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domenica 6 ottobre 2013

Terni, gli immigrati in una città che cambia: «Sospesi a metà fra la Romania e l’Italia»

Un negozio di alimentari rumeno
2 ottobre 2013

Nuova puntata del nostro viaggio fra le comunità degli immigrati. A raccontarsi stavolta sono i rumeni, fra bisogno di stabilità e salvaguardia della propria identità

di Francesca Mancosu

«Per molti versi, probabilmente, la nostra comunità è la più simile a quella italiana. Non solo per alcune parole della nostra lingua, ma anche per il nostro bisogno di stabilità, di radicarci». A parlare è Gina, uno dei 3500 rumeni – 5mila secondo stime ufficiose – che vivono a Terni. Trasferitesi in gran numero negli ultimi 10 anni, e soprattutto a partire dal 2007, dopo l’ingresso ufficiale della Romania nell’Unione Europea.

Una comunità che non c’è Dopo i musulmani, gli indiani e i cinesi, il nostro viaggio fra gli immigrati vecchi e nuovi dei nostri quartieri, fa ancora tappa fra le storie di una comunità che non può dirsi tale, nascosta e silenziosa, ad eccezione di qualche caso di cronaca. «Sì, non è possibile ricondurci ad una determinata zona della città – racconta Luciano, commerciante di 35 anni – e non abbiamo neppure dei precisi punti di riferimento, un vero bisogno di ritrovarci, ma credo che ci contraddistingua un forte desiderio di stabilità. A cominciare dalla necessità di avere una casa di proprietà, abitudine che ci viene dallo stato socialista che ci tratteneva un tanto al mese dallo stipendio ‘costringendoci’ ad acquistare quella in cui vivevamo».

Il lavoro Sono tante le donne, specie fra i 40 e i 60 anni, che hanno trovato lavoro come badante, lasciando a casa la famiglia d’origine. Tanti fanno i muratori, in gran numero hanno scelto di fare i pendolari con Roma, attratti dai prezzi ancora contenuti delle abitazioni ternane. «La maggior parte di noi – racconta Stella, una giovane madre – sono arrivati qui per caso, spesso per ricongiungersi con i familiari emigrati qui. Nel nostro paese svolgevamo occupazioni qualificate, ma una volta arrivati in Italia si sono dovuti accontentare; io, ad esempio, sono una ragioniera, ma ora faccio la donna delle pulizie». Luciano, invece, ha scelto di mettersi in proprio, aprendo uno dei tre negozi di alimentari romeni che ci sono a Terni. Vende un po’ di tutto: dolci, bibite, giornali, cd – provenienti dalla Romania o da un ingrosso a Roma, e ha in programma di allargare l’attività. «Sto per affittare i locali qui a fianco, per farci una macelleria e ampliare la mia clientela, con la speranza che vengano sempre più italiani».

In difesa della propria identità L’impresa più difficile, però, sembra essere la salvaguardia delle proprie radici, sospese a metà fra l’Italia e la Romania. «Molti di noi si sentono stranieri qui e anche nella propria terra, e hanno la sensazione di non avere più un posto da poter chiamare ‘casa’. A differenza di altre comunità, poi -racconta Gina – per noi la religione non ha un ruolo preponderante come occasione di aggregazione. Molti si ritrovano nella chiesa chiesa di Sant’Alò (messa a disposizione della comunità ortodossa rumena presente a Terni e in Umbria, e dedicata alla santa Parascheva; ndr), ma si tratta soprattutto di persone provenienti dai paesi di campagna, spesso molto giovani e con figli». Dal 2008, Gina – che di mestiere fa l’insegnante e la mediatrice culturale – ha creato l’associazione ‘Fiore blu’ (dal titolo di una celebre poesia rumena), ospitata nei locali attigui alla scuola ‘Falcone e Borsellino’, a Villaggio Italia, un centro culturale dedicato ad attività culturali, corsi di pittura e per bambini. «Non vogliamo essere un’associazione ‘tipica’, ma promuovere l’interculturalità, lo scambio di esperienze, e fra i nostri iscritti abbiamo anche molti italiani che sono stati in Romania».

I corsi di lingua e le nuove generazioni Altre associazioni, come l’Acli San Martino, offrono anche corsi di italiano per adulti, ma non sempre con buoni risultati. «Abbiamo provato a organizzare lezioni soprattutto per le badanti - racconta ancora Gina – ma non è andata benissimo. Sono molto volenterose ma nella maggior parte dei casi sono qui da qualche anno, e hanno già imparato ad esprimersi in dialetto (ternano)». La scommessa più grande è però quella con le nuove generazioni, che pur essendo nate qui continuano a mantenere un forte legame con la madrepatria. «Dal 2008, grazie ad un concorso promosso dall’Istituto di lingua romena abbiamo attivato corsi di lingua, cultura e civiltà romena in varie scuole di Terni, dalla materna alle superiori – Falcone Borsellino, Ipsia, Donatelli, De Filis, Oberdan – finanziati dal ministero dell’Istruzione rumeno in accordo con quello italiano, come accade anche in Spagna, Belgio e Francia. Il sogno sarebbe aprire una scuola internazionale, come quelle di Parma e Vicenza».

Fonte: Umbria24

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