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domenica 30 maggio 2010

Romeni in Italia, tra indifferenza e razzismo

di Carlotta Mismetti Capua

Sono i nuovi cittadini europei. Poco integrati, molto operosi e del tutto ignari dei loro diritti. Come racconta il libro di Guido Melis e Alina Haraja
Nonostante dal gennaio del 2007 siano diventati cittadini europei i romeni hanno gli stessi problemi di quando erano solo immigrati brutti, sporchi e cattivi: anzi, più cattivi degli altri. La comunità più importante, per diffusione sul territorio, forza economica, coesione sociale e numeri è una comunità di cui non si parla mai, e i cui diritti sono ancora monchi.

Di questa vita a metà strada tra l'indifferenza, la xenofobia e la legge parla il libro "Romeni, la minoranza decisiva per l'Italia di domani" (ed. Rubbettino) presentato alla Camera dei Deputati dall'onorevole Gianfranco Fini, dal sociologo Luigi Manconi e da Giuliano Amato e Giuseppe Pisanu. Il libro, scritto dal deputato del Pd Guido Melis e dalla corrispondente per l'Italia del canale news Realitatea Tv Alina Haraja, è dichiaratamente partigiano ma fitto al tempo stesso di dati e statistiche ufficiali. Per ragionare in un paese in cui si sragiona spesso. Soprattutto sui romeni. "Dalle nostre parti le uniche bestie sono gli immigrati romeni. Loro hanno lo stupro nel sangue" disse il sindaco di Montalto di Castro del Pd, Salvatore Carai.

Di offese, ingiustizie, denunce ad Amnesty International, incontri tra ambasciatori e scandali mediatici è pieno questo rapporto informale sui faticosi ultimi dieci anni dei romeni italiani. Ma soprattutto è fitto di paradossi. I paradossi sono interessanti, e il cambiamento del clima politico (la presenza del presidente della Camera alla presentazione del libro dice da sola molte cose) e l'entrata la Romania nella Comunità Europea non hanno migliorato le cose.

Nonostante in dieci anni i romeni siano passati da 80.000 a 800 mila residenti regolari non hanno ancora nessuna rappresentanza politica locale, non uno a Torino o a Roma: eppure un torinese su dieci è romeno, un romano su dieci è romeno. Non c'è un solo centro culturale sostenuto dalle amministrazioni o dal ministero con le deleghe sociali in nessuna città. "Paradossalmente i romeni italiani sono i meno informati del loro nuovo status, dei loro diritti" racconta Alina Haria" e anche dopo il 2007 le cose sono peggiorate, nonostante le proteste del partito dei romeni, gli incontri ufficiali, il famoso spot tv 'Piacere di conoscerti', e le costanti pressioni dell'Ambasciata stessa". Tanto che seguendo le raccomandazione per un'informazione non razzista, firmate dai giornalisti italiani nel 1996 e il codice di deontologia professionale, la giornalista Miruna Cajvaneanu, presenta un dossier per Amnesty International: "l'orda romena, di stupratori, assassini e galeotti non esiste, è un invenzione dei media. Ma i suoi effetti continuano, le buone notizie non vengono mai pubblicate, non ci sono nemmeno libri in libreria che raccontino i nostri scrittori, il nostro paese: è una situazione incredibile" dice Haraj.

La politica pare ignorare la sociologia ma anche la statistica. Eppure sono il 18% dei residenti, lavoranti, paganti tasse, degli stranieri che hanno scelto l'Italia come seconda patria: il 9% di loro ha una casa di proprietà, il 13% delle donne ha messo su famiglia con un italiano: il 2% degli uomini con una italiana. Nelle scuole italiane uno studente su 6 è rumeno, sono terzi tra i 'cittadini non italiani' iscritti all'università, sono poco sindacalizzati anche se scolarizzati. Quasi il 60% degli incidenti di lavoro, secondo i dati Inail, li riguarda: e tristemente dopo essere diventati europei la percentuali di incidenti sul lavoro si è triplicata, a riprova dello stato di vessazione, paura e ricatto con i quali i più lavorano nei cantieri. Sono tristemente in cima anche alla classifica per le morti bianche. Hanno una trentina di chiese ortodosse, prestate loro da associazioni o dalla stessa Chiesa Cattolica, e un Vicariato nuovo di zecca. Ventimila aziende con un titolare romeno sono registrate alla Camera di Commercio, ventimila imprese italiane sono insediate in Romania. Il 70% degli occupati sono laureati o diplomati, e chi lavora lavora regolarmente, e quasi in regola: 2 milioni e mezzo di euro sono il contributo che danno al Pil del paese dove abitano.(26 maggio 2010)

Fonte: L'espresso

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Grazie a tutti! Multumesc tuturor!

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