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giovedì 12 agosto 2010

L’invisibilità che uccide. Perdonaci Carmen

Postato domenica 8 agosto 2010
di Katja Fitermann per l’Altracittà

Carmen Ghidescu, cittadina rumena nata a Iasi avrebbe compiuto 42 anni il prossimo 18 ottobre ma si è spenta lo scorso giovedì, a causa di una broncopolmonite, dopo un lungo calvario fatto di sofferenza, solitudine, indigenza e indifferenza.

Piazza Santa Maria Novella, casa a cielo aperto di Carmen
Voleva morire. O almeno così aveva più volte detto agli operatori e agli ospiti della struttura della Caritas in via del Porcellana, presso la quale era stata accolta lo scorso inverno. La stessa struttura dalla quale era stata poi allontanata circa un mese fa, a causa della ricaduta in una pesante dipendenza dall’alcool che gravava, inevitabilmente, sulle altre ospiti, tutte donne immigrate in situazione di difficoltà e alcune anche con figli piccoli.

Ha dormito tante volte in piazza Santa Maria Novella, sotto gli sguardi dei passanti (Carmen era una bella donna, ancora abbastanza giovane e terribilmente provata fisicamente per non passare inosservata); ma persone come lei, in questa società, diventano misteriosamente invisibili a tal punto da non sconvolgere nessuno e finire per scomparire dietro la bella architettura antica del centro storico di Firenze.

Eppure le richieste di aiuto, sia da parte di Carmen stessa che dagli operatori del Centro di Accoglienza della Caritas sono state fatte più volte, al Distretto per la Salute Mentale di Borgo Ognissanti, presso il quale era già stata presa in carico dalla dr.ssa Musacchia, al 118 (con segnalazione alle forze dell’ordine – a causa degli evidenti segni di violenza subita – senza risposte concrete ed efficaci a parte di nessuno).

Anche i ricoveri brevi in ospedale, con dimissioni immediate, in seguito alle violenze subite e allo stato di ebrezza, non sono stati sufficienti per evidenziare una situazione di grave pericolo di vita per lei, al punto da poter avviare un trattamento socio-sanitario obbligatorio per tentato suicidio, come invece dovrebbe accadere nel caso di pazienti a rischio di vita e/o incapaci di rispondere per se stessi.

Carmen era di nazionalità rumena e i rumeni non residenti – nonostante siano cittadini dell’Unione Europea – si trovano seriamente in difficoltà dal punto di vista sanitario nel nostro paese, impossibilitati ad avere un medico di famiglia e ad accedere a cure particolari, come può essere, ad esempio, l’inserimento in strutture sanitarie per curare la dipendenza di alcool. E’ importante inoltre sottolineare come sembrino esistere risposte sanitarie concrete per la tutela della salute mentale degli immigrati, anche se questi sono spesso a rischio a causa dell’immigrazione stessa e dei problemi ad essa collegati.

Lo scorso lunedì, Carmen era stata all’ospedale di Santa Maria Nuova per un forte dolore al torace, ma è poi stata dimessa perché non c’erano segni di traumi particolari e tre giorni dopo, lo scorso giovedì, Carmen è deceduta per broncopolmonite. Una morte prevedibile, date le precarie condizioni di salute psicofisica della straniera e il suo stato di emarginazione e indigenza (non mangiava più, dormiva per strada, spesso poco vestita, sdraiata su una panchina o sull’erba per circa quattro settimane).

L’invisibilità di Carmen, come l’invisibilità dei poveri di questa città di Firenze, è causata dalla nostra incapacità di riconoscere queste persone come individui con i nostri stessi diritti, uguali a noi (e chiamo in causa anche le Istituzioni pubbliche: forze dell’ordine, i servizi socio-sanitari, tutti!!!). Un’ invisibilità che uccide, annulla e cancella l’identità di tante persone! Una invisibilità colpevole, della quale nessuno può esimersi dalla propria responsabilità!

Se il corpo è il documento storico dei diseredati, poiché l’unica cosa di cui i poveri possono disporre, credo che la storia della nostra società civile debba passare attraverso la lettura accurata di questi corpi degradati e ignorati che costituiscono dei veri documenti storici viventi.

Fonte: AltraCittà

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