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giovedì 8 aprile 2010

La Lezione romena di Ionesco sul potere

Giovedì 08 Aprile 2010
Eleonora Tedeschi

Horaţiu Mălăele

Davanti al teatro sono più le persone che parlano romeno di quelle che parlano italiano. Il motivo è semplice: al Puccini di Firenze sta per iniziare un evento internazionale che vede ospite il Teatro Nazionale di Bucarest nella messinscena de “La Lezione” di Eugène Ionesco. Il Teatro Nazionale I. L. Caragiale di Bucarest, fondato nel 1852, è una delle istituzioni più prestigiose della Romania, e all’interno della sua scuola si sono formati i maggiori interpreti di tutti i tempi. Arriva in Italia nell'ambito di un progetto internazionale realizzato da Catalyst e Regione Toscana in collaborazione con il Teatro Puccini e il Comune di Barberino di Mugello, per portare in scena uno dei capolavori tragicomici del drammaturgo di origine romena.

Insieme alle attrici Aylin Cadîr e Natalia Călin, Horaţiu Mălăele, uno dei maggiori rappresentanti del teatro romeno, regista e protagonista della pièce, ha visto nella “Lezione” di Ionesco “una farsa tragica che denuncia tanto l’assurdità delle tesi uniche ed esclusiviste, il linguaggio come strumento del potere, quanto il rapporto letale tra sessualità e dittatura”.

La scena, piuttosto scarna, è volutamente spettrale, così come i personaggi dai volti bianchi. La storia è tanto paradossale quanto grottesca. Una lezione privata, un maestro, timido e balbettante, un'allieva - abitino bianco leggero e la vivace spregiudicatezza tipica delle ragazzine - e una governante dal sedere enorme che si muove lenta e a fatica. Tutto sembra procedere piuttosto normalmente, tra domande del professore e risposte più o meno sicure e sensate dell’allieva, quando - a poco a poco - qualcosa inizia a cambiare nel rapporto tra i due, da principio impercettibilmente, poi in maniera sempre più decisa e definitiva.
L’insegnamento diviene infatti esercizio di potere, che si mette in moto attraverso un linguaggio che sempre più diventa puro gioco di parole. Ed ecco che l’azione, da piuttosto convenzionale, inizia ad evolvere in modo sempre più bizzarro, prendendo una piega abnorme e diventando un’amara riflessione sulla condizione umana, sull’incomunicabilità e la falsità nei rapporti. La lezione, che spazia dall'aritmetica alla filologia, sottende, nel gioco didattico, una tensione erotica che si gonfierà fino a scoppiare in un esito macabro e fatale. Una lezione che è del tutto assurda, sia nella mediocrità intellettuale di una ragazza che aspira al dottorato ma non riesce a fare le sottrazioni, che negli insegnamenti vaghi del professore.
Tra un meccanismo grottesco sempre più inquietante, l’azione si sviluppa in un ribaltamento graduale degli atteggiamenti iniziali dei due. La ragazza dell’inizio ben educata, sveglia e dai movimenti vivaci, lascia il passo gradualmente a una giovane che va perdendo il suo sorriso e la sua sicurezza, la voce le si fa sempre più cupa, triste e stanca. Diventa sempre più passiva e inerme nelle mani del professore. E lui, timido, balbettante e molto corretto all’inizio, inizia a mostrare un bagliore “particolare” negli occhi. Diventa così sicuro di sé, aggressivo ed attivo, fino a sovrastare del tutto la ragazza e a dare libero sfogo a un’esasperazione diventata incontrollabile. Una tensione che si allenterà solo alla fine, col ritorno in scena della domestica, quando si scoprirà di assistere ad una situazione ormai più che collaudata e destinata a ripetersi.

Lo spettacolo è recitato in romeno con i sovratitoli in italiano; evidente, quindi, che il pubblico romeno si goda di più lo spettacolo di quello italiano. Ride di gusto, mentre noi spesso rimaniamo un po’ sospesi tra la scena e la lettura, con la netta sensazione di perderci qualcosa.
Gli interpreti sono comunque bravissimi, in particolare Horaţiu Mălăele, che esprime al massimo, in questa pièce, le sue doti di attore comico dalle forti capacità mimiche e vocali.

Fonte: KLP Teatro.

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