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sabato 30 aprile 2011

Immigrati, la lunga lista delle inadempienze e i molti severi richiami dell'Unione Europea

La politica italiana verso gli stranieri extracomunitari (ma anche comunitari, quando si trattava di Rom rumeni o italiani) è stata sconfessata più volte pesantemente da tutte le istituzioni europee e da almeno due agenzie dell'Onu. Leggi contrarie alle discipline dell'Unione, regolamenti in contrasto al diritto comunitario, disposizioni di polizia e comportamenti illeciti.

di PAOLO SOLDINI

Immigrati, la lunga lista delle inadempienze E i molti severi richiami dell'Unione Europea
ROMA - La Corte di Giustizia dell'Unione Europea boccia l'Italia per il reato di clandestinità? La notizia è clamorosa, ma non sorprendente. Da quando è nato l'ultimo governo Berlusconi, con il leghista Maroni al ministero dell'Interno, la politica italiana verso gli stranieri extracomunitari (ma anche comunitari, quando si trattava di Rom rumeni o italiani) è stata sconfessata più volte e in modo molto pesante, praticamente da tutte le istituzioni europee, oltre che da almeno due agenzie dell'Onu. Leggi contrarie alle discipline dell'Unione e alle convenzioni internazionali firmate dall'Italia, direttive non recepite, regolamenti contrari al diritto comunitario, disposizioni di polizia e comportamenti illeciti: delle condanne e dei richiami che sono arrivati da Bruxelles, Lussemburgo e Strasburgo si perde il conto.

L'elenco. Berlusconi ha preso colpi in tutte le sedi europee e tutti provocati da trasgressioni alle norme sull'immigrazione e la tutela dei diritti umani. Si può cominciare dal 9 luglio del 2008, quando il Parlamento europeo, in seduta plenaria, approva con una notevole maggioranza una mozione di condanna delle misure introdotte in Italia per l'identificazione dei rom, le famose impronte digitali da prendere ai bambini. A favore della mozione si esprimono, non solo le sinistre, ma anche numerosi deputati (non italiani) del centro e della destra. L'impatto politico del voto è tale che il giorno stesso ben tre ministri, Maroni, Frattini e Ronchi (Politiche comunitarie), si presentano alla stampa estera per cercare di minimizzarne il significato. L'inveterata abitudine del ministro dell'Interno a smorzare i toni ("si è trattato di un voto solo della sinistra"; "i parlamentari non conoscevano i documenti"; "il commissario alla Giustizia era contrario") rovina però la manovra. Il giorno dopo la condanna dell'Italia è sui giornali di tutta Europa.

Maroni smentito da Barroso. Più volte Maroni costringe il commissario Ue alla Giustizia Jacques Barrot, che pure è un conservatore politicamente assai vicino al centro-destra italiano, e lo stesso presidente della Commissione José Manuel Barroso, altrettanto ben disposto verso Berlusconi, a smentirlo pubblicamente. Il ministro sostiene che le misure contenute nel suo "pacchetto" sulla sicurezza sono perfettamente in linea con le direttive Ue? Barrot gli fa notare che non è vero affatto: è illegale, secondo il diritto comunitario, l'obbligo di registrarsi imposto ai nomadi, anche a quelli di cittadinanza europea, e altrettanto lo è quello di costringerli a certificare la provenienza delle proprie risorse. Altre obiezioni riguardano i decreti legislativi di recepimento delle direttive, perché limitano la libera circolazione, i diritti ai ricongiungimenti familiari e il riconoscimento dello status di rifugiato politico.

