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domenica 11 agosto 2013

Un matrimonio da film per gli affari del clan

Da Modena alla Transilvania, ricostruito l’intreccio fra Casalesi e mala rumena Amanti, casinò e un affare immobiliare - sfumato - da quindici milioni di euro

di Giovanni Tizian  

Il capo alza al cielo il bicchiere di cristallo. Brinda alla felicità degli sposi, una coppia rumena, forse ignara del profilo dei commensali invitati dal loro padrino, Adrian Vlad Florea.

Benvenuti a Brasov, la Cortina d'Ampezzo dei Carpazi. La capitale storica della Transilvania. Sotto la pelle di questo pezzo di Romania tra castelli, chiese nere, leggende sui vampiri e architettura affascinante, si stringono accordi milionari. Qui, avvolti nel silenzio dei boschi rigogliosi, camorristi, imprenditori rumeni e pregiudicati serbi si sono dati appuntamento per scambiarsi idee, pareri, decidere, progettare investimenti.

Particolari che emergono dall'ultima grande indagine sui Casalesi coordinata dal pm Antonello Ardituro della Procura antimafia di Napoli e che travolge decine di affiliati e complici residenti a Modena e provincia.

NELLA CORTINA

DEI CARPAZI

La location è mozzafiato. Centinaia gli invitati. I camorristi si sentono a casa. Le tradizioni non sono poi così diverse. Per i mafiosi i matrimoni hanno un valore speciale. E sono ben felici di partecipare alle nozze degli amici rumeni. L'invito è per loro una forma di rispetto.

Adrian Vlad Florea, dicevamo. In qualità di padrino di nozze secondo le tradizioni rumene aveva la facoltà di estendere l'invito a suoi conoscenti. Alla festa nuziale partecipano pezzi da novanta del Clan dei Casalesi: Nicola Schiavone, Bruno Salzillo, Francesco Barbato e il modenese Giuseppe Parente, oltre che numerosi pregiudicati dell'area di Brasov e delle vicine Repubbliche di Moldava e Serbia.

L’INTERPOL

OSSERVA

Quello che l'Interpol su richiesta della Procura antimafia dei Napoli fotografa è un grande summit. Di quelli raccontati nei film o nei saggi sulle tradizioni delle organizzazioni mafiose. A Brasov quel 17 maggio 2008 cinema e realtà coincidono.

Non è un incontro casuale, è la dimostrazione della "perfetta conoscenza fra la componente casalese e quella rumena", annotano gli investigatori. Florin Petru Blaj è insieme a Florea il punto di contatto tra gli uomini di Schiavone e l'economia dell'Est Europa. L'imprenditore Blaj è "perfettamente a conoscenza della caratura criminale dell'amico di Casal di Principe tanto da attenersi perfettamente alle regole di riservatezza adottate dagli stessi sodali".

Tra i fili che legano gli interessi economici nei due Paesi un ruolo chiave lo ricopre Giuseppe Parente, per gli investigatori è uno dei prestanome di Nicola Schiavone in provincia di Modena. Non solo lui in realtà. C'è anche un imprenditore che si chiama Giovanni Zucchi, modenese doc. Titolare di alcune cariche in importanti società che si occupano di energia alternativa. Eolico, idroelettrico e fotovoltaico. Tra queste la Bondcom Italia. E proprio in questa aziende con sede a Campogalliano figurano i due soci rumeni amici del Clan. Blaj e Florea, quelli del matrimonio in Transilvania.

La partecipazione al banchetto nunziale in terra rumena, alla presenza di altri esponenti malavitosi, serve al gruppo Schiavone per rinsaldare vecchi rapporti economici e criminali e allacciarne dei nuovi.

L'IMPRENDITORE

DI "DON NICOLA"

Ma è Parente che cura i contatti con i rumeni. "Anello di collegamento fra la criminalità organizzata casalese e l'imprenditoria rumena", lo descrivono gli inquirenti. Ma chi è Giuseppe Parente? Di cosa si occupa a Modena? Che ruolo ha nel Clan?

