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martedì 23 febbraio 2010

Quei giovani italianissimi

Dina Galano
RAZZISMO. Ostenta superiorità e un persistente bisogno di affermazione. Ha atteggiamenti apertamente omofobici, spinte antisemitiche, convinzione dell’inferiorità delle donne. È il “soggetto improntato al razzismo” e il suo profilo è comune al 10,7 per cento dei giovani.
Ostenta superiorità e un persistente bisogno di affermazione. Ha atteggiamenti apertamente omofobici, spinte antisemitiche, convinzione dell’inferiorità delle donne. È il “soggetto improntato al razzismo” e il suo profilo è comune al 10,7 per cento dei giovani. È lui a dominare la piramide costruita su crescenti gradualità di intolleranza che è il risultato dell’indagine commissionata dalla Conferenza dei presidenti delle assemblee legislative di Regioni e province e presentata ieri alla Camera dei deputati.

Su un campione di 2.000 ragazzi tra i 18 e i 29 anni d’età l’istituto di statistica Swg ha percorso l’universo giovanile italiano scoprendolo tutt’altro che immune a derive razziste e xenofobe: il 45 per cento del totale, infatti, è risultato diffidente nei confronti degli stranieri, in un pericoloso mix di chiusura e fobie. Lo studio Io e gli altri: i giovani italiani nel vortice dei cambiamenti ha suddiviso in tre “clan” i ragazzi che hanno manifestato maggiore ostilità, negli atteggiamenti come nelle convinzioni: i Romeno-rom-albanese fobici (il 15,3 dei giovani), gli xenofobi per elezione (il 19,8) e, appunto, gli improntati al razzismo.

Già dalla denominazione con cui vengono individuati si ricava che il genere di avversione colpisce con diversa intensità a seconda delle minoranze; ancor più del nero, dell’immigrato che toglie lavoro e di altri luoghi comuni, sono le etnie rom e sinti, l’origine albanese o quella rumena a suscitare ancora una volta antipatia e odio. Malvisti dai ragazzi italiani, in via generale, i mediorientali (5,6 per cento) e i cittadini dell’ex Yugoslavia (5,8). Ma anche sul fronte dell’integrazione - dunque sul residuale 35 per cento degli intervistati - le aperture al “diverso” assumono gradi differenti che muovono da posizioni inclusive a quelle di semplice tolleranza fino a ricomprendere quelle più incerte che lo studio attribuisce agli “aperturisti tiepidi”.

Nel tentare una reazione al quadro poco rassicurante il coordinatore della Conferenza di Regioni e Province, Monica Donini, ha dichiarato che «nessuno ha la ricetta in mano. La scorciatoia segnata dalla scelta di assecondare ciò che appare il senso comune può rivelarsi una strada senza uscita, mentre la via maestra va individuata cogliendo il meglio di ciò che c’è nella società e a questo dando sostegno». Se, senza allarmismi, la vocazione xenofoba conquista i suoi adepti tra le nuove generazioni, è sul web che le manifestazioni di intolleranza trovano terreno fertile, con oltre un migliaio di gruppi razzisti a pullulare sui social network.

«Nel nostro studio - ha spiegato il direttore di Swg, Enzo Risso - abbiamo condotto su Facebook una sorta di censimento tra ottobre e novembre. Abbiamo contato un centinaio di profili anti musulmani, 350 anti immigrati alcuni con punte di 7 mila iscritti, 400 anti terroni e napoletani e 300 anti zingari». Pur se la fisionomia del web è volubile e non si presta a stime statistiche, per il direttore dell’istituto «ha comunque un valore indicativo». E non a caso, è il mezzo prescelto dai settori più estremi per diffondere il proprio messaggio.

Fonte: Terra

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