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domenica 30 maggio 2010

Elio Veltri, Lume Lume,Sellerio

Andrea Camilleri dice che ‘Lume Lume’ (Sellerio editore Palermo, 132 pagg., 12 euro) e’ un libro da leggere “due volte” per “gustare la rara felicita’ di scrittura e la capacita’ di invenzione e poi per studiarlo come manuale di convivenza con il mondo”.
Spunto del libro è la ricerca da parte di un giovane palermitano delle parole di una vecchia canzone rumena, intitolata, appunto, ‘Lume Lume’, che significa ‘gente, mondo’. Compito arduo, visto che incontrerà sulla sua strada rumeni troppo giovani per ricordarsene o che preferiscono Ramazzotti, o immigrati che paiono rumeni ma non lo sono. Il libro ha un tono leggero e si compone di tante microstorie dal tono leggero (leggerezza alla maniera di Marcovaldo) che svelano miriadi di esistenze intorno a noi, piccoli incontri con tanta “gente” che compongono la trama delle nostre città

Elio Veltri, Lume Lume,Sellerio

«Difficile imbattersi in una narrazione che da questa materia possa trarre motivo di sorriso. Perciò la prima cosa che felicemente balza agli occhi leggendo Lume Lume di Nino Vetri è il tono leggero e a volte svagato col quale l’autore riesce a rappresentare la complessa esistenza quotidiana di un quartiere dove convivono etnie, religioni, costumanze, credenze tra loro diversissime. Il protagonista è un giovane palermitano il quale vorrebbe conoscere le parole di un’antica canzone rumena, intitolata Lume Lume, che significa gente, mondo. Impresa che si rivela subito quasi impossibile perché lo svagato protagonista queste parole o le chiede a rumeni troppo giovani per ricordarsene e che comunque preferiscono Ramazzotti, o a non rumeni che a lui sembrano tali.
«Comunque si tratta di un esile pretesto che si rivela nella sostanza saldissimo e il più adatto al sistema narrativo di Vetri, che è quello di sistemare una dopo l’altra tante piccole tessere, in ognuna delle quali è contenuta una microstoria compiuta, sino a formare un vasto, movimentatissimo, coloratissimo affresco dentro il quale si muove (i personaggi sono sempre in movimento) un’affascinante, mutante come in un caleidoscopio, grande quantità di figure. Perché se gli abitanti extracomunitari del quartiere hanno comportamenti che possono stupire, bisogna ammettere che anche i comportamenti degli abitanti autoctoni reggono al confronto. La qualità migliore dello sguardo di Vetri (e della sua scrittura) è, a mio avviso, la sua finta oggettività. Vetri infatti sembra non commentare, non giudicare, non intromettersi. Pare voglia raccontare le cose come stanno senza alcuna interferenza. In realtà l’angolazione dello sguardo incantato di Vetri fa sì che il non giudizio non significhi estraneità, anzi.
«Niente, nulla gli risulta estraneo o perlomeno distante, esso accoglie tutto, tutto amalgama in un impasto dove al massimo ci può essere qualcosa che sorprende, mai che susciti un netto rifiuto». Dalla Nota di Andrea Camilleri

Nino Vetri è nato a Palermo nel 1964. Suona nel gruppo «La banda di Palermo». Con questa casa editrice ha pubblicato Le ultime ore dei miei occhiali (2007).

Fonte: Buone Letture

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