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sabato 9 aprile 2016

A scuola di romeno. L'esempio d'integrazione della scuola di via Abbaticchio

Nell'istituto è attivo un corso di lingua e civiltà straniera. La storia di un successo formativo

Secondo gli gli ultimi dati forniti dall'ISTAT, in Italia ci sono oltre un milione e centomila immigrati di origine romena. Solo in Puglia i residenti nati in Romani sono 32.271, di questi una buona fetta appartiene ai gruppi rom stanziati nelle periferie delle grandi cittadine e nelle campagne dell'entroterra. Numeri che fanno del ceppo rumeno quello più numeroso presente nella penisola.

Nonostante il numero dei rumeni residenti sia molto suscettibile a variazioni - si pensi al fatto che molti gruppi rom fanno la spola tra Italia e Romania diverse volte l'anno e che molte lavoratrici romene, essenzialmente badanti, tornano dalle loro famiglie con una certa costanza - la questione integrazione rimane una priorità. Che passa soprattutto dall'educazione delle nuove generazioni, quelle nate dopo il grande esodo migratorio degli anni Novanta e dei primi Duemila.

 Dal 2008, grazie ad una partnership tra i Ministeri dell'Istruzione di Italia e Romania e l'ambasciata romena siglata ad Agosto 2007, in diverse scuole italiane è stato attivato il corso di Lingua, Cultura e Civiltà Rumena. Il progetto completamente finanziato dal Governo della Romania, si propone di tutelare l'identità linguistica e culturale dei bambini di origine romena che vivono oltre le frontiere del paese e la promozione della lingua, della cultura e delle tradizioni romene. A Bitonto, tra i cinque Comuni della Puglia in cui è stato attivato il servizio, il corso si tiene alla scuola primaria di via Abbaticchio, legata all'Istituto Comprensivo "Caiati - Rogadeo".

La scuola ospita diversi studenti di origini straniere, tra cui molti bambini rom, seguiti dalla cooperativa Eughenia. Un plesso, quello di via Abbaticchio, inserito in un contesto urbano molto complesso, perciò tremendamente delicato sotto il profilo formativo. Eppure rappresenta un grande esempio di integrazione mediata dalle agenzie educative: grazie al lavoro delle insegnanti riescono a convivere bambini italiani e giovani studenti di origine romena. Basta fare un giro per le classi per comprendere come l'integrazione dei due gruppi, passata per i banchi di scuola, sia riuscita. Si gioca, si seguono le lezioni, si viene rimproverati tutti assieme. Senza distinzioni etniche.


A Bitonto il corso è tenuto da Ana Maria Tomaziu, una insegnante originaria della Romania. Una storia travagliata, la sua: arrivata in Italia dopo il percorso di studi con due figli, ha dovuto lavorare prima come barista e poi nelle cucine di un ristorante, prima di trovare lavoro come mediatrice culturale. Poi, nel 2008, è stata selezionata dal Ministero della Gioventù romeno come insegnante. Di qui il ritorno sui banchi di scuola e la sfida pedagogica negli istituti italiani. "I bambini sono entusiasti di seguire questo corso" ci ha raccontato "e quelli italiani sono talmente curiosi che spesso siamo costretti ad allargare le lezioni anche a loro". Non c'è spazio per discriminazione e razzismo. Le classi dell'istituto si ritrovano tutte impegnate nello studio dei rudimenti linguistici della lingua romena, dei numeri, nell'analisi delle favolette della tradizione della Romania, come quella del principe Bucaneve, o nella realizzazione delle "Martisoare", piccole bamboline da regalare ai propri compagni per festeggiare l'arrivo della Primavera come in Romania.

 Il progetto, per di più, proprio per la natura "conservatrice" con cui è stato pensato, riesce a mantenere viva nei giovani studenti stranieri la consapevolezza delle proprie origini e colmare il senso di nostalgia derivante dal distacco. Stando a quanto ha spiegato Ana Maria Tomaziu, uno degli obiettivi del corso è sicuramente evitare ogni disagio psicologico derivante dalla lontananza dalle proprie terre e dal nucleo familiare. Una questione da non trascurare. Basti pensare che, tra il 2013 e il 2014, lo strappo con la famiglia ha conseguenze tragiche: sono una quarantina, secondo le associazioni (30 secondo le cifre ufficiali, ndr), i bambini romeni che si sono tolti la vita dal 2008 a causa della lontananza dalla madre o di altri familiari, impegnati all'estero per lavoro o rimasti in Romania.

 Anche per questo quello della "Caiati - Rogadeo" rimane un successo coltivato in silenzio e con umiltà, che vede protagoniste la Tomaziu ma anche le docenti di tutto il plesso, tra cui c'è grande collaborazione. Partendo dai giovani, ma soprattutto dalla cultura. Non importa quale sia la lingua studiata, l'obiettivo delle insegnati è riuscire a far convivere gruppi diversi, nel rispetto delle differenze. Un esempio che vale molto di più di mille proclama istituzionali, che deve fare "scuola" in tutti i settori. E che dimostra come l'integrazione non sia solo una utopia in cui credono solo pochi visionari.( Savino Carbone)

Fonte: Bitonto Tv

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