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domenica 24 ottobre 2010

Coltellate nella notte, Un morto e un ferito grave

Regolamento di conti per il mercato del sesso, albanesi colpiscono due romeni dopo aver devastato l'auto a bastonate

Arezzo, 21 ottobre 2010 - Era una notte di sogni e di coppa dei campioni, come quella cara a Venditti, è diventata un’altra notte violenta, di coltellate e di bastoni, di agguati e di sangue, quello di un morto e un ferito, entrambi romeni, rimasti sull’asfalto al termine dello scontro ad Olmo con una banda di albanesi. Gruppi, preferisce la questura che indaga, per evitare di dare il senso di un’escalation criminale, di una situazione fuori controllo che per fortuna non esistono.

Ma certo il clima si fa d’improvviso più teso, come ai tempi della sparatoria dell’Orciolaia (un altro morto e un altro ferito, stavolta albanesi), come ai tempi del conflitto a fuoco di Ponte alla Chiassa, sempre fra albanesi, che si concluse senza sangue, solo con una montagna di proiettili ritrovati la mattina nel piazzale di una fabbrica. E’ il fondo limaccioso di un’immigrazione impetuosa. La gran parte degli 11 mila stranieri che rappresentano ormai più del 10 per cento dei 100 mila abitanti di Arezzo è fatta di gente che lavora a testa bassa, ma ci sono anche i piccoli boss e i violenti che controllano a suon di coltellate o colpi di pistola i settori strategici della malavita, a cominciare dalla prostituzione.

Quel che sia successo nel parcheggio buio dietro il Trocadero, nel cuore di Olmo, è ancora difficile costruirlo. Testimoni oculari non ce ne sono, solo le vittime: Aran Catalin, 35 anni, il morto, e Dan Neculita, ricoverato in prognosi riservata al San Donato (è grave ma dovrebbe cavarsela) ritrovato dopo un quarto d’ora in via Tanaro, quartiere di Saione, altra zona a forte densità di immigrazione.

Erano le 23,15 e già a Olmo era scattato l’allarme. A darlo sono stati gli avventori del «Circolino», un circolo ricreativo che sta fra il piazzale e il Trocadero. Erano tutti davanti alla Tv, dove scorrevano i titoli di coda della serata di Champions League, quando intorno alle 23 hanno sentito dei rumori sospetti. Sono usciti per strada ma solo per scoprire nel parcheggio Catalin ormai agonizzante, con in gola solo qualche rantolo. Con l’ultimo fiato avrebbe fatto in tempo a dire: "Attenti, sono albanesi, hanno le pistole". Poi più niente, fino alla morte in ospedale di pochi minuti dopo.

Poco lontano, nel piazzale, un’Audi A4, probabilmente appartenente ai rumeni, devastata nella carrozzeria e nei parabrezza a bastonate. Una spedizione punitiva, insomma, o forse un regolamento di conti, quasi di certo legata al controllo del mercato della prostituzione. Terreno franco dopo che i vecchi padroni, anche loro albanesi, come i Kodra della sparatoria all’Orciolaia o i Pulay loro rivali nella notte di fuoco di Ponte alla Chiassa, sono finiti in galera. Qualcuno deve aver tentato di approfittare del vuoto di potere, nè è nato un conflitto risolto a bastonate e coltellate in una zona abitualmente frequentato da prostitute dell’est.

Secondo una prima ricostruzione il gruppo degli albanesi (quattro o cinque) si sono accaniti prima a mazzate sull’auto, poi si sono lanciati contro Catalin, che era insieme a Neculita e forse a un altro connazionale. Magari è cominciato come un appuntamento per chiarirsi ed è finito in scontro. Comunque sia, il rumeno ha provato a sottrarsi alla furia dei rivali scappando. Ha saltato una recinzione ma senza riuscire a scollarsi gli albanesi di dosso. Quasi subito la prima coltellata, alle spalle. Poi un tentativo di rialzarsi e riprendere a fuggire ma subito frustrato da altre coltellate. Stavolta letali.
Nel regolamento di conti ci ha rimesso anche Dan Neculita, raggiunto da altri colpi di arma da taglio. Lui però non è crollato a terra. E’ probabile che il terzo romeno lo abbia caricato in macchina e lo abbia portato fin sotto casa, in via Tanaro. Qui si è accasciato, qualcuno lo ha visto e ha chiamato il 118.

Intanto, le sirene delle volanti già riempivano il silenzio della notte verso Olmo. A seguire le lunghe ore delle indagini, condotte dalla squadra mobile. "Stiamo lavorando a tutto ritmo per fare luce su quanto è successo", si limita a dire il questore Felice Ferlizzi. A coordinare il lavoro il Pm di turno Elio Amato. Per tutta la giornata i testimoni si sono alternati negli uffici della questura. Italiani, ma soprattutto rumeni e albanesi. Nel tardo pomeriggio si respirava un clima di palese ottimismo, forse gli inquirenti hanno già individuato i responsabili, anche se prenderli è un altro paio di maniche. Ci sarebbe anche una superstimone dell’est: tutto lascia pensare alla scintilla nata da una donna, difficilmente etichettabile come una santa. Gli ambienti contigui alla malavita straniera sono sotto pressione. Una città intera vuole essere restituita alla sua realtà di capoluogo tranquillo, che non è mai stata terra di scorribande dell’immigrazione violenta.
Salvatore Mannino
Fonte: La Nazione
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Uomo ucciso. Condanna delle comunità romena ed albanese

Condanna da parte delle comunità romene ed albanesi sui fatti di criminalità commessi dai loro connazionali

Arezzo, 21 ottobre 2010 - "I fatti di cronaca nera che sono successi la notte di martedì nelle immediate periferie della citta, rendono necessaria una condanna netta e senza equivoci da parte nostra, di tutti i fatti di criminalità che vedono coinvolti nostri connazionali.'' Sono le affermazioni delle associazioni degli albanesi e dei romeni (Rat e Dacii) inviate attraverso un comunicato congiunto.

''Riteniamo - prosegue la nota - che la sicurezza dei cittadini tutti, sia una delle basi della convivenza civile. Nel condannare senza esitazione questi fatti, vogliamo ribadire ancora una volta che si tratta di minoranze esigue che con i loro comportamenti criminali infangano, soprattutto, anche le migliaia di connazionali che lavorano, studiano e vivono onestamente nel nostro territorio. Siamo fiduciosi che le forze dell'ordine riusciranno, con la professionalità e la correttezza che li contraddistingue, a mettere davanti alla giustizia i responsabili, e nello stesso tempo ci auguriamo che la giustizia italiana possa fare il suo corso".

"Le nostre due comunità - scrivono Rat e Dacii - hanno sempre collaborato tra di loro sia nel mondo dell'associazionismo, attraverso la realizzazioni di progetti comuni, cosi anche sul piano privato. Sono moltissime le unioni in matrimoni misti tra i cittadini e le cittadine dei due paesi. Vogliamo ribadire con forza che la violenza non ci appartiene e non fa parte della nostra cultura. Non dobbiamo confondere i criminali, che ci sono in tutti i paesi del mondo, con la stragrande maggioranza delle persone che compongono una comunità nazionale".

"Le nostre comunità faranno ancora di più sul territorio per permettere una conoscenza migliore, e una collaborazione fattiva che cerchi di istaurare un clima di fiducia e rispetto reciproco''.

Fonte:  La Nazione

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