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mercoledì 28 luglio 2010

In culla è straniero un neonato su 5 Umberto I, nuova rete d'accoglienza

Uno studio del Policlinico: madri più giovani, ma parti a rischio. Ogni anno nascono nel Lazio 55mila bambini. Le difficoltà degli immmigrati e le loro diffidenze verso gli ospedali
di CHIARA RIGHETTI

In culla è straniero un neonato su 5 Umberto I, nuova rete d'accoglienza

Ogni anno nascono nel Lazio 55mila bambini: oltre uno su 5 è figlio di una straniera. All'Umberto I la percentuale supera il 30%. Ecco perché nell'ospedale romano, centro di riferimento per le gravidanze a rischio, un'équipe di medici capitanati da Mario De Curtis, ordinario di Pediatria alla Sapienza e direttore dell'unità di Terapia intensiva neonatale, ha condotto uno studio sulle nascite degli ultimi dieci anni. I parti fra 2000 e 2009 sono stati quasi 17mila, il 22,5% da madri nate all'estero. Se, tra 1996 e 1998, il Paese di provenienza più frequente erano le Filippine, negli ultimi anni è cresciuto il "peso" dell'Est Europa e in particolare della Romania. "Le madri straniere - spiega De Curtis - sono in media più giovani delle italiane (29,3 anni contro 32,5), quindi teoricamente meno a rischio. Ma più spesso hanno neonati con problemi clinici".

Le ragioni sono diverse, dallo svantaggio socioeconomico al più difficile accesso ai servizi sanitari. "In particolare - prosegue il professore - nei figli di straniere è più frequente la prematurità, tanto più pericolosa quanto più il parto è precoce perché il bambino, per l'immaturità di molti organi, può avere problemi che ne compromettono lo sviluppo". Tra i figli delle immigrate è maggiore pure l'incidenza di depressione alla nascita, traumi ostetrici, disturbi del metabolismo, malformazioni, malattie del sangue. "La prima ragione - spiega De Curtis - sta in patologie che colpiscono tutte le donne incinte, dalle infezioni dell'apparato genitale all'anemia, ma che più spesso le straniere non curano. Poi le immigrate sono più esposte a specifici fattori di rischio: gravidanze in minorenni e ragazze madri, basso reddito, un lavoro più pesante e meno garantito, un'alimentazione incongrua e peggiori condizioni abitative".

De Curtis nega però che l'incidenza dei disturbi dipenda dalla condizione di immigrati. Le cause sono semmai legate "a una maggiore tendenza a sposarsi tra consanguinei, alle scarse cure prenatali, e alla riluttanza a interrompere la gravidanza quando la malformazione viene diagnosticata". E perché le cure sono minori? "Soprattutto per la scarsa informazione sui servizio sanitari e la riluttanza a recarsi in ospedale per paura di essere denunciati. Questo malgrado la legge assicuri alle donne incinte un permesso di soggiorno e il divieto di espulsione fino ai sei mesi del bambino. Una norma che però ha perso forza con l'introduzione del reato di clandestinità". Come cambiare? "Si dovrebbero incentivare i controlli in gravidanza, con un maggiore ricorso ai mediatori culturali per evitare comportamenti discriminatori. Poi sarebbe utile garantire a tutti i bambini la possibilità di iscriversi al Servizio sanitario con diritto al pediatra di libera scelta e facilitare la strada per ottenere la cittadinanza".

Proprio ieri l'Umberto I ha presentato la nuova rete di accoglienza per migliorare l'accesso alle cure degli stranieri, assistere i clochard che si rifugiano nei viali del Policlinico e integrare il personale immigrato. Il nuovo sistema deliberato dal direttore generale Ubaldo Montaguti, che sarà a regime entro un anno, prevede tra l'altro la creazione di un gruppo di lavoro per l'accoglienza dei senzatetto, una settimana dell'accoglienza per i lavoratori stranieri e un Centro antiviolenza.
Fonte: la Repubblica-Roma

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