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lunedì 23 giugno 2008

Dodicimila romeni hanno lasciato il Piemonte

Repubblica — 22 giugno 2008
L' appello è risultato quasi deserto: alle 14 erano passate meno di duecento persone. Colpa del cambio all' ultimo del luogo dell' incontro, che doveva essere il PalaFuksas in piazza della Repubblica e che invece è stato il cortile del Maglio. Trecento metri che potrebbero aver distolto, nonostante i cartelli, gran parte dei romeni interessati alla «borsa del lavoro». «Ma questo non vuol dire che i romeni non vogliano tornare al loro paese - ha spiegato Aurelia Mirita, che a Torino ha fondato l' associazione romena Fratia - Già l' anno scorso abbiamo assistito a un flusso di ritorno di 12mila persone dal Piemonte». Merito delle condizioni di vita in Romania migliorate e del bisogno di manodopera per realizzare opere e infrastrutture. Quello al cortile del Maglio è stato il terzo appuntamento, dopo quello di Roma di febbraio e in Spagna ad aprile, in cui imprese, ministero del Lavoro e Agenzia nazionale per l' occupazione della manodopera della Romania propongono occasioni di lavoro in patria per romeni emigrati all' estero. Ventimila posti di lavoro «in palio»: ci sono anche imprese italiane, come Pirelli e Natuzzi, che hanno delocalizzato i loro stabilimenti in Romania. Secondo le stime del ministero sarebbero necessari oltre 80mila lavoratori. Di qui la proposta di tornare in patria ai connazionali arrivati a Torino. Una proposta che molti valutano positivamente: si informano sul trasferimento dei contributi pensionistici, sulla possibilità di trasferire l' assistenza sanitaria, sul riconoscimento dei titoli di studio. Chi passa lascia un curriculum, poi si vedrà. A Roma su mille persone che erano andate all' appuntamento con la «borsa del lavoro», un centinaio avevano ottenuto un contratto nell' edilizia. Ma a Torino i posti spaziavano nei campi più diversi dal commercio alle telecomunicazioni, al terziario. Stephan ha 39 anni e da 19 è fuori dal suo paese: «Sono stato in Israele, in Germania e da cinque anni sono in Italia - racconta - Tornerei volentieri perché qui non ce la faccio più a vivere: mia moglie è badante, io sono saldatore, in due prendiamo duemila euro ma tra il mutuo della casa, l' asilo nido e altre cose non è facile arrivare a fine mese. Il problema è che la maggior parte dei lavori in Romania sono in città, mentre la mia casa è in campagna, vicina al confine. E allora prima di pagare un' altra casa là ci devo pensare bene». Indecisi anche due genitori: «Siamo venuti qui per nostro figlio che sta prendendo il diploma e vorrebbe fare l' università in Romania - raccontano - Siamo venuti a informarci se è meglio per lui restare qui o tornare là. Intanto lasciamo anche i nostri curriculum, non si sa mai». (fe. cr.)
Fonte: La Repubblica

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