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martedì 27 gennaio 2009

Cinema: Mar Nero di Federico Bondi, Dall’Arno al Danubio un piccolo ritratto privato


Gemma è una donna anziana, rimasta vedova, il figlio si è trasferito con la moglie in una grande casa in collina. Dal figlio un posto per Gemma ci sarebbe, ma lei non si rassegna ad abbandonare il suo appartamento, il suo guscio di ricordi, custodito immutato negli anni. L’unica soluzione è affiancarle una badante, che vegli sulle sue difficoltà logistiche.

Angela è una giovane rumena, giunta in Italia per mettere da parte un po’ di soldi per poi tornare dal marito in Romania e crescere un figlio. Alla periferia di Firenze, le due donne convivono, l’una ostinatamente, l’altra determinatamente.

Pian piano il rapporto tra le due si snoda in una dimensione privata, e i toni da distaccati divengono intimi. Gemma e Angela si ritrovano, imprevedibilmente, complici, in una avventura umana idilliaca, fatta di tante affinità. Mar nero si colloca in un arco temporale tra la fine dell’estate 2006 e l’inizio del 2007, in concomitanza con l’ingresso della Romania nella Comunità Europea; ma questo trapasso storico è trattato ai margini della storia. Al centro ci sono queste due generazioni, che potremmo definire una nonna e una nipote, che si affacciano sui ricordi e sul futuro. Gemma rivede nei racconti di Angela, l’Italia della sua giovinezza, il calore della sua famiglia, un futuro per cui lottare; il mondo rumeno di cui parla la giovane assomiglia per tanti aspetti all’Italia degli anni Cinquanta.

Il giovane regista fiorentino Federico Bondi, autore e regista di cortometraggi e documentari, oltre che di spot e videoclip, qui al suo debutto in un lungometraggio, ha diretto una vicenda molto autobiografica, Gemma sarebbe sua nonna e Angela la sua badante. Ha portato sul grande schermo, con una forma apprezzabilmente essenziale, i loro caratteri, le loro emozioni e tensioni. Usando solo la tecnologia digitale (“perché un medium poco invadente e versatile permette un approccio naturale e immediato alla materia del racconto”), ha guardato con occhio quasi documentarista, discreto, alla consolidazione di quella realtà domestica. Mar nero, unico film italiano in concorso al 61° Festival Internazionale del Film di Locarno ha ottenuto tre premi: Premio della Giuria Ecumenica, Premio della Giuria Giovani e soprattutto il Premio Miglior Attrice a Ilaria Occhini (Gemma).

L’innato talento di questa Lady del teatro, qual è Ilaria Occhini (che è stata diretta da Visconti, Gassman, Ronconi, per citarne solo alcuni) è stato essenziale per creare un flusso di adorabilità da parte del pubblico. L’umanità inasprita di Gemma che lentamente si scioglie maternamente, e anche un po’ egoisticamente, nei confronti di Angela è interpretata con lucidità, naturalezza ed entusiasmo dalla Occhini. Dorotheea Petre (miglior attrice a Cannes nella sezione un Certain Regard per The way I spent the end of the world) è una giovane attrice rumena, dal viso dolcissimo, che incarna perfettamente l’indole energica, paziente, dalle infinite risorse, di Angela.

In questo quadro, che rispecchia l’attuale società, il coinvolgimento che queste due attrici creano con il pubblico, potrebbe far tralasciare una disarmonia dello script. Mentre la prima parte di questa pellicola è profondamente intensa, curata con complementarietà di sguardi e parole, dove tutto è attinente alla situazione e ai personaggi, la seconda parte si sperde in un viaggio (Gemma accompagna Angela in Romania sulle tracce del marito di cui non ha più notizie) troppo forzato nella sua imprevedibilità. Mar nero è, comunque, un film che apre gli occhi su uno squarcio di realtà, quella del mondo degli anziani, soli, che hanno necessità di tramandare chi sono stati, e quello delle giovani straniere che giungono in cerca di un futuro.
Fonte: Non Solo Cinema

