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domenica 19 dicembre 2010

La ragazza romena morta bruciata «Molti punti oscuri vanno chiariti»

Cosenza (12/12/2010)
Non s'arrende la difesa di Francesco Franzese, condannato a 30 anni
Gaetano Vena
PAOLA

Ricorre in Appello la difesa del presunto omicida Francesco Franzese, 30 anni di San Lucido, accusato di aver provocato la morte della giovane cameriera romena Mahu Mihaela Petronela, di 28 anni.
La difesa di Franzese ha chiesto e ottenuto il rito abbreviato. E all'esito dell'udienza, il Giudice delle indagini preliminari Ilaria De Magistris, accogliendo la richiesta del pubblico ministero Antonella Lauri, ha condannato a 30 anni di reclusione Francesco Franzese per il reato di omicidio volontario aggravato da motivi abietti, e contestualmente assolvendo gli altri due imputati: la sorella di Franzese, Babara di 31 anni, di San Lucido, e il suo fidanzato Giuseppe Sansone, 31 anni di Fuscaldo (con la sentenza - diventata irrevocabile - per non aver commesso il fatto).
Nella vicenda processuale, stando ai motivi che sono alla base del ricorso al secondo grado di giudizio, ci sono molti punti oscuri basati essenzialmente su un unico indizio che necessita del vaglio dei giudici d'appello. In attesa che venga fissata la data del processo, ricordiamo la vicenda giudiziaria.
La ragazza romena, residente a San Lucido, da anni lavorava in un noto ristorante della costa tirrenica. Sposata, aveva una bambina che ora ha 6 anni e allora affidata alla nonna, in Romania. Per motivi di lavoro la Petronela rientrava a casa quasi sempre dopo la mezzanotte. La notte del 14 giugno 2008 le venne teso un agguato incendiario: qualcuno, poco prima dell'1,30, appiccò il fuoco alla sua abitazione del centro abitato (dopo aver versato abbondante liquido infiammabile sotto la porta). La donna aveva da poco indossato il pigiama di stoffa acrilica: viste le fiamme, nella speranza di salvarsi uscendo dalla porta, venne venne invece subito avvolta dalle fiamme, finendo la breve corsa sulla strada e bruciando come una torcia umana.
Soccorsa, la malcapitata fu daprima trasportata all'ospedale di Paola e successivamente con l'elisoccorso al Centro grandi ustionati di Brindisi, dove dopo una straziante agonia cessò di vivere il successivo 1 luglio.
Il caso destò grande clamore. San Lucido è una cittadina in cui vivono da tempo un centinaio di romeni che si sono bene integrati. Scattate le indagini, la vicenda si presentò subito piuttosto complessa; tra l'altro a coordinare le indagini furono due distinti magistrati (che si si sono avvicendati). L'emissione del decreto che disponeva il giudizio nei confronti di otto indagati risale al 24 novembre del 2009, e venne avanzato dal procuratore capo della Repubblica di Paola, Bruno Giordano, dopo l'esito positivo del ricorso al Tribunale del riesame proposto a suo tempo dal Pm Francesco Geco che, a chiusura delle indagini da lui iniziate, aveva chiesto otto rinvii a giudizio. In tre ordinanze di custodia cautelare in carcere s'ipotizzava l'omicidio volontario; nelle altre cinque quelle di favoreggiamento o falsa testimonianza (richieste tutte respinte).
Trasferito in altra sede il Pm Greco, il procedimento è stato poi seguito dal procuratore capo Bruno Giordano. Dalle complesse investigazioni emerse, a livello indiziario, che a mettere a segno il feroce agguato incendiario sarebbero stati tre congiunti, di cui due uomini e una loro sorella. La motivazione? Porre fine definitivamente ad una presunta relazione amorosa della romena con il padre dei due germani.

Fonte: Gazzetta del Sud

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1 commento:

Anonimo ha detto...

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