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giovedì 22 gennaio 2009

La grande crisi - Rumeni in fuga

«Addio Olbia, torno a Bucarest, qui non trovo più un lavoro»
Il racconto di Jan Tudor, disoccupato da agosto «Sgobbavo in nero come uno schiavo, ma ero contento. Poi l’imprenditore è sparito: mi deve diecimila euro»

OLBIA. 21.01.2009
L'America non c'è più. Svanita, smontata, ingoiata da una crisi che ha grattato via l'aura patinata dalla ªGallura padanaº e l'ha avvicinata all'esangue Romania. Gli orfani del comunismo ritornano a casa traditi e affamati dal capitalismo. In Sardegna il lavoro non c'è più e Jan Tudor, 50 anni, ritorna a casa. E' uno dei mille rumeni in fuga dall'isola. Il vapore si è spento, la crisi ha il suono del silenzio, dei cantieri abbandonati. I caporali col sorriso scintillante e 30 euro da infilare dentro la giacca delle braccia da cantiere non passano più. Così Jan ritorna a casa, a Bucarest. Lo stesso inferno di fame e miseria da cui era fuggito via dopo la caduta di Ceausescu. Lui che aveva esultato in piazza quando la statua del dittatore era caduta, lui che aveva capito che cambiato il regime la miseria era rimasta la stessa. Forse era peggiorata. Fedele a Dio e alla linea aveva cercato di affidare la speranza al post comunismo, alla terra promessa. A Bucarest la grande fabbrica meccanica che gli dava da mangiare non c'era più. 7 mila dipendenti, la Fiat della bassa Transilvania, di cui Jan era un piccolo ingranaggio, era stata venduta. Smembrata pezzo dopo pezzo dai cannibali del capitalismo. Capitani d'impresa fallimentare che avevano divorato il suo posto di lavoro. Smontato e venduto un pezzo per volta. «La fabbrica produceva macchinari agricoli. Io ero un meccanico caposquadra. Ho perso il lavoro dopo 20 anni spiega. Mi sono trovato a quasi 50 anni senza pi� il pane per mangiare». Alienazione da miseria. La fuga un Italia. «Sono arrivato a Napoli racconta. Mi avevano detto che lì avrei potuto guadagnare bene. Mi è bastata una settimana per capire che a Napoli c'era più miseria e meno onestà di Bucarest». Sorride. «A Napoli un mio amico rumeno mi ha parlato della Gallura - continua. Mi aveva detto di un angolo di paradiso in cui era possibile trovare lavoro. Avevo solo i soldi del biglietto. Ho preso la nave. Posto ponte. Sono arrivato tra i disperati. Tre giorni dopo ho trovato un impiego. Assunto come muratore. Ho lavorato per tutto il mese. In nero. Ho guadagnato 1200 euro. Non avevo mai visto tanti soldi tutti insieme». Jan ha fatto arrivare sua moglie dalla Romania. Ha preso casa a Olbia. In affitto. Ha trovato lavoro in un'impresa. «Ma il lavoro lo trovi solo se scendi a compromessi - continua. Nessun diritto, nessun giorno di riposo, nessun limite di orario, nessun contributo ». Jan ha lavorato per un anno e mezzo per un'impresa. E' stato assicurato solo per nove giorni. Sulla carta doveva fare turni di 8 ore per cinque giorni alla settimana. Faceva 12 ore e lavorava sette giorni su sette. Lavoratori sfruttati, iperattivi come topi sotto anfetamina. «Mi pesava dice, ma sarei rimasto in Sardegna. La difficoltà è un'altra. Il proprietario dell'impresa è fuggito con la cassa. Mi deve 10 mila euro, ma ora non lo trova più nessuno. Io ho lavorato fino ad agosto. Da allora non trovo più nulla. C'è crisi, e la sentiamo anche noi. A questo punto preferisco tornare a Bucarest. Lo so che cercano muratori e piastrellisti. Ora so che in Romania ci sono molte più possibilità. Io non voglio rinunciare. Mi spiace per mia moglie che in Italia si trovava benissimo ». La compagna di Jan è già partita in questi giorni. «Mi mancherà tantissimo il clima di Olbia. Qua c'è il sole e l'aria pulita - spiega. A Bucarest c'è sempre lo smog. Poi ero diventato un bravo muratore. Avevo imparato a fare i muretti a secco. Avevo fatto anche quello vicino alla villa di Berlusconi a Porto Rotondo ». Lui è pronto a lasciare l'isola, ma prima deve risolvere alcuni aspetti burocratici. «Devo pagare un po' di debiti - continua Jan. Non voglio fare come il titolare dell'azienda in cui era impiegato. E' fuggito via dopo che avevo lavorato per lui per un anno e mezzo e non mi ha mai pagato. Solo qualche acconto. Non voglio che gli italiani abbiamo un brutto ricordo di me». Jan lascerà l'isola, a curare la sua causa la Filca Cisl, è uno dei tanti rumeni che il sindacato assiste in cause contro datori di lavoro italiani. Gente che si è fatta ricca sulle braccia da lavoro nero ed è fuggita con la cassa. «So che gli italiani non sono tutti uguali Ð dice Jan. Spero di recuperare i 10 mila euro che l'imprenditore mi deve. In questi mesi la crisi è diventata feroce anche in Italia. Da agosto non ho avuto nessuno che mi prendesse a lavorare, neanche in nero. Mi hanno detto che a Bucarest cominciano a cercare piastrellisti. Per questo ritorno in Romania. Lì vivo con molto meno e sono sicuro di avere più opportunità. Mi spaventa solo il clima della Romania. ‚ malsano, ci sono strane radiazioni. Qua in Sardegna c'è un altra aria, mi sono ricresciuti anche i capelli». Si tocca la testa con le mani tozze e si tira i resti di una timida chioma. Meglio di un imbonitore si convince della bontà scientifica della sua tesi. «è vero - sentenzia. Prima ero del tutto calvo, chiedete a mia moglie. L'aria di Olbia fa ricrescere i capelli». Dal miracolo economico a quello tricologico, l'unico rimasto. La crisi rallenta anche la locomotiva Gallura e il popolo dei rumeni riempie il treno che ritorna in patria.
Fonte: L’Espresso Local

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