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domenica 2 novembre 2008

Torino, fino al 21 novembre, "Simboli verticali", mostra opere di Marian Furtuna


“SIMBOLI VERTICALI”

Concause. Ecco come sintetizzare le complesse ed inattese circostanze che hanno concorso alla realizzazione di questa mostra. Tutto è cominciato parecchio tempo addietro con un viaggio in Polonia compiuto da Maria Grazia Cacioli. Ma questo è inerente e veritiero solo in parte. Perché poi gli incontri, quelli veri, determinanti, sono avvenuti in un paesino, sonnacchioso come un gatto, della provincia torinese.
A mettere insieme tutti i particolari ci vorrebbe la pazienza di chi incastra i pezzi dai bordi sagomati dei puzzle. Quelli da 10000 mila pezzi. Troppo.

Il risultato, in ogni caso, si traduce nell’azzardo prudente di presentare un artista, i suoi lavori. Regalare l’occasione di venire a contatto con il peculiare dettato d’autore che lo contraddistingue.
Furtuna sa restituire valore ad un sentimento, gli fa da guida la fiducia in qualcosa che sfiora l’idealismo magico o la magia dell’ideale, vi è la forza di una fabula che parte da lontano e attraversa il presente perdurando come voce viva nelle sue opere.

Marian Furtuna è nato a Cluj Napoca nel 1976 in piena Transilvania, dove ha studiato al Liceo di Arti Figurative per passare poi all’Accademia. Le prime mostre risalgono al ’94, e tra personali e collettive si è inserito nel filone di quei giovani di talento che, mettendosi alla prova, imboccano, come un sentiero sconosciuto, la via artistica. Ha ottenuto in questi anni notevoli risultati: commissioni, buone vendite, incarichi di restauro, vinto un premio importante.
Nel 1998 collabora al restauro di dipinti sacri in un monastero e qualcosa, tra le volte antiche di secoli deve essere accaduto, qualcosa deve averlo davvero toccato perché la fascinazione per la pittura sacra lo trasforma in un ingentilito cantore di quella particolarissima realtà che è la figurazione bizantina.
Chiarisce il concetto, che gli è assai caro, con queste parole:
”L’arte bizantina a prima vista, sembra molto rigida nel tema e nella tecnica, essa però nasconde un mondo straordinariamente ricco e con un potenziale formidabile. Nasconde “un mondo del bello” di grande profondità; e’ l’arte che ha influito maggiormente su di me. E’ generosa, permette di prendere alcuni dei suoi elementi specifici e di giocare con essi: allungare, verticalizzare e sintetizzare, spingendo oltre questa modalità: senza fermarsi, fino ad un possibile infinito come accade con la goccia d’acqua, che nel suo cadere si allunga e si prolunga finché trova la verticale assoluta”.

Nelle sue opere ritroviamo l’eco di una forte e luminosa spiritualità, qualcosa che ha a che fare con la pratica di produrre arte sacra come fatto naturale, in particolar modo nel suo paese d’origine.
C’è un candore speciale, verosimilmente ingenuo e coraggioso nei quadri che Furtuna realizza utilizzando gli stilemi delle icone greco-bizantine, una disposizione a trasformare un modo in linguaggio.
E’ così che si motiva la decisione di Maria Grazia di provare a farsi sensale, soggiogandomi alla visione di alcune tele, coinvolgendomi, successivamente a decidere insieme di osare una personale per rendere merito a questo artista.

Colpiscono tra le opere i nudi, titolati unicamente da numeri, I, II, III ect. per la la loro intensa pudicità; immersi in una luce d’acquario, odalische o madri desessualizzate e allegoriche, come piccoli doni alla memoria di Jeanne Hébuterne, meglio conosciuta come modella e signora Modigliani. Ipotizzabile, come parallelo forse mai osservato, che un certo allungare le forme tipico del grande Modì possa non derivare unicamente dalla scultura africana, ma addirittura dalla pittura bizantina. Difficile dire, anche se interessante come idea.
Più sicura invece è la citazione delle atmosfere coloristiche delle avanguardie novecentesche, utilizzata per rivestire i lavori di una patina di onirica nostalgia, anche se realizzati con le moderne qualità dell’acrilico.
Un altro gruppo di dipinti su legno raffigurano possibili “Saggi”, tutti rivolti nella stessa direzione, qui la vicinanza con la raffigurazione religiosa si fa più determinata e allusiva.
Se è ancora possibile pensare le divinità attraverso l’allegoria, come nella filosofia antica, o gli epicurei che si figuravano gli dei come saggi, e se si finisce poi sempre con il razionalizzare i miti religiosi e le loro rappresentazioni, si può compiere un processo di svuotamento del loro contenuto mitico per attribuirgliene uno filosofico, criterio che in questi quadri sembra aver guidato gli intenti dell’autore nei suoi simboli verticali, come stele arcaiche.

Edmondo Bertaina, giornalista e critico d'arte

Per info contattare:
Maria Grazia Cacioli tel. 3339345883 e-mail mariagraziacacioli@alice.it
Marian Furtuna e-mail furtuna@zappmobile.ro web-site: http://www.furtuna.4t.com/

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