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domenica 17 luglio 2011

«Io, romeno, svento i furti nei supermercati»

Vive a Roma
11 luglio 2011
Michele Anselmi

Sebastian Chesaru

Genova - D’accordo, i romeni d’Italia non sono tutti così. Ma sono anche così. Come Sebastian Chesaru, de Medgidia, cittadina a un’ora di macchina dal Mar Nero. Ha 28 anni, quattro fratellastri, una bella faccia cotta dal sole, il fisico magro e scattante, due mani che paiono tenaglie. La sua storia vale la pena raccontarla.

Pensate. A 17 anni, per guadagnarsi da vivere, si arruola nella Legione Straniera; a 22 rimane ferito in una missione in Bosnia, tre pallottole in corpo; a 24 arriva in Italia, facendo avanti e indietro ogni tre mesi per quattro volte, disponibile ai mestieri più umili; oggi lavora a Roma in un piccolo team anti-taccheggio, ramo supermercati. E non di rado gli capita di beccare alla cassa connazionali lesti di mano coi quali deve parlare in italiano, senza troppo strapazzarli.
Come l’ho conosciuto? Una portafinestra di ferro, forzata dai soliti ignoti, non si apriva più bene. Il garagista mi segnala Sebastian e lui, in meno di un’ora, aggiusta tutto. Poi sistema lo sciacquone che perde, una presa elettrica a rischio, un tubo intasato di calcare. Incuriosito, gli chiedo: «Ma cosa fai per vivere?». Risposta: «Due settimane al mese svento piccoli furti in tre supermercati romani. A sei euro l’ora. Nelle altre due settimane mi arrangio con piccoli lavori di ristrutturazione.

Extra, nel mondo di Sebastian, significa compiti di sicurezza nei locali o nelle feste affollate. Giovedì sera l’hanno ingaggiato, con altri dieci, per l’inaugurazione di un casinò alle porte di Roma. Tra i vip è spuntata anche Alessandra Mussolini, la deputata che dichiarò guerra al film “Francesca” di Bobby Paunescu perché un personaggio, nella finzione, l’apostrofava come «una troia che vuole ammazzare tutti i romeni». Ne nacque una bruciante polemica, nel 2009, sulla quale Sebastian si limita a dire: «Certo, la signora Mussolini non è molto amata dalle mie parti. Ma era solo un film. E criticava anche il razzismo di certi romeni verso gli italiani».
C’è un che di neorealismo in questo giovane uomo dalla vita già satura di accadimenti. La sua fidanzata, Sara, vive ad Aversa, e chissà quando potrà raggiungerlo a Roma. «Per i suoi genitori resto sempre un romeno», sorride. I pregiudizi sono duri a morire, e del resto la cronaca nera troppo spesso parla romeno. Però Sebastian non si atteggia a vittima. Sarà perché, in fondo, è un uomo d’ordine. Cresciuto con i nonni, dopo la separazione dei genitori, allergico al ricordo del dittatore comunista Ceausescu che però «non meritava di morire così», poco indulgente con le leggi italiane, ritenute troppo morbide con chi delinque.
Dell’esperienza nella Legione Straniera non parla volentieri. Ha indossato il mitico képi bianco, col grado di caporal maggiore, dopo un faticoso training psico-fisico in una caserma di Lione. Tiratore scelto, fucile di precisione modificato. Col suo reggimento s’è ritrovato in Sudafrica, Somalia, Afghanistan, infine, nel settembre 2004, in quella maledetta Bosnia. Per lo più «missioni di recupero», non spiega bene di cosa, persone pare di capire, spesso pericolose, pagate da committenti inattesi, incluso un arcivescovo. Gli è capitato anche di uccidere, e non ne va fiero: un giovane kamikaze imbottito di C4 pronto a farsi saltare vicino a un convoglio. Il mestiere del soldato gli ha permesso di guadagnare anche 50-100 mila euro a missione. Ma, appunto, «era una roba da mercenari», sotto falso nome francese, con l’obbligo di mandare a memoria “La Marsigliese”. Otto mesi di ospedale a Londra e tre interventi al piede destro gli hanno fatto passare la voglia della divisa.

In confronto l’Italia è una passeggiata. Solo che è dura. Vive in periferia, dalle parti di Boccea, con altri cinque compatrioti, e ogni fine del mese è una scommessa. Sempre meglio dei primi anni italiani, passati a sudare l’anima nelle serre di Salerno o nei cantieri edili a sud della Capitale, infine come stalliere e giardiniere in una villa di Civita Castellana. L’anti-taccheggio è un buon impiego. Esibisce tessera e distintivo, anche se il suo ruolo consiste nel mimetizzarsi.
«Il mio lavoro è osservare tutti senza farmi riconoscere, fingo d’essere uno che fa la spesa» spiega. L’addestramento militare, però, è servito. Unito alla memoria visiva. «Vedo subito cosa scompare dai carrelli, che siano spaghetti o profumi, pasta per dentiere o sottaceti, pomodori o caramelle. Poi ci sono quelli che scartano le confezioni di cioccolata per mangiarla e bevono le bibite lasciando vuote le bottiglie. Facile riconoscerli: sono nervosi, vanno veloci, sudano, si guardano sempre attorno».
Il catalogo dei ladruncoli è infinito. Il piccolo zingaro Rom che nasconde le pile Duracell nelle scarpe, il giovane alcolizzato che ruba il limoncello, il pensionato che fa scivolare in tasca la busta di parmigiano, la signora che chiude in borsetta trucchi e rossetti. Sebastian li ferma all’uscita, con modi gentili, senza mai toccare nessuno, mostrando di aver visto e capito tutto. Colti sul fatto, di solito pagano e se ne vanno senza conseguenze. «La legge italiana è molto chiara in materia. C’è il rischio che ti accusino di sequestro di persona. Bisogna essere calmi, mai offendere, saper trattare con le persone recalcitranti e con quelle che si mettono a piangere». Sebastian parla proprio così, con proprietà di linguaggio. Dice «recalcitranti»; gli sfugge solo un «abbastanza buonissime» a proposito delle sanzioni contro chi ruba. In Romania per un portafoglio o due galline si va in galera, «in Italia, invece, è facile farla franca». Però il lavoro gli garba. Non gli piace, invece, essere pagato a ore, sogna lo stipendio fisso, in modo da potersi togliere qualche sfizio: una camicia in più, un cellulare nuovo, un personal computer. Essere romeno, anche per lui che in buona misura si sente italiano, non è facile. «Se sull’autobus parlo con mia madre al telefono vedo subito strane facce. Ma che ci posso fare? Non posso mica difendere tutti i romeni: ci sono quelli bravi e onesti e quelli ladri e violenti». Intanto ha ottenuto la carta d’identità italiana. Per il voto si vedrà.

Fonte: Il Secolo XIX

Citeste si:
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