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domenica 9 gennaio 2011

Miraggio Schengen per romeni e bulgari

8 gennaio 2011
L’Ue ci ripensa: Bucarest e Sofia ancora fuori dall’accordo di libera circolazione.

Romeni e bulgari dovranno ancora lavorare di piccone: il “muro di Schengen”, infatti, resterà in piedi più a lungo del previsto. Sarebbe dovuto venire giù, secondo quanto previsto inizialmente dall’Ue, il prossimo marzo. Ma l’ultima fase dell’abbattimento è stata rimandata.
La decisione verrà ufficialmente confermata durante il Consiglio europeo di febbraio. Ma non c’è bisogno di attendere quel consesso. In questi giorni, infatti, dai corridoi diplomatici di Bruxelles è trapelata la certezza dello slittamento.
Il motivo? I limitati progressi compiuti da Romania e Bulgaria sul fronte della riforma della giustizia e della lotta alla criminalità, requisiti essenziali ai fini della loro inclusione nello spazio Schengen.
La bocciatura brucia. Anche perché l’accesso allo spazio Schengen, di questi tempi, è più che mai vitale e lenirebbe i malanni arrecati dalla crisi economica. La libertà di circolazione permetterebbe a romeni e bulgari di avere maggiore accesso ai mercati lavorativi occidentali, favorirebbe l’aumento del volume delle rimesse e ridurrebbe il tasso domestico di disoccupazione.
I due paesi hanno reagito diversamente al mantenimento del “muro”. Sofia ne ha preso atto, ammettendo le lacune e garantendo più impegno. Bucarest, invece, ha alzato la voce. Pure parecchio. Il governo romeno accusa l’Ue di non rispettare i patti e di rimangiarsi le promesse. Recrimina inoltre contro il “direttorio” franco-tedesco e i suoi “abusi di potere”. Il riferimento è alla lettera congiunta con cui a fine dicembre i ministri degli interni di Berlino e Parigi, Thomas de Maizière e Brice Hortefeux, avevano in sostanza preannunciato il veto all’ingresso di Romania e Bulgaria.
A dire il vero, più che con la Germania, i romeni ce l’hanno con la Francia. A loro avviso Parigi ha voluto “vendicarsi” per la questione delle espulsioni dei rom di cittadinanza romena, sulla quale la scorsa estate Nicolas Sarkozy aveva incassato le dure critiche della Commissione Ue.
Bucarest punta l’indice anche contro Sofia. Il ministro degli esteri romeno Teodor Baconschi ha sostenuto che il mea culpa dell’esecutivo bulgaro è una risposta «poco dignitosa», che facilita peraltro la strategia di Parigi e Berlino, votata, secondo il ministro, a spaccare l’Europa facendola procedere a due velocità.
Dopo le accuse, i propositi di rappresaglia. Bucarest ha ventilato la possibilità di sospendere i contratti, stipulati con alcune aziende dell’Europa “ricca”, sull’acquisto di tecnologie e materiali utili a modernizzare, in vista dell’ingresso nell’area Schengen, i sistemi di controllo lungo le frontiere.
Ma non finisce qui. Anche la Croazia, prossima a chiudere i negoziati d’adesione con l’Ue, rischia di subire le conseguenze di questa vertenza, visto che il governo romeno minaccia di esercitare il veto nei confronti dell’ingresso di Zagabria in Europa, a meno che Bruxelles non imponga anche al paese balcanico – cosa al momento non prevista – il severo meccanismo di verifica con cui ha legato i processi di riforma in Romania e Bulgaria al loro ingresso nell’area Schengen.
Difficile, comunque, che Bucarest proceda seguendo questa strada. La rabbia sfoggiata in questi giorni, almeno pare, suona più come una tattica per sollecitare Bruxelles a sbloccare rapidamente il veto all’ingresso nell’area di libera circolazione.
L’attuale presidenza ungherese dell’Ue, sostenitrice dell’allargamento dell’area Schengen, ha fatto sapere che lavorerà sodo su questo terreno. Ma il rischio è che la presidenza magiara, già indebolita dalle critiche nei confronti della legge con cui il parlamento di Budapest ha posto la stampa sotto il controllo dell’esecutivo, passi via senza lasciare traccia.
di Matteo Tacconi
Fonte: Europa Quotidiano

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