Integrazione possibile
Un poliziotto e un ragazzo rumeno tirano di boxe insieme. La situazione può sembrare irreale. Ma c' è una palestra a Milano, dove grazie al lavoro di volontari e educatori, l' integrazione si concretizza. Si tratta della Ursus di viale Umbria, dove si è deciso di aprire gli allenamenti anche ad adolescenti disagiati che partecipano gratuitamente ai corsi di pugilato. Uno sport, spesso a torto considerato violento, che invece può trasformarsi in un' occasione di scambio culturale offrendo un percorso di crescita. «Da molti la boxe è vista come aggressiva», spiega Stefano Bandini, 32 anni, maestro della Ursus. «Qui invece la pratichiamo con un altro spirito. Ma non solo. Abbiamo deciso di permettere ad alcuni ragazzi stranieri di allenarsi, un po' per allontanarli dalla strada e un po' per insegnare loro a dominare l' aggressività. Poi è anche una buona occasione per imparare la lingua e farsi degli amici». Ore 19.30. Ci si inizia a riscaldare prima di salire sul ring. Si prendono i guantoni e i paradenti e si fanno le flessioni. Nel gruppo anche due ragazzi rumeni, parlano poche parole di italiano. Sembrano intimiditi, poi basta un sorriso e si inizia a fraternizzare con i compagni. Per partecipare al corso non hanno dovuto pagare nulla, nemmeno per l' attrezzatura. In cambio, si chiede loro di dare una mano a sistemare la palestra, di aiutare nei giorni in cui sono in programma i match e di distribuire i volantini pubblicitari. A farli entrare in contatto con la palestra, alcuni educatori. «Lo sport è solo uno dei percorsi formativi, ma per i ragazzi è particolarmente importante perché insegna loro le regole della convivenza. Diciamo che è anche un buon deterrente per i fenomeni di bullismo perché permette di incanalare le energie», sottolinea Paolo Larghi, direttore dei servizi educativi della cooperativa La Strada. Così, se da un lato si sferra uno swing o si para un colpo, dall' altro si apprende anche che per stare con gli altri ci sono delle regole da rispettare. Importante, oltre all' ora di allenamento, è infatti tutto il contorno: «Ho notato che si tratta di una buona occasione per insegnare a prendere il biglietto dei mezzi, fare la borsa e tenere le proprie cose in ordine», racconta Francesco Casali, educatore del centro ambrosiano di Solidarietà. Non sempre però, l' esperimento riesce, come spiegano alla palestra: «La percentuale di insuccesso è alta: riusciamo a coinvolgere in pieno solo 1 ragazzo su 10, ma non ci perdiamo d' animo e continuiamo a lavorare». E chissà che un giorno uno di questi ragazzi non diventi un campione di boxe.
Marta Serafini
(29 gennaio 2012)
Fonte: Corriere della Sera
venerdì 3 febbraio 2012
Ursus, dalla strada al ring «Boxe per ragazzi disagiati»
Pubblicato da
Catalina Sava
alle
21:04
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