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lunedì 15 febbraio 2010

Scuola, gli studenti contro il razzismo. Idee e racconti dalle nuove generazioni

di Giulia Belardelli

ROMA - In molti casi sono sensibili, attenti, aperti al mondo. Il compagno di scuola di un altro colore può diventare il loro miglior amico, le differenze si trasformano in punti di forza per crescere, imparare, arricchirsi. E' così che spesso i ragazzi italiani vedono gli studenti stranieri con cui si trovano a dividere l'aula, il banco, un pezzo di vita. Eppure le domande che affollano la loro testa sono tante: l'Italia è davvero un Paese razzista? E cosa si intende quando si parla xenofobia? Come contrastare l'intolleranza e la violenza? E' un vero e proprio serbatoio di esperienze e pensieri quello che si trova negli articoli scritti per Repubblica@Scuola dagli studenti di medie e superiori, sollecitati a riflettere sui temi della paura e dell'odio verso l'altro, lo straniero, il "diverso". Profondamente colpiti dai fatti di Rosarno e infastiditi dai fischi a Balotelli, i ragazzi hanno voglia di raccontare una realtà che non riconoscono come propria, di far capire ai "grandi" o ai compagni "bulli" che loro, la maggior parte, rifiutano il razzismo come la peggior forma di ignoranza e cattiveria.

Compagni di banco. "Due anni fa, verso novembre, è arrivato un nuovo alunno nella mia classe IIB: sarebbe diventato un mio grande amico", racconta diego96, alunno delle medie inferiori. "Ci avevano detto soltanto che era della Costa d'Avorio e che non parlava l'italiano. Quando la bidella venne ad annunciarci la novità, ricordo che ero interrogato a scienze e questa notizia mi salvò da un voto non proprio bello. La prima volta che entrò in classe, il mio amico era accompagnato dalla madre, che parlava abbastanza bene l'italiano e ci ha spiegato che, nel paese ivoriano dove vivevano, non si parlava il francese puro ma una forma dialettale. Perciò sarebbe potuto capitare che la nostra professoressa di francese non capisse bene tutto ciò che B diceva in quella lingua. Chiamammo la professoressa che gli chiese le cose principali e dopo tradusse per lui alcuni pensieri che volevamo dirgli noi. Ricordo che un mio compagno di classe chiese a B. quale squadra tifava e lui rispose il Milan. Poi tutti noi capimmo che lo stavamo mettendo in difficoltà e allora smettemmo di fargli tante domande: lo avremmo conosciuto bene col tempo e piano piano. E così è stato. Ora io ho la fortuna di averlo vicino di banco: mi spiega le difficoltà economiche della Costa d'Avorio e dell'Africa in genere. Mi racconta che la Costa d'Avorio non è in grandissime difficoltà ma in Paesi vicini e anche confinanti ci sono seri problemi di fame e di soldi. Sto arricchendo così le mie conoscenze e tutti, noi e lui, ci stiamo arricchendo con il bene della nostra amicizia".

Le esperienze: incontri e ricordi. Spesso i ragazzi raccontano di esperienze personali, momenti della loro vita in cui, in un modo o nell'altro, sono entrati in contatto con il razzismo e la xenofobia. Molte scene si svolgono sugli autobus, crocevia di incontri spesso "infelici" tra italiani e immigrati, ma anche in classe, per le strade o nei negozi. "L'altro giorno stavo tornando a casa su un tram frequentato più da stranieri che da italiani", racconta blanche10. "Ammetto di aver notato che eravamo in 'minoranza' su quel mezzo pubblico, ma non ci ho dato peso. C'era una signora, invece, che è rimasta letteralmente sconvolta. Istintivamente, con lo sguardo perso, si è abbrancata alla sua borsa di marca, come se la visione di un uomo di colore, anzi di un gruppo di persone 'diverse', le avesse dato subito lo stimolo di proteggersi e cercare uno sguardo amico e confortante che, in questo caso, sarebbe dovuto essere proprio il mio...".

