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martedì 3 giugno 2008

Le regole per il soggiorno dei comunitari e dei loro familiari in Italia


Cittadini UE in Italia
Pubblicata il 03/06/2008

D: Mi risulta che per i cittadini comunitari che soggiornano in Italia da più di tre mesi non siano più tenuti a richiedere la carta di soggiorno in quanto si applica l’art. 9 del D.Lgs. 30/2007, che prevede l’obbligo di iscrizione all’anagrafe del comune. Questa informazione è corretta? Resto in attesa di un cortese riscontro. Cordiali saluti
R: Con l’entrata in vigore del D. Lgs. n. 30 del 2007 la normativa italiana si è resa conforme a quella europea grazie alle agevolazioni all’ingresso e al soggiorno in Italia dei cittadini dell’Unione europea e dei loro familiari, ivi compresi neocomunitari rumeni e bulgari.

La materia del soggiorno dei cittadini comunitari e dei loro familiari è stata ampiamente riscritta dal Decreto Legislativo 30/2007 pubblicato in Gazzetta Ufficiale 27 marzo 2007 e che è entrato in vigore l’11 aprile 2007.A tale riguardo il Ministero dell'Interno ha precisato, con la Circolare del 6 aprile 2007, n. 19 le procedure per i cittadini dell’UE e per i loro familiari in caso di soggiorni in Italia superiori ai tre mesi.
Tali soggetti possono quindi godere del diritto alla libera circolazione e al soggiorno in uno Stato Comunitario, e sono:
a) il cittadino di uno Stato dell’UE che si reca o soggiorna in altro Stato membro del quale non ha la cittadinanza;b) i suoi familiari, intesi come il coniuge, il partner che abbia contratto un’unione registrata sulla base della legislazione di uno Stato membro ed equiparata al matrimonio ai sensi di quella legislazione nazionale e il partner con cui si abbia una relazione stabile attestata dalla Stato del cittadino comunitario;c) i discendenti diretti di età inferiore a 21 anni (e non più i 18 anni indicati dal DPR 54/2002) a carico e quelli del coniuge o del partner;d) gli ascendenti diretti a carico e quelli del coniuge o del partner e a ogni altro familiare a carico o convivente o che debba essere assistito per gravi motivi di salute (artt. 2 e 3 del Dlgs. 30/2007).
Il citato D.Lgs. ha così ampliato la precedente nozione di «familiare» introducendo un’equiparazione tra lo status di coniuge e quello di partner con il quale il cittadino comunitario ha contratto un'unione registrata sulla base della legislazione di uno Stato membro, ipotesi che attualmente è riconosciuta dalle legislazioni di molti Stati europei - come la Francia per citare solo un esempio - ma non da quella italiana.Inoltre nel caso di un partner che intrattenga una relazione stabile debitamente attestata con un cittadino comunitario, lo Stato dovrà esaminare le situazioni singolarmente e verificando la natura del rapporto deciderà se tale rapporto può essere assimilato ad una «relazione stabile debitamente attestata» pur in assenza di un’unione registrata secondo la legislazione nazionale.
Cambi di direzione inoltre sul fronte delle formalità richieste per il soggiorno: per i cittadini comunitari che soggiornano in Italia per un periodo superiore ai tre mesi infatti non è più previsto l’obbligo di richiedere la Carta di soggiorno e l’unica formalità amministrativa da espletare è l’iscrizione anagrafica (art. 9).L’iscrizione anagrafica nel Comune di residenza del familiare comunitario già soggiornante in Italia avverrà attraverso la mera presentazione di un documento d’identità, del passaporto in corso di validità, del visto di ingresso se richiesto, di un documento attestante la qualità di familiare comunitario o di familiare a carico e dell’attestato della richiesta di iscrizione anagrafica del familiare cittadino comunitario.
Nel caso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo o subordinato, oltre alla documentazione richiesta per l’iscrizione anagrafica, deve essere prodotta anche la documentazione attestante l’attività lavorativa esercitata e la stessa Circolare del 6 aprile 2007 ha precisato che per i cittadini dei Paesi neocomunitari (Romania e Bulgaria) è restato in vigore fino al 1 gennaio 2008 il regime transitorio di limitazione della libera circolazione, salvo per quei settori produttivi già pienamente liberalizzati (agricolo, turistico - alberghiero, domestico e di assistenza alla persona, edilizio, metalmeccanico, dirigenziale e altamente qualificato); negli altri casi l’ingresso è subordinato alla richiesta dell’apposito nulla osta al lavoro rilasciato dallo Sportello Unico per l’Immigrazione della Prefettura.Qualora invece il soggiorno in Italia non sia connesso ad attività lavorativa, di studio o di formazione professionale, il cittadino comunitario è tenuto a dimostrare di avere risorse economiche sufficienti per il proprio sostentamento e quello dei familiari e di aver stipulato una polizza assicurativa per la copertura delle spese sanitarie.
Se infine il soggiorno in Italia deriva da motivi di istruzione o formazione professionale occorrerà produrre la documentazione attestante l’iscrizione presso un istituto pubblico o privato riconosciuto, unitamente alla disponibilità di risorse economiche e alla titolarità di una polizza di assicurazione sanitaria.La nuova disciplina svincola pertanto il diritto al soggiorno in Italia allo svolgimento di un’attività lavorativa o formativa prevedendo l’assoluta libertà di movimento e di stabilimento sul territorio nazionale a condizione che il cittadino comunitario disponga di mezzi adeguati senza dover così gravare sulle risorse previdenziali statali.Entro 30 giorni dalla richiesta dell’interessato, è il Comune di residenza a rilasciare ai cittadini dell’Unione l’attestazione del soggiorno permanente (nel caso di familiari extracomunitari la domanda va presentata alla Questura).
La continuità del soggiorno, attestata dall’iscrizione anagrafica dell’istante, non è pregiudicata da assenze non superiori complessivamente a sei mesi l’anno, da assenze di durata superiore ma giustificate dall’assolvimento di obblighi militari ovvero fino a dodici mesi consecutivi per motivi rilevanti quali gravidanza, maternità, malattia grave, studi o formazione professionale, distacco per motivi di lavoro in un altro Stato membro o in un Paese terzo.L’assenza superiore a due anni consecutivi fa invece scattare la perdita del diritto e l’emanazione del provvedimento di allontanamento della persona interessata. Trascorsi cinque anni di permanenza continuativa, i familiari stranieri non aventi cittadinanza comunitaria hanno diritto a chiedere la Carta di soggiorno permanente per familiari di cittadini europei, presentando domanda alla Questura del luogo di residenza.Infine il Decreto disciplina la conservazione del diritto di soggiorno in tutti quei casi nei quali mutano successivamente al trasferimento del cittadino comunitario interessato o del suo familiare le condizioni per le quali si trovava in Italia.
Fonte: Lavoro.Newsfood.

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