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lunedì 8 settembre 2008

I pazienti senza frontiere

Boom mondiale del turismo sanitario Cure odontoiatriche: 20 mila all'estero
Sono i pazienti senza frontiere. Per curarsi i denti vanno in Romania o in Croazia, molti in Ungheria. Per i ritocchi estetici preferiscono la Tunisia. Se l’intervento è delicato—magari al cuore o alle articolazioni — la destinazione diventa più esotica: Thailandia, Costa Rica, India, Caraibi. E via così: medicina low cost e belle spiagge, strutture all’avanguardia e parcelle meno salate di quelle degli ospedali di casa. È il turismo medico, quello che spinge milioni di persone a mettersi in viaggio verso Paesi che garantiscono cure di qualità a prezzi ridotti. Il fenomeno esiste già da qualche anno ma è solo adesso che si avvia a diventare di massa. Merito soprattutto degli americani: un esercito di pazienti orfani di un sistema sanitario pubblico e sempre più in difficoltà di fronte ai costi delle assicurazioni private (45 milioni di loro hanno rinunciato ad averne una) pronto a prendere il largo per difendere la propria salute. Secondo una ricerca della società di consulenza Deloitte, il numero di cittadini Usa che si sottopongono a cure mediche all’estero (750 mila lo scorso anno) è destinato a raggiungere i sei milioni entro il 2010 e i 10 milioni entro il 2012. Un boom che renderà la sanità sempre di più una questione globale, con conseguenze sia in patria che all’estero. A cominciare dai soldi: sempre secondo Deloitte, infatti, da qui al 2012 questo mega esodo potrebbe fruttare ai paesi in via di sviluppo—Asia in testa — qualcosa come 21 miliardi di dollari all’anno. Una manna per le cliniche dei paesi emergenti, un colpo duro da incassare per il sistema sanitario Usa. In Europa il trend è più contenuto, grazie all’assistenza statale, ma il miraggio della medicina low cost comincia a piacere: nel 2006, ad esempio, quasi 50 mila cittadini britannici hanno preso armi e bagagli e speso qualche milione di sterline visitando le cliniche di Turchia, India e Ungheria.
E se il risparmio è l’attrattiva principale per i degenti globe trotter (secondo le stime dei consulenti di Deloitte in media i trattamenti all’estero costano il 15% del prezzo che un americano pagherebbe in patria per lo stesso intervento) non mancano altri fattori di scelta, primo fra tutti l’abbattimento dei tempi di attesa. In generale sono 4 su cento gli europei che si vanno a curare all’estero, ma sono più della metà quelli che vorrebbero farlo (destinazione Stati Uniti e centri d’eccellenza europea) senza riuscirci: troppa burocrazia per avere un rimborso, pochi soldi per andare all’estero pagando. Nonostante questi ostacoli, il nostro servizio sanitario spende 35 milioni di euro all’anno per gli italiani che si fanno curare in altri Paesi europei, 150 milioni se si aggiungono le cure agli italiani residenti all’estero e quelle necessarie per i turisti. In generale, la prima molla per l’espatrio sanitario sono le liste d’attesa: troppi 420 giorni per operarsi alla prostata o un mese per una Tac. La seconda è rappresentata dai prezzi per prestazioni che anche in Italia sono a pagamento, come la cura dei denti e la chirurgia plastica a fini estetici (complessivamente sono stimati in 40 mila gli italiani che nel 2007 sono andati all’estero a curarsi senza chiedere poi alcun rimborso). La terza motivazione: usufruire di tecniche «vietate» nel nostro Paese: la legge sulla fecondazione artificiale ha aperto autostrade verso centri americani ed europei, ovviamente a pagamento e quindi limitatamente a chi se lo può permettere. Illegale comprare gli organi da viventi, per esempio un rene: l’India è una meta per questo tipo di interventi. Ma non solo, perché a convincere ai viaggi terapeutici è anche la qualità: se trattamenti estetici e cure dentistiche sono state l’avanguardia del turismo sanitario (con pacchetti all inclusive di viaggio più soggiorno più trattamento proposti dai numerosi siti e agenzie turistiche specializzate), oggi il livello di strutture e personale di molte cliniche dei paesi emergenti è tale che sottoporsi qui ad un’angioplastica o ad un’isterectomia non mette più paura.
La vera qualità è però quella che spinge verso centri d’avanguardia per trattamenti o non praticati in Italia o non fatti al meglio. Le mete dell’eccellenza: l’ospedale Saint Louis di Parigi per le leucemie, l’Hammersmith di Londra per i linfomi, l’Unfallklinik di Hannover (Germania) per la traumatologia e la chirurgia ricostruttiva delle articolazioni e del bacino, l’università di Rotterdam in Olanda per gastroenterologia ed epatologia (trapianti ed epatiti virali croniche), Hautepierre a Strasburgo per le malattie rare, Villejuif in Francia per fegato e vie biliari, l’Erasme a Bruxelles per la sterilità, Creteil in Francia per le malattie virali e batteriche, il Gustave- Roussy a Parigi per l’oncologia e la pediatria e il Saint Luc di Bruxelles per i trapianti di ogni tipo. Queste le mete in Europa. Numerose anche quelle negli Stati Uniti, alcune storiche: Majo Clinic, Pittsburgh, J. Hopkins, Sloan Kattering eMount Sinai,Miami per i trapianti di cellule pancreatiche… e così via. Anche in Italia qualcuno viene: sono 600 mila gli euro che lo scorso anno pazienti stranieri hanno lasciato nelle nostre casse sanitarie. Ancora troppo poco, ma c’è chi si sta attrezzando per divenire attrazione: certo occorre investire per promuovere i nostri centri d’eccellenza. Gli inglesi avevano scelto la cardiochirurgia del Niguarda a Milano per smaltire le loro liste d’attesa, ma poi si sono orientati verso la Germania. Una curiosità: la Campania è al primo posto per l’espatrio dei pazienti, non solo all’estero. Poi ci sono la Sicilia e il Lazio. Il turismo sanitario, in Italia, avviene anche da Regione a Regione. La Lombardia cura un 30 per cento di extraregionali. I motivi sono vari: dalle liste d’attesa ai rimborsi che ricevono per le varie prestazioni i medici (i Drg, che variano da Regione a Regione). Il mercato della sanità è comunque in continua espansione. E i privati investono, non più solo gli americani. Il Bumrungrad hospital di Bangkok, un gigante del turismo medico, che nel 2007 ha prestato assistenza a 33 mila clienti americani, ha appena aperto una nuova ala destinata ad ospitare seimila pazienti provenienti dall’estero. E il personale medico specializzato, emigrato a suo tempo negli Usa e in Europa, rientra in patria.
Fonte:Corriere.it

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