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giovedì 14 novembre 2013

Quod Erat Demonstrandum - Recensione

12/11/2013 | Recensioni

Un film sul recente passato della storia rumena, un’opera di grande importanza che fa riflettere su temi dal valore universale, al Festival di Roma arriva in concorso Quod Erat Demonstrandum opera seconda del regista rumeno Andrei Gruzsniczki.
La vicenda si svolge nel 1984 nella Romania del regime di Ceausescu (rovesciato con la rivoluzione del 1989) ed è ambientata nel mondo accademico dove, come ovunque, per fare carriera era necessario dimostrare fedeltà al Partito e mostrare la giusta deferenza verso i suoi dirigenti.
La scelta di un giovane matematico di pubblicare la propria ricerca in una rivista americana senza l’approvazione delle autorità, provoca una serie di avvenimenti che cambieranno per sempre la sua vita di suoi due amici. Perché non esistono decisioni senza conseguenze.
Diversi elementi del film riportano a un capolavoro come Le vite degli altri. Da un lato la Stasi della Germania dell’Est, dall’altro la Securitate, il Dipartimento di Sicurezza dello Stato, organizzazione attiva negli ultimi anni del regime di Ceausescu. Nel film di Florian Henckel Von Donnersmarck un intellettuale era spiato da un burocrate, nell’opera di Gruzsniczki un matematico sta per pubblicare un suo importante teorema all’estero. In entrambe le opere c’è il ritratto di un quadro del Partito contrapposto a un esponente del mondo della cultura. In entrambi i casi l’intellettuale è visto come un pericolo estremo al regime.
Di nuovo il ritratto di una società paralizzata, congelata, immobile, vittima di un regime totalitario e delle sue illogiche derive. Un mondo in bianco e nero in cui non esiste spazio per il colore e neanche per le sfumature, un universo opprimente, rigidamente organizzato in ruoli e diviso in spazi misurati al centimetro, una realtà efficacemente restituita da un film dallo stile di regia essenziale, asciutto, privo anche di colonna sonora.
Da questo contesto, emerge potente la ricerca di riconoscimenti e affermazione individuale e la conseguente ricerca di una via di fuga.
Regista che si è fatto le ossa al fianco dell’illustre connazionale Lucian Pintilie, uno dei maggiori esponenti del nuovo cinema rumeno, Gruzsniczki dipinge questo mondo (che ha vissuto davvero in giovane età e di cui conserva ricordi vividi, come ha dichiarato durante un’interessante conferenza stampa) con estrema cura per il dettaglio traducendolo in immagine cinematografica cui la fotografia in bianco e nero (per l’esattezza il film è stato girato con un particolare negativo in bianco e nero dalla potente granulazione) restituisce grande fascino e giusta atmosfera.

Elena Bartoni

Fonte: Voto10


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