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domenica 24 febbraio 2013

"Ho bevuto il succo di frutta e mi sono sentita bruciare"

Il racconto della ragazza che, a Tarquinia, ha rischiato di morire avvelenata dalla bibita ora ritirata dal commercio

VITERBO - L’azienda produttrice del succo di frutta che lunedì sera ha spedito dritta una 24enne di Tarquinia in ospedale ha ritirato l’intero lotto di prodotto dal commercio. Un atto dovuto, secondo i protocolli Haccp di prevenzione dei pericoli di contaminazione alimentare, che scatta dal momento della segnalazione dell’incidente all’autorità sanitaria. Indagano i carabinieri del Nas.
In Emilia, sede dello stabilimento, gli specialisti del Nucleo antisofisticazione hanno già ispezionato l’intera linea di produzione del succo incriminato e l’informativa è sul tavolo del pm Edmondo De Gregorio della Procura di Civitavecchia.
Giovedì era previsto l’accertamento irripetibile sui campioni di bibita sequestrati dalla polizia al bar di Tarquinia Lido e sul bicchiere da cui la ragazza ha bevuto, ma per una mancata notifica all’azienda produttrice l’incontro a cui dovranno presenziare i periti di parte è stato rinviato.

Laura Emanuela Iftimia, la vittima, romena da anni in Italia, sarà dimessa da Belcolle lunedì mattina. Dopo 20 giorni dovrà sottoporsi a una gastroscopia: il succo alla mela verde le ha perforato l’esofago. Ma per fortuna si è ripresa. È lei stessa dal suo letto di Medicina a raccontare quei drammatici momenti. «Era la prima volta che entravo in quel bar - dice ancora frastornata - ero con mia cognata e un’amica. Io ho chiesto un cappuccino, mia cognata il succo di frutta. Il barista ha aperto davanti a noi la bottiglietta di vetro. Volevo assaggiarne un po’.

Lei ha bevuto per prima, ma ha tenuto il liquido in bocca che le bruciava, non ha fatto in tempo ad avvertirmi che io ho sorseggiato dallo stesso bicchiere e ho mandato giù. Non ho bevuto tanto, giusto un pochino». Quel che basta per farle perdere i sensi. «Ho sentito subito un bruciore enorme sulle labbra e la bocca - spiega - e man mano che il succo scendeva giù per la gola, la sensazione si faceva insopportabile; era come un fuoco. A un certo punto non riuscivo più a respirare e sono svenuta».

La cognata di Laura, curata in pronto soccorso a Tarquinia, ha riportato sette giorni di prognosi per l’ustione. Anche il papà del titolare del bar che ha voluto capire che cosa stesse succedendo alle due ragazze dall’altro lato del bancone, ha ingerito un po’ della bevanda e ancora oggi avverte bruciori quando manda giù cibi o liquidi.

«Ringrazio il cielo - dice ancora la giovane romena - che quel giorno non c’era con me la mia bambina di 4 anni. Sicuramente le avrei preso un succo di frutta. Meglio che è capitato a me che a lei». Aiutata dalla suocera, la ragazza ora sarà assistita anche da un legale. La sua battaglia per capire che cosa è stato esattamente a farle rischiare la vita è solo all’inizio.

Sul fattaccio emergono altri particolari: innanzitutto la partita di succhi di frutta finita nel mirino del Nas sarebbe scaduta a breve, il 21 marzo. Quindi il lotto di produzione era in circolazione da anni e, a quanto pare, nessun altro caso di sospetto avvelenamento sarebbe stato segnalato. Sott’osservazione anche lo stato di conservazione delle bevande e il processo di sanificazione del vetro riciclato.

I primi dubbi li scioglieranno i risultati degli accertamenti di laboratorio.

Venerdì 22 Febbraio 2013

Fonte: Il Messaggero

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