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giovedì 17 giugno 2010

Immigrati sempre più simili agli italiani per studio e lavoro: il 77% ha un posto regolare

Indagine svolta dal Censis

Roma - (Adnkronos) -sono poco meno di 5 milioni e negli ultimi 4 anni sono aumentati di quasi 1,6 milioni (+47,2%). Il 40,6% è diplomato o laureato. Tra gli occupati prevale il tempo indeterminato e due terzi sono impiegati nel settore terziario. I settori privilegiati sono la ristorazione, l'edilizia e l'assistenza domiciliare.

Roma, 17 giu. - (Adnkronos) - Sempre più simili agli italiani. Vivono nel nostro Paese da 7 anni, hanno titoli di studio e una retribuzione di 800 euro al mese. Questo il ritratto degli immigrati che lavorano in Italia, emerso dall'indagine svolta su un campione di circa 16 mila stranieri da Ismu, Censis e Iprs per il ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. I dati sono stati resi noti oggi a Roma durante il convegno di presentazione del rapporto.

Secondo lo studio, la società italiana è sempre più multietnica. Gli immigrati, infatti, sono poco meno di 5 milioni e negli ultimi 4 anni sono aumentati di quasi 1,6 milioni: un incremento che fa segnare un +47,2%. Questo implica una crescita dei residenti pari al +56,5% . Gli irregolari sono invece 560 mila: l'11,3% degli stranieri presenti sul nostro territorio.

A livello di studi e professionale italiani e stranieri non sono poi così distanti: il 40,6% degli immigrati, ad esempio, è diplomato o laureato, rispetto al 44,9% degli italiani. A livello lavorativo un terzo degli immigrati, il 32%, ha lavorato in nero; mentre oggi vive la fabbrica. Altri, il 21%, si sono trasformati in colf o badanti e il 16% presta servizio in alberghi o ristoranti. Il 77% dei maggiorenni svolge un'attività lavorativa regolare. Più di due terzi sono impiegati nel settore terziario; mentre nei servizi e nel commercio sono rispettivamente il 40,7% e il 22,5%.

Tra le figure meno diffuse quelle più qualificate: le professioni intellettuali sono solo il 2,4%, gli operai specializzati che superano di poco il tetto dei due punti percentuali, i medici e paramedici l'1,7%. Quasi assenti i titolari di impresa sono quasi e i tecnici specializzati, con lo 0,5% e lo 0,2%.

Tra i lavoratori sono in maggioranza gli occupati a tempo indeterminato (il 49,2% del totale), il 24,8% ha un impiego a tempo determinato, il 9,7% svolge un lavoro autonomo o ha un'attività imprenditoriale. La metà degli immigrati che lavorano in Italia dichiara di percepire una retribuzione netta mensile compresa tra 800 e 1.200 euro; il 28% ha un salario inferiore, compreso tra 500 e 800 euro; il 3% guadagna meno di 500 euro. Solo il 13,3% ha una retribuzione netta mensile che va da 1.200 a 1.500 euro, e appena l'1,2% guadagna più di 2.000 euro.

I risultati dell'indagine sfatano il mito secondo il quale gli immigrati sono coinvolti in forti processi di mobilità sociale: l'Italia non è l'America per loro. Prevalgono infatti i percorsi di mobilità orizzontale: il 66,6% dei cambiamenti di lavoro non determina una modifica sostanziale della loro posizione sociale. Solo nel 21,5% dei casi si verificano percorsi di mobilità ascendente che permettono la scalata sociale; nell'11,9% il cambiamento porta addirittura a un peggioramento della propria condizione lavorativa.

I fenomeni di dequalificazione professionale e mobilità discendente risaltano ancora di più se si considera che il 59,8% degli stranieri che lavorano in Italia aveva già una occupazione nel Paese di origine. Le carriere lavorative degli immigrati sono composte da una sola esperienza di lavoro (nel 33% dei casi) o al massimo due (40,4%), il 19,2% dichiara di aver cambiato tre impieghi e soltanto il 7,4% quattro o più occupazioni.

Generalmente le loro esperienze di lavoro si concludono a seguito del presentarsi di un'offerta più vantaggiosa (39,9%), per il mancato rinnovo di un contratto a tempo determinato (17%), a causa di un licenziamento (16%) o a seguito della chiusura dell'azienda presso la quale sono impiegati (4,6%).

Fonte: Adnkronos IGN

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