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domenica 8 settembre 2019

Il giorno della marmotta di Serena


08/09/2019

Quando l'11 settembre 1999, battendo Martina Hingis per 6-3 7-6, Serena vinse il suo primo slam sullo stesso campo della finale di oggi, Bianca era solo l'urgente progetto d'amore dell'ingegner Nicu Andreescu, romeno, che aveva appena trovato un lavoro in Canada, e di sua moglie Maria, laureata in economia a Brasov, che l'aveva seguito nella comune prima breve avventura oltreoceano. La loro
bambina sarebbe nata nove mesi e cinque giorni dopo a Mississauga, in Ontario. La famiglia fece poi ritorno al paese d'origine, dove rimase giusto il tempo per far impugnare a Bianca una racchetta, a sette anni, e scoprire che nessun'altra colpiva la palla meglio di lei. Infine, la decisione del definitivo trasloco nell'area di Toronto, dove la futura vincitrice dell'Us Open 2019 cominciò a pensare, a undici anni, che forse il tennis sarebbe stato la sua vita. La sua prima eroina fu Kim Clijsters. Poi vennero le sorelle Williams e, ovviamente, Simona Halep, la più forte romena di sempre, campionessa degli ultimi Championships.

A 19 anni Bianca si sente tanto canadese quanto romena, ma ha optato per la nazionalità del paese nordamericano. Di suoi connazionali, però, oggi non ce n'erano a sufficienza sulle tribune dell'Arthur Ashe Stadium per contrastare il tifo a favore di Serena, che nel secondo set è risultato il propellente della rimonta dell'americana da 5-1 al 5 pari. Confermando quanto ha mostrato nella brevissima carriera - che l'ha vista perdere la sua prima finale WTA a Auckland a inizio gennaio e poi trionfare a Newport Beach a fine mese, a Indian Wells in marzo e a Toronto in agosto -, Andreescu oggi ha giocato con autorevolezza, forzando quand'era necessario e cambiando spesso ritmo con l'obiettivo di togliere punti di riferimento a Serena. Il risultato finale a suo favore, 6-3 7-5, è sincero: il tennis più efficace e meno tremebondo è stato il suo, ha dominato il primo set e non s'è fatta intimidire quando è stata raggiunta nel secondo.

Serena, oggi sottotono e molto fallosa, sta vivendo un'esperienza simile a quella di Bill Murray in uno dei film più divertenti di sempre, "Groundhog Day" (il giorno della marmotta): per lei la finale di slam si ripropone sempre uguale, con una sconfitta in due set che la lascia tramortita. Rientrata nel circuito qualche mese dopo aver partorito Alexis Olympia, che ha appena compiuto due anni, a Serena è accaduto quattro volte consecutive di cedere nell'ultimo match: nel 2018 a Wimbledon con Angelique Kerber e a Flushing Meadows con Naomi Osaka, quest'anno negli stessi major con Simona Halep e con Andreescu. Un incubo che ha come risultato accessorio l'impossibilità di pareggiare il record di 24 slam vinti detenuto da Margaret Smith Court dagli anni Settanta. Se non riuscirà nell'impresa nel prossimo futuro (ed è sempre più difficile: a breve avrà 38 anni), non metterà il sigillo definitivo alla risposta al ricorrente quesito su chi è la più forte campionessa della storia.

Tutto il resto, compreso il mancato incasso dell'assegno di 3,85 milioni di dollari che tocca a chi alza a New York la coppa di Tiffany, conta davvero poco per Serena. Così come conta poco, almeno in queste ore, aver confermato anche stavolta di essere un'atleta e una persona che merita l'affetto e il rispetto di milioni di fan. Ha dichiarato recentemente: "Io sono quello che sono, una persona che ruggisce, urla, si lamenta, piange e combatte. Metto estrema passione in quanto faccio. A 17 anni pensavo di smettere a 28 o 29 anni per poter fare quel che più mi sarebbe piaciuto. Invece sono ancora qui a giocare a questo livello con nuove fantastiche avversarie. È bellissimo così".

Intanto, da debuttante assoluta nel main draw e poi vincitrice degli Us Open, Bianca Andreescu sta scalando rapidamente il ranking WTA: numero 152 a inizio stagione, da lunedì sarà ufficialmente numero 5 al mondo. Anche se nel frattempo ha dovuto disertare molti appuntamenti a causa degli infortuni, al momento è la numero 4 della speciale classifica Race, che tiene conto solo dei risultati dal primo gennaio in poi, dietro Ashleigh Barty, Halep e Karolina Pliskova e prima di Serena, Petra Kvitova e Naomi Osaka. Tutte giocatrici che in termini di maturità e sicurezza hanno qualcosa da imparare dalla giovanissima collega. Vedremo se il tempo ci farà cambiare idea. O no.

di CLAUDIO GIUA
Fonte: laRepubblica

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