Una lunga lista. Un vulnus, quest'ultimo, che viene denunciato con forza anche dall'agenzia dell'Onu sui rifugiati politici (Unhcr 1). D'altronde il capo del Viminale ha un rapporto tutto suo con l'Onu: l'8 ottobre del 2008 racconta alla Camera dei Deputati che l'Alto Commissario per i rifugiati politici António Gutierres avrebbe "elogiato" l'Italia per la sua politica di accoglienza degli esuli. Falso: nel suo rapporto Gutierres ha elogiato il Bangla Desh, l'Ucraina e gli Emirati arabi uniti, ma ha evitato accuratamente di includere l'Italia fra i "buoni". Ma tanto, quale deputato andrà mai a controllare? Qualche settimana dopo la controversia sui decreti di recepimento, lo stesso Barrot è costretto, suo malgrado, a "sollecitare le autorità italiane" perché correggano la legge sulla manovra finanziaria che viola in quattro articoli le norme comunitarie in materia di diritti degli stranieri (diritto alla casa, all'uguaglianza di trattamento fiscale, all'accesso al credito in certi consumi). Il governo, ovviamente, se ne frega e l'Italia rischia ancor'oggi una procedura di infrazione con relativa, salatissima multa.

Una politica preoccupata solo dalla sicurezza. Nel giugno del 2008 lo svedese Thomas Hammarberg, commissario per i Diritti Umani del Consiglio d'Europa (organismo in cui sono presenti tutti gli stati del continente, da non confondersi con il Consiglio europeo) dopo una visita in Italia si dice "estremamente preoccupato" per le discriminazioni e le violenze esercitate contro i rom (in qualche caso anche da parte di forze di polizia) e per le misure del "pacchetto sicurezza". "Una politica dell'immigrazione - scrive in un rapporto - non può essere ispirata solo da preoccupazioni di sicurezza. La valorizzazione dei diritti fondamentali e dei princìpi umanitari è largamente assente nelle misure prese in Italia, che rischiano di aggravare il clima di xenofobia". In un nuovo rapporto sull'Italia, dopo un'altra visita effettuata in gennaio, nell'aprile del 2009 Hammarberg scrive che "permangono preoccupazioni per quanto riguarda la situazione dei rom, le politiche e le pratiche in materia di immigrazione e il mancato rispetto dei provvedimenti provvisori vincolanti richiesti dalla Corte europea dei Diritti dell'Uomo".

Il carcere per il reato di clandestinità: No. Il 15 luglio del 2009 il Parlamento italiano approva la legge che istituisce il reato di clandestinità. Da Bruxelles parte subito una richiesta di spiegazioni, in quanto la legge confligge, in diversi punti con la direttiva 2008CE/115 sui rimpatri di extracomunitari in caso di soggiorno irregolare". Le "difformità", si legge nella richiesta, sono molte e, fra queste, il fatto che la legge italiana prevede l'accompagnamento coattivo alla frontiera come modalità ordinaria di espulsione mentre la direttiva dispone che la modalità ordinaria sia il rimpatrio volontario. Il "trattenimento" nei cosiddetti centri di identificazione e di espulsione, inoltre, nelle legge italiana viene disposto in tutti i casi in cui non si può eseguire l'espulsione immediata mentre, secondo la direttiva, il trattenimento non dev'essere automatico. Ma soprattutto la legge italiana è in contrasto con il diritto comunitario perché contempla il ricorso alla pena detentiva (fino a 5 anni) per punire la mancata partenza volontaria nonostante la notifica di un ordine di allontanamento. E' proprio questa "difformità" in materia di carcerazione che ha provocato la sentenza di condanna dell'Italia da parte della Corte di Giustizia.

Le sanzioni per inadempienza. Va sottolineato, a questo punto, che il governo italiano si è ben guardato di recepire la direttiva 115 nonostante avesse dovuto farlo entro il 24 dicembre dell'anno scorso. Il che costerà all'Italia altre sanzioni per l'inadempienza. E costringerà i giudici chiamati a esprimersi su comportamenti che attengono al reato di clandestinità a non applicare la legge italiana ma ad obbedire al superiore diritto comunitario.
(28 aprile 2011)

Fonte: La Repubblica

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