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martedì 2 marzo 2010

Addio a Nini’ Grassia, al cinema fra D’Angelo e D’Alessio


martedì marzo 2, 2010

Ninì Grassia. Fonte Campania Sub Web

Addio al regista Ninì Grassia. L’artista napoletano è morto la scorsa notte a Castel Volturno, dove viveva, a causa di un improvviso malore. Una carriera costellata di 41 film e importanti scoperte nel panorama canoro-cinematografico partenopeo. Fu lui, infatti, il primo a credere in Nino D’Angelo, che diresse nel film d’esordio dell’ex caschetto d’oro “Celebrità”. Fra i suoi maggiori successi, di pubblico ma non certo di critica, sono da annoverare “Annarè” e “Cient’anne”, entrambi con protagonista Gigi D’Alessio. Di alcuni suoi lavori Grassia fu anche sceneggiatore e autore della colonna sonora.

IL RICORDO DI NINO D’ANGELO – Commosso, come naturale, il commento di Nino D’Angelo, che così ricorda il suo scopritore: “E’ stato soprattutto un amico, la persona che per primo ha creduto in me. Ninì era stupito dalle mie capacità di riempire i teatri in un momento in cui la gente aveva paura di rinchiudersi in luoghi affollati, dopo il terremoto dell’Irpinia. Era una persona d’altri tempi e di altri valori, anche artistici”.

IL FILM SU PETRU BIRLADEANU – L’ottobre scorso Ninì Grassia annunciò la sua intenzione di basare un film sulla morte di Petru Birladeanu, il romeno ucciso dai proiettili di alcuni camorristi alla funicolare di Montesanto, nell’indifferenza generale. Un episodio che aveva molto colpito il regista, che nell’occasione riservò parole molto dure nei confronti della sua città, da sempre rappresentata, nel suo cinema, con i toni oleografici della Napoli canterina e sentimentale: “Parlerò della nostra città abbrutita – disse Grassia – dove si spara all’impazzata e si perde ogni forma di carità cristiana. Napoli deve smetterla di essere inattaccabile. E con questo lavoro voglio svuotare le coscienze di molti. E sono sicuro che ce la farò”. Un annuncio e , al contempo, una promessa che non potrà avere seguito ma che resta, nel contesto generale della sua cinematografia, come un duro strappo da leggere forse come segno dei tempi.

Fonte: La Voce del Volturno

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