di Andrea Satta
Una mamma rumena abita nella periferia degradata della metropoli, il borgo antico, possibilmente fatiscente, di un piccolo centro di provincia; quei luoghi che gli italiani non vogliono più frequentare. La famiglia è lontana, la gente è diversa, i soldi sono pochi. Di là, in Romania, quelli che sono rimasti, stanno peggio. Ogni tanto però si ritorna a casa: in Transilvania (tra le montagne), in Valacchia (nella piana del Danubio, dove c’è Bucarest) , in Moldavia (la regione più orientale) in Bucovina (quella dei monasteri). Alcune mamme, meno però, vengono dalla zona più occidentale, al confine di Serbia e Ungheria; terra di rom: dal Banato, dalla pianura del Tibisco, viene Ancuza.
Qui ,in Italia, lei ha una casa in affitto, un canale TV che parla romeno e bambini che sanno benissimo la nostra lingua. Ieri, mi ha raccontato della sua infanzia e di sua mamma Gina che“ durante il regime di Ceaucescu, la sera si doveva andare a letto alle otto e non si potevano accendere nè luci, né riscaldamento, che si stava al buio e col televisore spento”. Ancuza e suo fratello piccolino dormivano nel letto con mamma Gina e da una certa ora papà pure ci si infilava dentro. Tutti insieme, stretti per il gran gelo. Per addormentare i suoi bambini, stipati e intirizziti, Gina, prendeva un vecchio mappamondo, lo illuminava con una candela, perché sembrasse un pianeta rischiarato dal sole e tenendolo su con una mano, come fosse un mazzo di fiori, lo faceva ruotare. Poi con un dito lo rallentava. Fermato il mondo, un polpastrello schiacciava un angolo di pianeta, e con sapienti pause, svelava agli abitanti del letto quale fosse la terra emersa dal caso. E cominciava a raccontare, a pescare tra ricordi di scuola e di fantasia, volava fra storie di indiani e antichi romani, fuochi d’artificio cinesi e antichi riti di sciamani, case di esquimesi, pesca di foche, avventure di pirati dei sette mari, battute di caccia africane e grandi ricevimenti regali.
Descriveva i vestiti della regina d’Inghilterra , raccontava di pianisti polacchi, di cavalieri francesi, di Marco Polo, di grandi laghi ghiacciati, delle Americhe sconfinate, di bisonti, di renne e di cercatori d’oro. Perfino, sapeva Gina, di filosofi a passeggio per le vie di Atene, con discepoli ed amanti per codazzo e delle troppe coltellate rifilate a Giulio Cesare dai suoi amici cari. Ora, anche Gina è arrivata qui in Italia.
Adesso aspetta ogni sera, il tram “barrato” che riporta Ancuza, la sua bambina di allora, a casa, per l’ultimo tratto di calvario quotidiano. Ma alle sue nipotine non sa più che raccontare. È sparito il mappamondo.
4 dicembre 2010
Fonte: l'Unità
domenica 19 dicembre 2010
Storia di una mamma rumena
Pubblicato da
Catalina Sava
alle
14:57
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