La comunità romena si incontra e si racconta attraverso storie quotidiane, punti di vista, fatti di cronaca, appuntamenti e novità, per non dimenticare le radici e per vivere meglio la distanza dal paese natale.
Informazioni utili per i romeni che vivono in Italia, per conoscere le opportunità che la realtà circostante offre e divenire cittadini attivi.

Comunitatea Românească în Italia

Locul unde comunitatea românească se regăsește zilnic în știri, noutăți, mărturii, informații și sfaturi, pentru a nu uita rădăcinile și a trăi mai bine departe de țara natală. Informații utile pentru românii care trăiesc în Italia, despre oportunitățile pe care le oferă realitatea din jur și pentru a deveni cetățeni activi.

Bun găsit pe site! Benvenuto!

Comentează articolele publicate! Commenta gli articoli pubblicati!

domenica 18 settembre 2011

Romania, avanguardie sconosciute

12/09/2011 - Al Vittoriano una vetrina (sciatta) di artisti e movimentiRoma

E’ curioso, forse a causa della cortina di ferro (o dell’embargo di quanto non rientrava nell’ortodossia sovietica del realismo socialista) il silenzio confuso, un po’ ingiustificato e provinciale, che è sceso su tutto quello che è capitato in Romania, tra il fiorire delle avanguardie storiche e la fine del secondo dopoguerra. Un solo esempio, quasi una scommessa: chi saprebbe vincersi un premio, rispondendo sicuro che Victor Brauner, il pittore surrealista caro a Breton e celebre per le sue figure geometrico-sessuali, in stile Tanguy, non era parigino, come molti pensano e nemmeno tedesco, come spesso si legge, ma invece proprio rumeno? Curiosa, questa prolungata, significativa ignoranza caparbia, su quell’universo pur fervente.
E dire che la Romania nel campo dell’arte ha regalato al mondo degli innovatori autentici e ribelli, magari fuggiti di patria troppo presto, come Tzara e Brancusi, o come il «nouveau realiste» Daniel Spoerri, oppure un fotografo originale e colto quale Brassai. Innovatori veri che, senza retorica, han fatto parte rilevante della cultura del Moderno. Ed è difficile pensare il nostro '900 senza Tzara, o Brancusi o Jonesco, ma anche senza Marcel Jancu (o Janco) che ha collaborato intensamente al fiorire del movimento Dada, protagonista delle geniali serate al Cabaret Voltaire di Zurigo, insieme a un emigrato che non voleva mettersi troppo in luce, come Vladimir Ilijc Ulianov, meglio conosciuto come Lenin, che giocava a scacchi con il poeta Tzara. Tutto questo, ahimè, non si scopre né si può sospettare, vedendo la purtroppo diseguale rassegna, come sempre un po' trasandata, al Vittoriano, che però ha il merito, almeno, di sottolineare questa lacuna vistosa, che andrebbe colmata con più acribia.
Stupisce per esempio, che in mostra ed in catalogo, la divertente tela di Baltazar, dedicata ad un gruppo di signorine dall’aria condiscendente, che ricorda un poco il nostro Bonzagni, abbia titolo di I vagabondi o che il saggio critico principale contenga alcune imprecisioni allarmanti, sostenendo che il modernismo equivalga a un’arte conservatrice compromessa («miscuglio di modernismi moderati»: bell'ossimoro davvero) che alle durezze «tedesche» della Nuova Oggettività, che qui si fa sentire non poco (basta pensare ai ritratti di Eder) si possa giungere «scivolando armoniosamente», e che il decisivo apporto del dadaismo si possa prendere così sottogamba («aurora dadaista nata nei lunatici incontri del Cabaret Voltaire»).

Detto questo, una passeggiata tra pittori troppo sconosciuti, salvo ai maniaci della curiosità, come Radulescu, Max Herman Maxy, Elena Popeea (che ricorda un po’ Pascin), il materico fiammaggiante Theodulesco-Sion, il quasi informale Phoebus, o il naif-bizantino Michailescuy, che ricorda un poco il nostro Tullio Garbari, è comunque stimolante. Curioso per esempio che questo paese, che avverte la scossa dei Fauves, le innovazioni di Cézanne, l'influenza di Kupka (su Mattis-Teutsch) o di Derain, abbia poi tutto un nucleo di artisti paesani che assomiglia in modo incredibile ai nostri secessionisti sardi. Ma anche qui, peccato che di alcuni rivoltosi si mostrino solo le opere tarde di stanco, deviante «richiamo all'ordine», e di un importante rivoluzionario come Jancu, che è stato pure autorevole architetto, unicamente spompati cascami di umiliante ripiego.

I COLORI DELLE AVANGUARDIE
ROMA. COMPLESSO DEL VITTORIANO
FINO AL 15 OTTOBRE

Di Marco Vallora

Fonte: La Stampa

Nessun commento:

Posta un commento