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martedì 13 maggio 2014

“Sindrome Italia”, i suicidi dei figli lasciati in patria delle donne rumene che lavorano nel nostro paese

Emiliano Stella il 12 maggio 2014

E’ il lato negativo dell’emigrazione rumena in Italia, quella che costringe migliaia di donne a lasciare, insieme al loro paese, i loro figli. Bambini affidati ai nonni, che nella maggior parte dei casi cadono in depressione, e sempre più frequentemente, si suicidano non riuscendo ad abituarsi al distacco dalle madri.
Sarebbero 30, dal 2008 ad oggi, i minori che si sono tolti la vita a causa di questa lontananza forzata.
Un dato diffuso dall’Adri (Associazione Donne Romene in Italia), e rilanciato dall’Huffington Post, che tratteggia anche la consistenza dell’immigrazione rumena nel nostro paese e le sue modalità. Si evince che in molte famiglie che si separano per motivi di lavoro, uno dei due genitori si reca all’estero per sostenere i propri cari con i guadagni spediti a casa. Le occupazioni intraprese dalle madri, che nel 75% non portano con sé la propria prole, sono generalmente quelle delle colf e delle badanti. La conseguenza di questo fenomeno è nel numero di 750mila bambini, su 5 milioni, privati di un genitore in un’età fondamentale per la loro crescita.
Quella che gli psicologi hanno nominato “Sindrome Italia”, può essere lenita da strumenti come Skype. Ed è questo mezzo di comunicazione il fulcro del progetto “La mamma ti vuole bene!”, promosso dall’Adri e descritto dalla sua presidentessa Silvia Dimitrache. Il programma si prefigge di attenuare la nostalgia dei bimbi in patria tramite l’utilizzo di pc allestiti in varie biblioteche rumene, che ricongiungono virtualmente madri e pargoli separati da migliaia di chilometri. Un palliativo che non risolve la contraddizione sottintesa a questo fenomeno. Donne che emigrano per accudire figli di altri, delegando a loro volta ad altri il compito di crescere i propri. E’ questo modello, frutto della globalizzazione, la via giusta da percorrere?

Fonte: L'Ultima Ribattuta

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