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domenica 21 ottobre 2012

A processo l’omicida del giovane romeno

Chiesto il rito immediato per il monfalconese Ciarloni finito in carcere per l’uccisione di un idraulico di vent’anni

di Franco Femia

GORIZIA. È stato chiesto il rito immediato per Massimiliano Ciarloni, il 33enne monfalconese che lo scorso 5 marzo ha ucciso con una coltellata alla gola l’idraulico Eugen Melinte, 20 anni, di origine romena. Il pubblico ministero Enrico Pavone ha chiuso l’indagine chiedendo che Ciarloni, imputato di omicidio volontario, vada direttamente a processo evitando l’udienza preliminare. Ma probabilmente non sarà giudicato dalla Corte d’assise di Trieste, ma dal giudice delle indagini preliminari del tribunale di Gorizia. Il difensore di Ciarloni, l’avvocato Riccardo Cattarini, è intenzionato infatti a procedere con il rito abbreviato anche per consentire al suo cliente di ottenere uno sconto di pena. Se i tempi saranno rispettati si potrebbe arrivare alla sentenza nel giro di 30-40 giorni.

Ciarloni è reo confesso, ma il suo legale punta a derubricare il capo d’accusa da omicidio volontario a preterintenzionale alleggerendo la posizione del suo cliente, che rischia una pena a 20 anni di carcere. Nel processo saranno presenti anche i familiari di Melinte che si costituiranno parte civile con l’assistenza dell’avvocato Bandelli che insisterà sulla volontarietà dell’omicidio.

Due i colpi mortali, inferti con un coltellino svizzero, a tranciare la giugulare e la succlavia di Melinte, che è morto dissanguato nel giro di pochi minuti. Se la punta del coltellino fosse penetrata un centimetro più in là non si sarebbe andati oltre a una ferita superficiale.

La tragedia si è consumato di notte in via Duca d’Aosta. Ciarloni aveva incontrato Melinte e un suo amico, il monfalconese Alessandro Sollazzo, al “Passion cafè”, l’ex bar Gessy. Alla chiusura del locale, alle tre del mattino, erano usciti e Melinte il suo amico avevano invitato Ciarloni a proseguire la passeggiata verso via Duca d’Aosta alla ricerca di un bar per un’ultima bevuta. Ciarloni quella sera era ubriaco, il tasso alcolimetrico registrato nel suo sangue era di 1.1, ben oltre il doppio di quello consentito.

All’altezza della galleria Unicredit Ciarloni, secondo la versione data a suo tempo agli inquirenti, si sarebbe sentito sempre più stretto tra i due giovani che lo stavano accompagnando. Si era sentito toccare il sedere dove aveva il portafoglio. «Credo che volessero portarmi via il portafoglio, ho avuto paura». È a questo punto che Ciarloni avrebbe tolto dalla tasca il coltellino brandendolo alla cieca. Così colpisce Melinte prima al corpo, ma i colpi vengono attutiti dal giubbotto del romeno, poi la punta si infila nella gola tranciando la giugulare.

Melinte si porta le mani alla gola, fa qualche passo prima di strammazzare a terra, ma riesce a gridare all’amico di scappare. Ciarloni fugge via, senza voltarsi, senza accertarsi le condizioni del romeno.

Verrà raggiunto dagli agenti del Commissariato di Ps nella sua abitazione e sottoposto al fermo giudiziario prima del provvedimento di custodia cautelare in carcere emesso due giorni dopo dal gip Paola Santangelo per il pericolo di reiterazione del reato da parte di Ciarloni.

16 ottobre 2012

Fonte: Il Piccolo

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