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mercoledì 31 agosto 2011

«Farò il giro del mondo, senza gambe si può»

Mihesa Ioan, romeno, in questi giorni è ospitato da Don Goccini e racconta «Ho capito qual è la mia missione: fare questo viaggio e scrivere un libro»
Per favore, scrivi bene come sono stati gentili con me questi signori di Reggio». Detto, fatto. A parlare è Mihesa Ioan, rumeno, 54 anni, senza una gamba dal 1995 e senza due dal 1996 a causa di un problema di arteriosclerosi. Segni particolari: determinato. E’ sua ferma intenzione quella di compiere un viaggio intorno al mondo a bordo della speciale carrozzina che si è costruito da solo («perché io prima ero meccanico») che lo ha portato a sostare davanti all’Oratorio Don Bosco in via Adua dove Don Giordano Goccini lo ha notato avvicinandolo poi per chiedergli se fosse tutto a posto. E tutto a posto lo era perché il viaggio di Mihesa è fatto proprio così: mangiare, viaggiare e dormire sulla sua carrozzina portando con sé due quaderni di lettere e saluti delle persone che ha incontrato lungo il cammino. Confrontarsi con lui non è facile, un po’ per via della lingua (parla rumeno, qualche parola di francese, qualcuna di inglese e qualcosa di italiano) e un po’ perché un incontro così non può non spiazzarti. Un’ondata di semplicità e forza che ti disarma, facendoti rivedere l’ordine dei tuoi “problemi”.
Mihesa, ma chi gliel’ha fatto fare?
«Quando mi hanno amputato anche la seconda gamba mi sono sentito finito, a chi potevo essere utile così? Mi sono ritrovato a pregare un giorno, sono rotodosso, e ho capito cosa potevo fare per essere di nuovo utile alla mia famiglia, una moglie e due figli, cioè fare il giro del mondo e scrivere un libro sul mio viaggio, che spero entri nel Guinnes dei primati. Ho iniziato da Belgio e Francia, ma sono dovuto rientrare per la rottura di un braccio: poi sono ripartito e ho girato tutta l’Europa, il Nord Africa e l’America del Nord e del Sud. Mi fermo tre giorni a Reggio poi scenderò in Sicilia, quindi passerò in Tunisia e da lì proseguirò alla volta di Libia, Pakistan e India fino all’Australia».
Ma fare un viaggio così a bordo di una carrozzina che si muove soltanto pedalando con le braccia è pressoché impossibile.
«Non è vero, posso fare molta strada così, come in bicicletta. E poi trovo sempre qualcuno che mi aiuta, come è successo a Reggio. Ovviamente non faccio tutto solo con le mie braccia, i mezzi pubblici possono prenderli tutti».
Ma non ha paura a dormire all’aperto?
«Non ho paura, cosa possono farmi? Non ho quasi nulla con me. Il problema è il caldo, e anche lavarsi non è facile, anzi. In più la polizia che vedendomi dormire nei parchi ogni tanto mi manda via come se fossi un clochard».
Lei è molto coraggioso...
«Non è coraggio, è necessario che io concluda il mio viaggio. Tutti sanno fare un viaggio per il mondo negli hotel e muovendosi sulle proprie gambe, io voglio fare vedere il mondo dal basso, perché dal basso ci vivo. E’ faticoso, ma incontro molte brave persone. Mi dispiace solo che gli stessi rumeni, quando vedono la bandiera blu, gialla e rossa sulla mia carrozzina, si voltino dall’altra parte come se fossi matto: pensate che a Parma sono stati cinque ragazzi di colore ad aiutarmi quando mi si è forata una gomma. Ho amici in tutto il mondo e con il telefonino sono sempre in contatto con casa». Per chi volesse contattare Mihesan la sua mail è ioanmihesan@yahoo.com
Francesca Manini
28 agosto 2011

Fonte: Gazzetta di Reggio

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