In Maternity Blues, l'attrice romena è una madre che ha ucciso il figlio. Un ruolo delicato, che porta sul grande schermo un tabù
di L. Farnese · 25 aprile 2012
«Le madri che hanno ucciso i figli vivono sospese, gli occhi lividi. Sono piccole, nei cappotti grandi. Dentro un dolore e un senso di colpa inconsolabili». Monica Birladeanu è una di loro, Eloisa, in Maternity Blues, il film di Fabrizio Cattani che, partendo dalla pièce From Medea di Grazia Verasani e dai dati Eurispes (nel 2010 in Italia ogni 20 giorni una madre ha ucciso un figlio) porta al cinema il buio più nero della depressione post partum con la storia di quattro donne assassine in un ospedale psichiatrico giudiziario come quello di Castiglione delle Stiviere (Mantova). Eloisa, il suo, l’ha soffocato con un sacchetto del supermercato.
Una parte delicata.
«Non l’ho accettata subito, perché non sono madre. Poi ho visto dei documentari. E sospeso ogni giudizio».
Monica Birladeanu, madre assassina in Maternity Blues di Fabrizio Cattani (Fabrice Dall'Anese)
Destino da attrice segnato alla nascita, il suo: si chiama Monica in onore della Vitti.
«In Romania c’era il comunismo, si parlava a voce bassa, le riviste duravano in casa anni. Papà ne amava una con lei in copertina. Poi da modella in uno spot un regista mi chiede “reazioni sottili, un pensiero appena, sul viso”. Lì ho capito che avrei voluto recitare».
Fonte: Vanity Fair
mercoledì 25 aprile 2012
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