ad immaginare abbiamo seguito il consiglio dei Saggi che dicono: sii sottomesso a qualsiasi cosa, aperto, in ascolto; sii innamorato della vita e qualcosa di quello che senti nel tuo cuore troverà la sua forma; rimuovi le inibizioni letterarie, grammaticali e sintattiche del tuo pensare; raccontati attraverso il monologo interiore, dai voce al flusso di coscienza, fallo nello stupore, accettando la perdita del vecchio Io senza paura, ignora la vergogna, dona dignità alla tua esperienza e valore al tuo progetto.
Perché tu sei degno e sei degno solo quando sei te stesso.
Questa è la cosa giusta da fare e se non la farai ti sentirai in colpa per non aver amato te stesso.

Il romanzo non fa altro che designare il percorso che ho fatto per scriverlo, partendo da uno stato d'ignoranza e cercando d'imparare qualcosa di questo mondo.
Il risultato è una forma di conoscenza non solo è tecnica ma soprattutto emozionale.

I disturbi mentali ruotano attorno al perno delle famiglie e alle loro storie; valorizzare la soggettività della persona portatrice del disagio è la via di aiuto alle famiglie che vivono questa condizione.
Il libro esprime un'idea di empatia e di solidarietà di cui molti sentono il bisogno in questo nostro mondo dominato dal ripiegamento su se stessi.
Attraverso la narrazione ci aiutiamo a non perdere la continuità della nostra esistenza. Quando la parola diventa narrazione costruisce la nostra storia di vita e la possibilità di consegnarla alla memoria collettiva.
Nel libro ognuno ha una sua vita, una sua dignità. E rendere partecipe la collettività è un altro modo di immaginare la globalizzazione, far parte dello stesso mondo.

Liliana Gheorghe

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