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lunedì 8 ottobre 2012

Ceausescu: menzogna e verità sulla fine di un dittatore

Giovedì 04 Ottobre 2012

Un libro fresco di stampa, La fine dei Ceausescu, giunge finalmente a far chiarezza sul drammatico epilogo della cosiddetta “rivoluzione romena” che nel dicembre del 1989 decretò la fine del regime comunista di Bucarest. Si tratta di un libro per molti versi emblematico; una ricostruzione storica, impressionante per la mole e la precisione dei documenti di cui è intessuta, che fa comprendere fino a che punto la realtà dei fatti possa essere manipolata e stravolta a uso e consumo delle grandi potenze e dei grandi interessi economici che reggono le sorti mondiali. L’autore, Grigore Cartianu, è uno dei giornalisti e dei commentatori politici più in vista di Romania. L’attento traduttore e curatore italiano, Luca Bistolfi, giovane giornalista e scrittore, è uno dei massimi esperti di storia e cultura dei Paesi dell’Europa orientale, e in particolare della Romania (Aliberti Editore, 622 pagine, 18 euro).

La fine brutale di Nicolae Ceausescu e di sua moglie Elena, abbattuti con cento colpi di kalashnikov dopo un fulmineo processo-farsa il giorno di Natale del 1989, sembrava consegnata ai libri di storia con una sua indubitabile trama di verità: il dittatore-vampiro che si oppone ostinatamente alle riforme democratiche, rifiuta ottusamente lo spirito dei tempi nuovi simboleggiati dalla perestroika di Gorbaciov, opprime il suo popolo e ne suscita l’immancabile, vittoriosa rivolta, finendo perciò giustamente ammazzato come la gran parte dei biechi dittatori che lo precedettero e che lo seguirono, da Mussolini a Gheddafi. Cosa c’è di più ovvio di questo? Se poi alla figura fosca del dittatore s’affianca quella, sinistra e vagamente diabolica, della moglie avida e intrigante, il quadro del film horror è davvero completo. E pace all’anima loro.

Ma le cose non andarono esattamente così. La sorte di Nicolae e di Elena Ceausescu non fu decretata dallo sdegno di un popolo assetato di giustizia. Ciò che accadde in Romania in quel torbido dicembre del 1989 fu in massima parte un copione da teatro, una messinscena fraudolenta orchestrata dal Cremlino con la complicità e il consenso di Washington e del sistema dell’informazione internazionale. Ma leggiamo direttamente le parole di Cartianu, nel capitolo che racconta le premesse della tragicommedia:

Il primo dicembre 1989 Gorbaciov si recò a Malta per un incontro strategico e preliminare con George Bush. Le discussioni tra i due presidenti si svolsero il 2 e il 3 dicembre a bordo della nave sovietica Maxim Gorkij, ancorata al largo delle coste maltesi. Qui, sul mare agitato, tra le altre cose, Bush e Gorbaciov decisero la sorte del regime di Ceausescu. Strinsero un accordo generale, mentre i dettagli furono stabiliti ad alti livelli esecutivi nei mesi successivi. Ad esempio, il problema della Romania, in ambito Nato, fu affidato alla Francia.

Subito dopo, il 4 dicembre, Ceausescu partecipò a Mosca a un summit dei nuovi capi di governo dei Paesi dell’Europa orientale. E fu allora che il dittatore romeno cominciò a capire che la sua sorte era segnata. Scrive ancora Cartianu:

Ceausescu cercava di portare la discussione sui rapporti economici tra Romania e Urss, ma Gorbaciov gli faceva discretamente capire che tutto era finito. A seguito delle insistenze di Ceausescu per programmare un nuovo incontro bilaterale il 9 gennaio 1990, Gorbaciov replicò in maniera a dir poco ambigua: "Speriamo di essere ancora vivi".

Ceausescu tornò a Bucarest furibondo. Per dare sfogo alla sua rabbia e ai suoi cupi presentimenti si fece organizzare una battuta di caccia nella foresta di Ogarca, a 40 chilometri dalla capitale. Il 10 dicembre, quattromila fagiani furono liberati nella foresta e sospinti verso la postazione del dittatore che, sparando all’impazzata, ne massacrò in poche ore quasi quattrocento. Ma quel feroce exploit venatorio non bastò certo a deviare il corso del suo destino. Questa volta, però, il Cremlino non pensò all’invio dei carri armati, come aveva fatto per soffocare la primavera di Praga nel 1968. Gorbaciov ebbe un’idea assai più raffinata:

L’Unione Sovietica ricorse all’intervento silenzioso dei suoi agenti segreti. D’improvviso la Romania si trasformò nella meta preferita dei turisti sovietici. Secondo le cifre del Ministero dell’Interno il numero dei cittadini dell’Urss entrati ufficialmente in Romania subì un esplosivo incremento. Nel dicembre 1989 fu di 67.530, traguardo assoluto in epoca comunista e per essere nell’ultimo mese dell’anno […] L’intervento sovietico fu preparato attraverso l’attivazione degli agenti che Mosca aveva piazzato in Romania. Costoro, così come i falsi turisti sovietici, avevano due principali missioni: innescare una rivolta popolare e trasformarla in rivoluzione anticeausista, mettendo a frutto l’odio della popolazione verso il regime; imporre un timone comunista “dal volto umano” di tipo gorbacioviano, fedele a Mosca e che mantenesse l’alleanza politico-militare ed economica col blocco comunista.

Queste sono le premesse fondamentali della lunga e scrupolosa narrazione di Cartianu, che, ricostruendo gli avvenimenti giorno dopo giorno, culmina nella relazione integrale degli atti del processo-farsa celebrato il 25 dicembre contro i coniugi Ceausescu nei pressi di Targoviste. Capo d’imputazione principale: il “genocidio” di Timisoara. Il dittatore romeno fu accusato di avere ordinato il massacro di un numero imprecisato di abitanti di quella città, colpevoli di aver partecipato all’insurrezione antigovernativa del 17 dicembre. Ma quel massacro, in realtà, non era mai avvenuto:

Di quei morti disseppelliti da un vecchio cimitero e adeguatamente “ricollocati” per dare credito alla fandonia del genocidio compiuto dagli uomini di Ceausescu non si è più sentito parlare sulla stampa o alla televisione. Eppure, la presunta strage di Timisoara fu evento centrale della rivoluzione romena, quello che diede il là allo sdegno popolare e alla rivolta generale.

Al termine di quel processo, durato in tutto 55 minuti, Nicolae e la moglie Elena furono legati alle mani e trascinati alla fucilazione. Furono queste le loro ultime parole:

Nicolae: "Non si può, non si può, non legateci!".

Elena: "Non lo accetto! Non toccateci! Non legateci! Non umiliateci! Non legateci, non ce n’è alcun bisogno! Avete paura del popolo…non fatemi male alle mani, figli miei. Che vergogna!".

Massimo Jevolella

Fonte: Marsala

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