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Radu Lupu |
Il pianista rumeno in concerto a Genova. Un viaggio straordinario attraverso i suoi cavalli di battaglia. Da Franz Schubert a Cesar Franck, fino a Claude Debussy. La recensione
Martedi 16 ottobre 2012
Né i postumi di una colica renale, né un forte raffreddore con annessa tosse e febbricola, né i suoi noti problemi alla schiena: nulla di tutto questo ha fermato il pianista rumeno Radu Lupu, protagonista lo scorso lunedì 15 ottobre di uno splendido récital al Teatro Carlo Felice, che ha ufficialmente inaugurato la seconda Stagione del Centenario della Gog. Una scelta all’insegna della sobrietà e dello stile più raffinato, quella compiuta dalla vegliarda società di concerti genovese – che pure nel 1991, come ricordava la linea del tempo che orna il margine inferiore dei programmi di sala Gog ormai da qualche anno (programmi che vengono distribuiti gratuitamente all’ingresso), inaugurò la stagione nel Teatro Carlo Felice ricostruito.
Lupu ha scelto per il concerto alcuni suoi cavalli di battaglia: l'Impromptu D 935 di Franz Schubert, il Preludio, Corale e Fuga di Cesar Franck, e il secondo libro dei Preludes di Claude Debussy, in omaggio ai cento anni dalla nascita del compositore (cento anni Debussy, cento anni la Gog). In realtà, parlare di cavalli e battaglia è molto improprio, quantomeno distante dalla poetica di Radu Lupu, che assurge a quanto di più lontano da figure equestri e vicende belliche.
Il suo è piuttosto un rapporto crepuscolare con la musica, un dialogo a bassa voce, un cercare, come il Wanderer schubertiano; un pellegrinaggio senza sosta, tranne quelle necessarie per dischiudere all’ascoltatore quello che si trova sulla via. Ed ecco allora rifulgere il dipanarsi delle melodie della divina lunghezza di Schubert, il tema di Franck che si fa ora preludio, ora corale e infine mirabile fugato, e infine i piccoli capolavori dei dodici preludi di Debussy; ma il tutto amalgamato in un tessuto composito, una trama fitta, arcana, quasi autunnale: come dei raggi di sole che filtrano attraverso il fogliame cangiante che abbandona i rami per posarsi sul terreno.
Ci piace chiudere con uno sguardo alla platea del Carlo Felice: gremitissima – quest’anno gli abbonamenti hanno sfondato quota mille – e plaudente con il consueto garbo genovese, che non assale e non osanna il solista, almeno in questo caso, ma si alza coralmente e lo ringrazia. C’è poco da fare, chi frequenta le sale da concerto sa distinguere bene gli applausi finti o di circostanza da quelli magari non fragorosi ma genuini e convinti. È proprio una questione di timbro, più o meno sodo, sincero: e sinceri davvero erano gli applausi per il viaggio straordinario all’interno della musica che Radu Lupu ci aveva fatto compiere.
Andrea Ottonello
Fonte: Mentelocale
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