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ho visto il film ieri sera (3 aprile) presso l'Accademia di Romania. Avevo promesso a mia moglie di accompagnarla a vederlo. Mia moglie è di Ploiesti ed è, ovviamente (che poi non è così ovvio per noi italiani), molto legata a tutto quello che è romeno. Sulla scorta di notizie quali quelle che parlavano dei premi vinti dal film, anche il mio personale interesse è stato sollecitato. Arrivati presso l'Accademia, devo dire che sono rimasto molto colpito dalla folta partecipazione. Avrei detto che saremmo stati in pochi.

La presentazione iniziale ha sottolineato con forza come questo film aveva, fra gli obiettivi, quello di far conoscere il lato "umano" del popolo romeno. Glissando, però, sul fatto che pensare che questo non esista è da autentiche bestie. A parte questo, le aspettative nei confronti del contenuto del film, sono salite ulteriormente rispetto a quanto già avevo.

Il film: ho trovato molto interessante lo stile di ripresa. La macchina è tenuta in mano dall'operatore e il piano di ripresa è sempre, apparentemente, malfermo. Questo conferisce un certo realismo alla ripresa. Mi è piaciuto molto l'aspetto sonoro fatto di rumori e situazioni anch'esse molto realistiche così come l'accento toscano che ha calato la storia in una situazione provinciale (geniale la trovata dei personaggi del piano terra). E' quasi superfluo stigmatizzare come la recitazione della Occhini sia superba. E' grande in certe scene per come ha reso assolutamente perfetto il personaggio di Gemma. Superba anche la recitazione di Dorotheea Petre che come badante romena in Italia ha reso perfettamente e ho trovato la sua recitazione di buon livello in generale.

La critica: le aspettative che già avevo, aumentate dopo aver assorbito il discorsetto iniziale della signora che ha parlato per prima, con l'aggiunta di quelli che hanno parlato dopo di lei, con l'aggiunta del messaggio dell'ambasciatore, sono state deluse.
Nel film, l'avvicinamento affettivo fra le due donne si dà per scontato al punto tale che quasi non se ne mostrano gli elementi scatenanti. Un momento prima Gemma era dura e distante e un momento dopo adorava la sua badante. La figura della badante romena non è quella di una badante straniera. Lei è romena e lo è nel modo col quale noi italiani pensiamo siano i romeni: brava gente almeno finché non bevono (e bevono tutti i romeni, naturalmente) che balla musichetta folcloristica e per un nonnulla (perché non si capisce altro) viene alle mani (scena dei due che si picchiano e vengono divisi). Magari perché hanno bevuto troppo. E' la trasposizione del punto di vista che all'estero hanno degl'italiani: "'O sole mio", mafia, pizza e mandolino.
Inoltre le scene girate in Romania mostrano soltanto come siano poveri gli indigeni. Non mostrano altro. Servono soltanto a mostrare miseria. Senza, però, far capire che quella miseria è locale e provinciale. Sarebbe come mostrare l'Italia all'estero girando un film nella provincia di Matera (non me ne abbiano gli abitanti di lì). Per me, che la Romania l'ho girata nei molti viaggi effettuati, l'immagine che si restituisce del paese è sicuramente falsata. La Romania è povera in molte zone, ma è tutt'altro in moltre altre zone. Se si fosse voluto parlare della Romania, credo che la regìa avrebbe dovuto mostrare anche altro. La contrapposizione delle zone ricche con quelle povere (la zona del delta del Danubio è drammaticamente una delle più misere di tutto il paese, da sempre) sarebbe stata indubbiamente più realista.

Infine, la parte conclusiva, ma magari è un mio limite personale, è ermetica. Lascia spazio all'immaginazione per capire cosa accade e come finisce. Forse è voluto così?

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