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domenica 2 maggio 2010

Fratelli d'Italia

di Gabriella Gallozzi

Il cinema guarda alla scuola multiculturale ed entra in classe. È quello che ha fatto il regista romano Claudio Giovannesi con Fratelli d'Italia, documentario nato nell'Istituto tecnico Paolo Toscanelli di Ostia, frequentato in gran numero da immigrati di seconda generazione.

Il lavoro ha preso le mosse anni fa da un progetto messo in piedi dall'Associazione Il labirinto, Regione Lazio, Provincia di Roma e Centro sperimentale - da qui proviene il regista - deciso ad indagare sul tema dell'immigrazione. Nel 2008 è nata una prima versione, Welcome Bucarest che ha fatto incetta di premi ai festival, ed ha posto le basi per questo nuovo documentario, in arrivo nelle nostre sale dal prossimo 7 aprile e nelle scuole telefonando al numero verde 800144961.

Come ne La classe del francese Laurent Cantet, Palma d'oro a Cannes, anche Fratelli d'Italia ci accompagna tra i banchi di scuola per seguire da vicino difficoltà e speranze legate al tema della multiculturalità. «Ho fatto questo documentario - spiega lo stesso regista - perché l'Italia non riesce ancora ad avere un'identità multietnica, si nasconde dietro un'illusione di orgoglio nazionale e non vuole conoscere il valore positivo della multicultura».

Nell'Istituto Toscanelli quasi il 30% degli studenti non sono di origine italiana. «Ma la popolazione che chiamiamo immigrata - prosegue - è in realtà il nuovo tessuto sociale, una ricchezza che va accolta nella sua complessità e nelle sue inesauribili contraddiziioni». E Fratelli d'Italialo dimostra raccontando le vite quotidiane, tra i banchi e in famiglia, di tre adolescenti di origine straniera.

Prima di tutti Alin, 17 anni, rumeno, pochissima voglia di studiare, proprio come tanti suoi coetanei italiani, ma convinto di essere discriminato dagli insegnanti: «a professorè - dice in perfetto romanaccio - m'ha messo cinque perché so' rumeno». E poco valgono i tentativi dell'«eroica» professoressa di coinvolgerlo in ogni modo, lui preferisce le corse in motorino con la fidanzata, nonostante le sfuriate dei suoi genitori che lo vorrebbero sui libri. Poi c'è Masha, una diciottenne bielorussa adottata da una famiglia italiana. Il suo problema non è l'inserimento a scuola, ma il fratello rimasto nel paese d'origine che vorrebbe ritrovare. Il più «italiano» di tutti, però, è sicuramente Nader, sedicenne egiziano che per la sua famiglia, mussulmana osservante, ha una colpa incancellabile: essere fidanzato con una ragazza italiana. Sopracciglia depilate in stile Amici, cappelletto appena appoggiato sulla testa e accento romanaccio, Nader proprio non ci sta ad accettare le tradizioni del paese d'origine. «A ma' vuoi che resto frocio fino a quando mi sposo?», grida ai genitori. La sua vita è qui, come per i tanti, tantissimi altri «fratelli d'Italia».
30 aprile 2010



Fonte: L'Unità

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