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sabato 2 ottobre 2010

Quegli anni in cui i romeni eravamo noi

Venerdi, 1 Ottobre 2010

Prima degli italiani giunti in Romania negli anni '90 per aprire una fabbrica, altri nostri concittadini hanno cercato fortuna in quel paese, quando era una regione dell'impero austro-ungarico. Solo che facevano gli stessi lavori che ora i romeni vengono a fare in Italia: costruzioni di strade, ponti, edifici, lavoro nei campi, nell’agricoltura. Ricorda la loro storia Giulio Vignoli, nel suo libro Gli italiani dimenticati. Minoranze italiane in Europa (Milano, Editore Giuffré, 2000).
I documenti attestano una presenza italiana sul territorio romeno già dal XII secolo. Le corti principesche di Moldavia, Valacchia e Transilvania segnalano viaggiatori, missionari, dottori, avventurieri, architetti militari e civili, ingegneri, pittori, decoratori, musicisti, maestri di scherma, muratori, carpentieri, pietrai. Il periodo di maggior emigrazione in quel paese, però, risale nella seconda metà del XIX secolo, quando l’impero austro-ungarico vuole sfruttare le ricchezze del sottosuolo romeno (carbone, ferro, argento, oro e piombo). Nascono allora colonie in una parte della Transilvania con operai italiani: minatori, costruttori di rotaie e viadotti, taglia pietra, boscaioli. Al tempo stesso le aree coltivabili vengono estese, cosicché dal 1830 in poi sono richieste figure come agronomi, geometri, veterinari, meccanici. Si attesta in particolare in questo periodo l’arrivo di italiani dal Friuli. Ne parla il volume Emigranti friulani in Romania dal 1860 ad oggi, edito da L'Omino Rosso nel 2007. Si stima che nel periodo compreso tra il 1860 ed il 1920 in Romania siano arrivati circa 60.000 italiani di cui l’80% friulani. Gli altri provenivano da Emilia-Romagna, Lombardia, Puglia, Piemonte e Toscana.
Nel 1940, quando la Romania decise di entrare in guerra a fianco della Germania, tanti italiani sono tornati nel loro paese d’origine. Molti di quelli rimasti sono morti durante i bombardamenti del 1944 e dopo il conflitto, con l'arrivo dei sovietici; altri sono stati arrestati e a partire dal 1951 sono stati rimpatriati forzatamente 40.000 italiani. Le scuole, le chiese e le case delle comunità italiane sono state chiuse e i passaporti italiani sono stati confiscati. Gli italiani rimasti sono stati costretti a rinunciare alla cittadinanza italiana e molti, per paura delle repressioni, hanno bruciato tutti i documenti in lingua italiana.
Oggi si contano 7.000 romeni di origine italiana (in particolare dal Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia), divisi in 13 comunità disperse: Banat (Sebis, Otelerosu), Craiova, Bucarest (Ploiesti, Pitesti), Tulcea, Galati, Vrancea, Bacau (Targu Hocna), Iasi, Suceava, Brasov, Constanta, Petrusani, Targoviste.
Oggi gli italiani in Romania sono considerati una vera e propria minoranza etnica e sono rappresentati nel Parlamento romeno.

Fonte: GVOnline

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