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martedì 23 giugno 2020

I maturandi all’Alberghiero di Mondovì, “resilienti” tra frana e virus

I maturandi all’Alberghiero di Mondovì, “resilienti” tra frana e virus

Erano in terza quando l’Alberghiero è franato. Oggi sono i maturandi del Covid. Una frana e un virus dopo, non c’è dubbio: hanno vinto loro. I ragazzi orfani due volte: prima della loro scuola, il Giolitti di Mondovì sparpagliato su una decina di sedi, e poi di un sistema scolastico messo sotto chiave da più di 100 giorni. Elisa, Alessia, Alin, Dimitri: nessuno finora ha scelto la scorciatoia dell’orale a distanza. Tutti hanno voluto esserci e giocarsela dal vero. One shot. È questa la maturità 2020: cinque anni in un’ora.

In tanti sono arrivati soli. Anche qui il distanziamento ha sforbiciato gli affetti: uno per candidato. C’è chi si è portato il nonno, l’amico, la mamma. E chi non ha voluto far torti in famiglia. Alessia Cassino, 19 anni e un contratto in tasca in un hotel della dorata Sardegna, non ha voluto nessuno. Lei si misura solo con se stessa. «Ieri sera mi sono messa il cuore in pace e mi sono detta: ho dato il massimo, sono pronta» racconta mentre spegne l’ultima sigaretta, incrocia le dita e va incontro al suo domani. Dentro, prima della prova termometro, c’è uno spazio cuscinetto: «Lasciamo i ragazzi in attesa qualche minuto - spiega il vice preside Rudy Mamino - per evitare che con l’esposizione al sole il termometro rilevi una febbre che non c’è. Ne andrebbe del loro esame: un bel problema».

Poi i maturandi vengono scortati lungo i percorsi segnati a terra fino all’aula dove è riunita la commissione. Alin Ambarus è un aspirante cuoco. Pure lui con un contratto già in mano: a tempo indeterminato in un ristorante in Langa. L’anno scorso i suoi compagni si sono cimentati in cocktail all’azoto liquido e in meraviglie flambé. Quest’anno non si può: tutto è affidato solo alle parole. Quel che sai e quel che sei. Alin lo ha fatto capire perfettamente: spiegando cosa voglia dire essere un ragazzo romeno che si sente più italiano di altri, raccontando chi è Montale e cosa sia il testamento di un poeta - «Non chiedeteci la parola» - e dicendo a tutti che il caponet, piatto di cui il Piemonte va fiero, in realtà è pure romeno: quando la cucina è integrazione. Fuori dalla scuola c’è Elisa Bracco. La sua notte prima degli esami l’ha passata insonne. Ora deciderà se andare a Malta. Ringrazia i suoi prof: «Mi sono stati tutti vicini» dice con la tristezza di chi sa che il Covid ha tolto qualcosa alla sua generazione. Gli abbracci, la festa coi compagni, l’ultimo giorno di scuola. E poi? E chi lo sa: la storia mentre accade non sempre la riconosci.

di Chiara Viglietti
20 Giugno 2020 

Fonte: LA STAMPA

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