In certi casi il razzismo e l'ingiustizia si cristallizzano in un'immagine, come nel racconto di aledin (scuole superiori): "Un bimbo di circa otto anni sostava ai bordi di una trafficatissima strada, stretto in un giubbottino sgualcito e intirizzito dal freddo. Non ricordo se fosse uno dei tanti stranieri venuti dall'est che in quel periodo affollavano Milano ma ho presente il suo viso pallido, i capelli biondi e gli occhi segnati da una grande sofferenza. Rammento in particolare di quelle mani graffiate, gonfie e tumefatte che ritmicamente si immergevano nell'acqua di un malandato secchiello per raccogliere uno straccio con cui detergere i parabrezza degli infastiditi automobilisti. Il bimbo si avvicinava lentamente alle vetture, e senza proferire parola, lo sguardo abbassato, compiva velocemente il suo lavoro, ubbidendo, forse, a ordini invisibili. Pochi spiccioli venivano raccolti dal piccolo a differenza di insulti e gesti stizziti. Non ho voluto pensare al popolo degli ultimi, alle vite bruciate di Rosarno e degli altri comuni italiani dove la discriminazione e le mafie locali rendono insostenibile la vita degli immigrati. Forse quel bimbo pensava di trovare un luogo ospitale e migliore. Forse lo stesso pensiero attraversava la mente di tutti coloro che, giungendo nel nostro Paese, speravano di rimettere insieme qualcosa. Chi incontreremo domani ai semafori, nei campi, agli angoli della stazione? Solamente nostri fratelli ma molto più sfortunati di noi".

A volte sono gli scherzi, le frasi dette quasi per gioco a colpire la sensibilità dei ragazzi. "Ho un amico romeno - scrive zippo27 - è una delle persone migliori che abbia mai conosciuto, sempre disponibile e allegro, generalmente quando lo insultano sorride, anche se ne soffre. Qualche giorno fa ha dato l'esame pratico della patente ed è stato bocciato con un pretesto. E l'infelice frase: 'Qui le cose non si fanno alla romena'". "Troppo spesso mi capita di assistere ad atti e insulti razzisti, tra l'indifferenza della gente e qualche sorriso nascosto di persone quasi compiaciute", si legge nell'articolo di joja93, studentessa delle superiori. "Poi, tornando a casa, mi chiedo perché nemmeno io sia intervenuta, e mi convinco che intanto certi stupidi non avrebbero capito, e forse così fanno tutti gli altri".

"Benvenuti a Rosarno. Italia. Europa". Sono in molti a partire da qui, dalle scene di guerriglia trasmesse dai telegiornali nei primi giorni del nuovo anno. Scene che hanno innescato nei ragazzi la voglia di leggere, di informarsi, di capire il perché di tanta violenza. C'è chi, come lullaby2, una risposta se l'è già data. "Mi chiedo se non ci sentiamo in colpa per il fatto che nel nostro Paese bisogna arrivare a spargere del sangue per accorgersi delle condizioni di vita miserabili di migliaia di persone. Mi chiedo - scrive ancora lullaby - se sia più importante sbarazzarci di quello che riteniamo diverso da noi, piuttosto che impegnarci per estinguere definitivamente il problema più grande di tutti: la criminalità organizzata. E allora mi dico che sì, mio nonno aveva ragione. Bisognerebbe sempre imparare dai propri errori. Ma soprattutto bisognerebbe imparare dagli orrori che abbiamo visto e che vediamo ogni giorno".

Gli immigrati di Rosarno sono al centro di tanti altri articoli, tra cui quello di psiche, studente delle scuole superiori. "L'origine della contestazione afro riguarda tutti. L'Italia subisce passiva la mafia, mentre gli africani in Italia la combattono!". E ancora: "Se non ci fossero gli immigrati, il nostro Paese sarebbe senza economia. Il problema è che alcuni volevano braccia, sono arrivati uomini". C'è amarezza nelle parole di qert92, che scrive: "Gente che vive a centinaia in buchi profondi e baracche di cartone e lamiera, gente che sopravvive a stento, la cui esistenza ha un triste epilogo tra l'umidità, la sporcizia, il tanfo della muffa e il sogno infranto di un paradiso e di un futuro. Benvenuti a Rosarno, Italia, Europa. E' qui che scoppia la rivolta, fuochi appiccati nelle strade, cassonetti divelti, auto rovesciate e passanti atterriti che corrono a chiudersi in casa. Urla, scontri, violenza e paura: così viene annunciato il nuovo anno in Calabria". Eppure, continua qert92, basterebbe leggere l'articolo 3 della nostra Costituzione, quello che dice che "tutti i cittadini hanno pari dignità sociale, senza distinzione di sesso, razza, lingua e religione".

