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domenica 25 agosto 2013

L'ingegnere romeno che aveva portato i piccoli al mare racconta: «Ecco come è nato l'equivoco sui bimbi»

Costantin con i carabinieri (Ansa)
«I nostri castelli di sabbia mentre tutti ci cercavano»

la giornata in cui è stato creduto un rapitore

ROMA - Il telefonino è sempre lì. Appoggiato sul comodino in camera da letto. Spento. Costantin è andato a lavorare nei cantieri attorno a Roma senza portarselo dietro. Un'abitudine, seguita anche lunedì - per i romeni festa religiosa e di riposo -, che gli è quasi costata l'accusa di sequestro di minori e procurato allarme. «Mi sono reso conto di aver sbagliato, una telefonata avremmo anche potuto farla», racconta il trentenne che per dieci ore, insieme con il fratello Petru, ha fatto temere il peggio per due gemellini di sei anni - e altri due ragazzini più grandi - portati sulla spiaggia di Ostia senza il permesso dei genitori.

Costantin, 36 anni, e Petru, di 24, sono stati rilasciati lunedì notte dai carabinieri che hanno messo a verbale i loro racconti sulla giornata trascorsa prima a messa, nella chiesa ortodossa romena in via di Ponte Mammolo, e poi al mare con i quattro minorenni. «Ho sbagliato a non avvertire nessuno, ho sbagliato a fidarmi di mio fratello che mi ha assicurato di aver avuto l'ok del padre dei gemellini per portarli a Ostia, ma non sono un mostro: abbiamo comprato anche costumi e ciabatte ai bambini che erano senza», aggiunge Costantin, ascoltato a lungo dagli investigatori dell'Arma, coordinati dal generale Maurizio Mezzavilla e dal colonnello Giuseppe La Gala. Per ora il trentenne non è accusato di nulla, così come il fratello, ma le loro versioni potrebbero essere confrontate con quelle dei piccoli, che la procura non esclude di sentire nei prossimi giorni. «Ho perfino temuto che i miei figli potessero essere uccisi o venduti - spiega la madre dei gemellini, Ana, insieme con il marito Vasile, nella loro casa vicino Zagarolo -. Per fortuna non è successo niente. Quel ragazzo ci ha chiesto scusa e non lo abbiamo denunciato. Ma non glieli avevamo lasciati mai e non doveva prenderli».

Quella di martedì per Costantin - cintura nera di judo, laureato in ingegneria edile, papà di un ragazzo di 12 anni in Romania con la madre - e per Petru - studente universitario e muratore - è stata una giornata come tutte le altre: sveglia all'alba, poi in giro per cantieri fuori Roma a fare i manovali. Senza telefonini. Ma il ricordo di quanto accaduto lunedì non li ha lasciati in pace. «Abbiamo partecipato alla messa a Ponte Mammolo, poi come sempre ci siamo messi a giocare con i bambini fuori dalla chiesa - ricorda Costantin -. La nonna di altri due ragazzini (residenti a Frosinone) ci ha detto che potevamo portarli al mare. Ma, prima di andare via, Petru è andato dal diacono (il padre dei gemellini Alexander e Sebastian). Gli ha detto: "Ce li abbiamo noi". E lui gli ha risposto: "Va bene". Probabilmente pensava che saremmo rimasti in cortile, invece noi abbiamo capito che ci aveva dato il permesso per andare a Ostia».

Un equivoco che, complice la mancanza di qualsiasi contatto fino a tarda sera, ha innescato un'escalation di tensione. «Non pensavo di fare una cosa sbagliata, mi scuso con i genitori dei piccoli», aggiunge Costantin. A casa, a Boccea, Marian, la suocera, lo chiama «Narcisio». «Perché è davvero un bel ragazzo», spiega. Un giovane molto religioso. «Digiuna tre giorni a settimana, frequenta la chiesa, è serissimo e fidato - assicura -. Alle spalle ha una storia drammatica: il padre morto quando aveva otto anni, la madre in una clinica psichiatrica. Ha una sorella suora di clausura e lui è stato in orfanotrofio. È un buono, calmo, parla inglese, vuole sempre aiutare gli altri». Per andare a Ostia - e non a Ladispoli come ipotizzato in un primo momento - Costantin, il fratello e i bambini hanno viaggiato sulla metropolitana fino a Termini, poi sul trenino per il litorale. «Abbiamo preso il sole sulla spiaggia libera, giocato, pescato, costruito castelli di sabbia - spiega ancora il «rapitore» -. I piccoli sono stati bene, hanno mangiato dei panini. Ci siamo fatti anche delle foto. Non pensavamo che ci stessero cercando. Ci sono rimasti male solo quando una ruspa per la pulizia della spiaggia ha distrutto i loro castelli - dice ancora «Narcisio» -. Era quasi il tramonto e siamo tornati a Roma. Alla stazione Cornelia però siamo stati fermati dai carabinieri: erano tutti in borghese, li abbiamo scambiati per rapinatori. Ma che colpa avevamo noi? Eravamo convinti che i genitori ci avessero dato il permesso».

21 agosto 2013 (modifica il 22 agosto 2013)
Rinaldo Frignani

Fonte: Corriere della Sera

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