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domenica 24 maggio 2020

Il vignaiolo che noleggia un jet per far arrivare le braccianti dalla Romania

Divini
Luciano Ferraro

Le otto potatrici di Martin Foradori Hofstätter al lavoro 

Martin Foradori Hofstätter, vignaiolo alla guida di una delle più importanti cantine dell’Alto Adige, ha cercato per settimane di far arrivare in Italia le sue storiche lavoratrici stagionali rumene, specializzate nella potatura nelle vigne. Otto donne capaci di tagliare in modo impeccabile le piante, senza danneggiarle e garantendo così la qualità dell’uva (e del vino). Quando ha capito che la burocrazia avrebbe impedito l’ingaggio delle otto lavoratrici, ha noleggiato un jet privato che è atterrato nei giorni scorsi a Bolzano.

Martin Foradori Hofstätter

Per Foradori Hofstätter questa è una storia di straordinaria burocrazia: «Ho visto tanta ignoranza, ma mai come durante questa pandemia», commenta.

La storia inizia al confine con l’Ungheria. L’Unione europea aveva dato il via libera ai corridoi verdi per far arrivare manodopera dall’Est. Viticoltori tedeschi e austriaci ne avevano già usufruito, iniziando subito a far lavorare gli esperti potatori. Ma nel caso del produttore di Tramin-Termeno, al confine ungherese le otto donne sono state fermate.

«Abbiamo cercato di risolvere il problema in ogni modo - racconta -. Così dopo due settimane di telefonate, contatti con politici locali, di Roma e dell’Unione Europea, rappresentanti delle ambasciate, nonché intensi confronti con responsabili di associazioni di categoria, ci siamo visti costretti ad organizzare, in extremis, un jet privato dall’aeroporto di Bolzano a Cluj per portarle in Italia. Per questo periodo economico una spesa non indifferente e forse anche folle ma senza questo il futuro delle mie vigne sarebbe stato segnato. Non avevo alternative. Devo dire, tuttavia, che visti i prezzi, oserei dire da strozzini, dei pulmini a noleggio in questo periodo, il costo dell’aeromobile ha inciso poco di più sul trasporto».

Le potatrici al lavoro

Non c’era manodopera italiana disponibile? «Qualcuno potrebbe obiettare che mi sarei potuto rivolgere ai numerosi disoccupati presenti nel territorio — risponde il vignaiolo — ma non è così. Ci abbiamo anche provato ma chi abbiamo ingaggiato per fare una prova dopo due ore se ne è andato “perché il lavoro era troppo faticoso”!».

Per il produttore «l’assenza di queste professioniste, che da oltre dieci anni lavorano per l’azienda, si sarebbe tradotta in un danno rilevante: come se in un concerto alla Scala mancassero i violini». L’imprenditore ha anche un’azienda in Germania, nella Mosella. «All’estero — spiega — le associazioni di categoria sono riuscite ad attivare un ponte aereo senza tante chiacchere, ai collaboratori stagionali è stata concessa anche la possibilità di attuare la cosiddetta “quarantena attiva” lavorando in piccoli gruppi in vigna, isolati da altri collaboratori locali, nel rispetto delle misure di sicurezza. In Germania le procedure sono molto più chiare e snelle. In Italia non siamo stati capaci nemmeno di copiare le misure intelligenti messe in atto da altri Paesi della Comunità Europea».



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