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sabato 14 giugno 2008

Migranti romeni in Italia, dati e discriminazioni


[13 Giugno 2008]
«I romeni, che in Italia erano appena 8.000 nel 1990, sono andati continuamente aumentando, fino a diventare un milione circa all’inizio del 2008», si legge nel nuovo rapporto curato da Franco Pittau [responsabile del Dossier statistico immigrazione], Antonio Ricci e Alessandro Silj, «Romania. Immigrazione e lavoro in Italia. Statistiche, problemi e prospettive», edizioni Idos. Il volume, il terzo della Caritas italiana dedicato all’immigrazione dall’est Europa, è uno studio del mondo romeno in Italia. Attraverso dati e statistiche i curatori del libro danno una risposta reale alla «problematica» romena; cercando di uscire dalle banalizzazioni stereotipate attuate dai media e dalla politica istituzionale. Banalizzazioni che troppo spesso si riflettono negli atteggiamenti del cittadino italiano. «Le società – spiega il dottor Alessandrini, rappresentante del Cnel, alla presentazione del dossier – non reggono sulla creazione del nemico, col rifiuto a priori dell’altro. Le società che fanno questo si disintegrano. Non serve buonismo, serve rigore e un ripensamento della Bossi Fini, che crea irregolarità; l’Italia ha gravi ritardi in termini di politiche di integrazione; pensiamo alla classe politica, che porta avanti la campagna delle espulsioni… è una politica irrazionale. Invece che accogliere positivamente l’immigrazione la respingiamo, e sì che ne avremmo bisogno, al livello demografico e lavorativo ad esempio. I politici invece che fanno? Pensano a come cacciarli, gli stranieri. Dobbiamo imparare a convivere, altrimenti si arriverà a un conflitto, di tipo sociale, che avverrà nei quartieri, nei condomini e nei palazzi». L’Italia, assieme alla Spagna, è il paese con la percentuale più alta di romeni nel territorio. Secondo Alessandro Silj «Non è un’invasione, sono le leggi del mercato». Si chiama globalizzazione. Moltissime aziende italiane, attirate dalla Romania [paese dal lavoro a basso costo], hanno delocalizzato le strutture produttive, pur mantenendo in patria il centro della direzione commerciale. In Italia, gli immigrati, coprono i due terzi del fabbisogno di nuova forza lavoro; i romeni che lavorano in Italia sono moltissimi [uno ogni sei stranieri] e garantiscono l’1,2 per cento del Pil italiano. Nonostante l’alto livello di preparazione, quattro su dieci hanno completato l’istruzione secondaria e un altro 11 per cento l’istruzione universitaria [tra gli italiani solo il 33 per cento ha una formazione superiore], i migranti provenienti dalla Romania trovano sbocco soprattutto nell’industria, nel terziario [una donna su quattro ad esempio lavora nel settore dell’assistenza alle famiglie] e nell’agricoltura. Non contando chi lavora in nero. Un caso particolare sono le badanti. L’Italia, ormai è noto, è un paese che invecchia rapidamente, le politiche sociali per le famiglie, i minori e gli anziani sono affidate sempre di più a servizi privati. Spesso i figli scelgono, per i propri genitori, donne provenienti dai paesi dell’est. Le stesse che vengono disciminate da molti italiani. Secondo don Vittorio Nozza, presidente della Caritas italiana, «lLe consideriamo lavoratrici indispensabili ma non le vogliamo. Quando finisce il lavoro tornano a essere ’immigrate’». L’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali ha tracciato un quadro delle più ricorrenti situazioni di discriminazione e disparità, dove il romeno appare più vittima che carnefice: la diffusione di un’informazione tendenziosa sui fatti nei quali sono coinvolti; la mancanza di informazione, di assistenza legale e di formazione a beneficio dei romeni che arrivano in Italia; lo sfruttamento sul luogo di lavoro, specialmente nel settore edile [primato dei romeni negli infortuni mortali e molestie sessuali subite dalle donne durante l’accudimento]; il perseguimento della sicurezza pubblica con atteggiamenti spesso intimidatori; il riscontro di difficoltà burocratiche e di atteggiamenti ostili tra gli operatori pubblici con il conseguente ostacolo ai romeni nella fruizione dei servizi sociali; la persistenza di specifiche difficoltà al momento di procedere alle iscrizioni anagrafiche. Eppure, nonostante la forte discriminazione, il 52 per cento dei romeni ha una buona opinione degli italiani, mentre il 65 per cento degli italiani non vorrebbe un romeno in casa. In seguito all’omicidio di Giovanna Reggiani le cose sono peggiorate, drasticamente; il 60 per cento dei romeni si sente ancora più discriminato. Don Nozza aggiunge: «Se i romeni sono rom le cose vanno ancora peggio… gli italiani vogliono colpire un popolo per punire pochi. Purtroppo anche la politica si accanisce contro chi viene da un altro paese. Pensiamo al pacchetto sicurezza. La Caritas nutre parecchie riserve in proposito. La repressione non va bene». Che stia bene o no agli italiani e ai loro politici il dato è certo, la maggioranza dei romeni vuole rimanere in Italia; basti pensare che a Roma, nel 2007, sono stati 10.000 gli acquisti di immobili da parte di romeni. Volenti o nolenti, l’Italia è un paese con un forte tasso d’immigrazione.
Fonte: Carta.

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