"Ehi tu, cittadino del mondo". Inizia così, quasi come una canzone, l'articolo con cui mikittola91 si rivolge ai suoi coetanei. "Ehi tu... Sì, proprio tu che ti vanti di guidare una macchina tedesca, che fai sfoggio di un orologio svizzero e ascolti la tua musica preferita con un i-pod americano. Tu che indossi scarpe di uno stilista francese o polo che presentano un'etichetta inglese ma che in realtà sono fatte in Cina o in paesi del terzo mondo, dove i lavoratori, in maggioranza donne e bambini, vengono sfruttati da 'padroni' senza scrupoli. Fai le vacanze in stupendi atolli tropicali, che al di là delle zone turistiche celano realtà fatte di povertà e abbandono. Tu, uomo cosmopolita, ti fai spaventare allora dal diverso colore di pelle del tuo vicino di casa, da una donna che indossa il burqa o da un Dio differente dal tuo? Come fai a definirti cittadino del mondo?".

I controsensi, insomma, non sfuggono agli occhi dei ragazzi, come fa notare anche insomnium: "Il nostro Paese è una terra promessa per le contraddizioni: all'elezione di Barack Obama tutto il popolo italiano era in festa, e un anno dopo degli uomini vengono picchiati a sangue per la sola colpa di essere 'abbronzati'". Un altro studente (il suo nickname è aqualung) invita a riflettere "sull'ecatombe haitiana": "La sofferenza dovrebbe ricordarci che quelle persone che 'ci rubano il lavoro', come dicono alcuni, stanno solamente cercando una vita migliore".

L'invito ai media. Alcuni studenti si rivolgono direttamente ai media, colpevoli, a loro avviso, di un'informazione distorta che non fa altro che alimentare la spirale del razzismo. "La protesta degli immigrati di Rosarno ha riacceso una miccia mai spenta", scrive stefano c., studente delle scuole superiori. "Che vengano considerati inferiori lo si nota anche dalle interviste. Ai lavoratori extracomunitari quando si rivolgeva loro la parola si dava del tu, ai cittadini si dava del lei. Gesti normali che non hanno fatto scalpore e dimostrano quanto sia tristemente normale considerarli inferiori". Secondo cate92, "non ci si può stupire di certi comportamenti, se a monte c'è una cronaca incentrata soltanto sulle vicende sanguinose ad opera di extracomunitari. In realtà di storie positive ce ne sono tante, a cominciare da tutte quelle persone che svolgono il loro lavoro onestamente, con impegno e passione. Dare maggiore risalto a questi aspetti - conclude cate92 - aiuterebbe noi italiani a vedere gli extracomunitari nella giusta luce, e aiuterebbe loro a farsi coraggio e vivere con maggiore convinzione il proprio lavoro".

"C'è posto per tutti, c'è libertà per tutti". Scorrendo i tantissimi contributi lasciati sul sito, si trova anche quello di gatolopez. "Scrivere contro il razzismo, sputare lì quelle quattro parole finte benpensanti, oh com'è facile! La penna sembra prendere in giro persino me stesso, l'ennesima presa in giro, l'ennesimo giro a vuoto dell'umanità. E per la città percepisco il nervosismo, l'ansia, l'affaccendarsi del gregge che non regge più l'esaltante monotonia in cui il pastore l'ha guidato. Ascolto nel silenzio invernale le nostre fredde menti chiuse che imparano l'alfabeto e dimenticano l'amore. Così noi seguiamo il nostro pastore lungo il sentiero, tutt'intorno cani da guardia, e beliamo, proprio come cantano i Pink Floyd in una loro celebre canzone, con lo sguardo rivolto in basso dinanzi ai loro denti aguzzi; tra di noi invece solo rabbia, disprezzo, discriminazione, infamia, accuse, ingenua ricerca di un capro espiatorio. Tra di noi è meglio che io sia primo e voi ultimi, tra di noi contiamo solamente io e il mio sentiero. Tra di noi mi chiudo in me stesso e cammino. Povere pecore! La paura le spinge ad aver paura delle altre, povere pecore affaticate che non distinguono più le loro simili dai cani pastore, povere pecore che camminano in gregge nella valle. Povere pecore xenofobe e razziste la colpa è di quei cani, la colpa è di quel pastore. Pecore, fermatevi un attimo, guardatevi intorno, c'è posto per tutti, c'è libertà per tutti, c'è terra per tutti, c'è acqua per tutti e amore per ciascuno. Il pastore è molto avanti ma voi vi fermerete, voi capirete che c'è un pastore dentro ognuno di noi".

Fonte: La Repubblica

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