Imprenditore edile, attivo nell'investimento immobiliare di San Prospero (la realizzazione delle unità abitative finite al centro dell'inchiesta), "condotto da Schiavone". Tempo addietro già i Carabinieri di Modena lo avevano radiografato nell'ambito delle indagini sul latitante Giuseppe Caterino, detto "Tre Bastoni", per anni referente degli Schiavone nel Modenese. Gli investigatori di Napoli lo definiscono "affidabile punto di riferimento di Nicola Schiavone a Modena". Lui salda gli interessi del boss con l'imprenditoria rumena. Inoltre, sarebbe lui l'anello "di congiunzione tra la compagine rumena ed il comparto imprenditoriale locale riconducibile a Giovanni Zucchi".

L'AMANTE

DEL BOSS

Il capo clan fonda la sua esistenza sulla concezione distorta dell'onore. Se la donna sgarra, paga con il sangue. Moglie e figlie devono rispettare l'uomo, il marito, il padre, il padrino. Il capo ha l'obbligo di punire che attenta all'onore della famiglia. Solo il capo può permettersi di tradire, in silenzio certo. Ma lo può fare.

La maggior parte dei mafiosi hanno l'amante. Non solo nei film e nelle fiction. Non è soltanto Tony Soprano, il personaggio e boss de " I Soprano", ad avere mille storie di sesso con donne che cadono ai suoi piedi folgorate dal potere che detiene. Denaro è potere. Ci sono ragazze che cadono nel tranello e diventano amanti dei capi mafia o dei semplici affiliati.

Anche a Modena è un’usanza molto in voga tra gli esponenti del clan. Nicola Schiavone ha la sua amante. Almeno fino al suo arresto. Una ragazza dell'Est. I due amanti clandestini trascorrevano le loro ore di passione in un appartamento a Modena in via Cavalcanti.

"Lui si vuole aprire un Casinò in Romania", dirà lei alla madre che vive a Bucarest. Dove "Lui" sta per Nicola Schiavone. E con la madre, la ragazza si confida spesso. Con lei vanta le doti del giovane figlio di "Sandokan", il re di Gomorra. La madre le ripete che deve stare attenta, ma lei risponde convinta che non ha "idea chi è lui, quanto si prende cura di lei, e poi quelli sono amici suoi". Le racconta di quando lei gli ha detto "si vede che sei un mafioso", e il capo ha reagito tappandole la bocca con una laconico "non mai più parlare così".

“La televisione parla tutto il giorno di lui, è il capo clan della Camorra”, ripete alla madre. Il fascino del capo, del pericolo, del denaro.

L'amara conclusione del gip di Napoli che ha firmato i mandati di cattura dell'operazione Rischiatutto dovrebbe far riflettere: "Triste spaccato del disorientamento etico e culturale che affligge parte delle nuove generazioni delle ancor giovani democrazie dell'Est europeo, in un ancor insuperato momento di transizione tra la rigidità di certi valori imposti dalla dittatura comunista e una malintesa interpretazione della libertà, alimentata dall'incontrollato inseguimento di guadagni facili e rapidi".

MA BRASOV

NON È SUL MARE

Condannato in primo grado a 2 anni e 6 mesi il 7 giugno scorso per tentata estorsione. Condannato per una vicenda di botte e minacce eseguite dal boss ora pentito Alfonso Perrone. Lui è Alessandro Bitonti, avvocato civilista del foro di Modena. E i suoi rapporti con uomini del Clan dei Casalesi risalgono al 2008.

Gli investigatori dedicano un paragrafo alle frequentazioni tenute dall'avvocato con imprenditori del gruppo Schiavone. Tra gli affari in cui è coinvolto, lo scrivono nero su bianco gli inquirenti che però non hanno iscritto Bitonti nel registro indagati, un investimento immobiliare a Brasov, la Cortina d'Ampezzo rumena, dove si tenne il matrimonio degli imprenditori rumeni amici del Clan.

"Ci sarebbe un altro affare buono, in cui investire 15 milioni di euro per l'acquisto di un lotto di terra, che si trova nella zona più bella della Romania", gli comunica un fedelissimo di Schiavone. Ma Bitonti vuole sapere di più, e chiede "se il terreno si trova in una zona interna o sul mare, atteso che "i miei" (dell'avvocato) costruiscono solo sul mare".

Il giorno successivo all'avvocato - rimasto a Modena - comunicano che i terreni si trovano a Brasov: non sul mare dunque, ma sui Carpazi. A Brasov, dove Nicola Schiavone è di casa. E dove il suo potere è riconosciuto.

28 luglio 2013

Fonte: La Gazzetta di Modena

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