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domenica 2 giugno 2013

Luigi, il rumeno col violino in mano e un sogno nella testa

L’Orchestra dei popoli di Milano

mag 02

di Elisabetta Andreis

Luigi, 18 anni e il sorriso aperto di chi ha imparato a camminare nella vita con un certo cauto ottimismo, è cresciuto in un minuscolo paese vicino Craiova, in Romania. Da piccolo tutti i giorni accompagnava suo nonno a suonare per le strade, nelle scuole, nei teatri. A volte affrontavano veri e propri viaggi: “Eravamo in tre: io, mio nonno e il violino”, dice ricordando gioie e fatiche tra esibizioni improvvisate, applausi distratti e qualche raro colpo di fortuna. Ed è così che in lui è sbocciato l’amore per la musica, “che è amore per il ritmo della vita”.

A 11 anni la partenza per Milano con la mamma, i due fratelli e una valigia piena di speranze, ma senza il nonno. I sacrifici, i lavoretti, la scuola per diventare elettricista e infine, col diploma in mano, i pochissimi clienti. Un destino senza uscita lo spinge a riprendere in mano il violino di famiglia, a tentare la chiamata d’appello per una risorsa preziosa fino a quel giorno trascurata. E a scoprire che sì, lui ce l’ha davvero, come il nonno: ha un orecchio musicale straordinario che viene dalle sue radici o indietro nel tempo. Per un po’ questo ragazzino vivace e ben piantato a terra ha suonato agli angoli delle strade, agli incroci trafficati della nostra città e su e giù dalle carrozze dei metro, da solo, fino alla sera.


In photo: maestra volontaria dell’Orchestra
dei popoli durante una delle lezioni
Qualche volta un signore impegnato, sfilandogli vicino, gli allungava un soldo ma nessuno ascoltava davvero la sua musica. Finché un giorno passò un milanese attento che gli fece una proposta.

Era un anno fa e il Conservatorio guidato da Arnoldo Mosca Mondadori, con la Casa della carità di Virginio Colmegna, cercava talentuosi da tutto il mondo per ingrandire la sua Orchestra dei popoli. “Perché non vai?”, lo spronò il signore. E gli spiegò come arrivarci.

Oggi Luigi continua ad arrabattarsi come elettricista ma nelle sue ore libere studia violino con altri 60 bambini e ragazzi di tutte le nazionalità, seguito da maestri volontari. “Ognuno porta le sue origini, la sua vita: e da tanti petali nasce una rosa”, sintetizza lui ormai padrone della lingua italiana.

Spesso ripensa a suo nonno e al paese dove è nato ma tanto lì, nella ‘sua’ orchestra, lo fanno in molti: sono meno spaesati, suonando insieme. Uniscono i loro diversi talenti e le note, creando un’arte nuova. Luigi, in particolare, ha un sogno nel cassetto: “vorrei organizzare un grande concerto: Milano è una città difficile ma anche meravigliosa perché offre sempre una possibilità”.

Per certi aspetti ha ragione, eppure noi tendiamo a dimenticarlo: è un ragazzo che viene da lontano a ricordarcelo, con entusiasmo e senza alcuna piaggeria.

Fonte: Corriere della Sera

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