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lunedì 7 novembre 2011

Dal bonus bebè ai sussidi per i disoccupati: ecco le ordinanze "discriminatorie" dei sindaci bocciate dai giudici

Bonus bebè riservati ai figli di genitori italiani, contributi per il dentista o l’oculista e borse di studio solo per bambini con cittadinanza italiana, sussidi per i disoccupati ma non per gli stranieri. Sono numerose le ordinanze dei sindaci del Nord Italia cancellate perché ‘discriminatorie’ dalle sentenze dei giudici a cui si erano rivolti gli immigrati, a volte anche comunitari come i romeni. Le regioni dove questi episodi si sono verificati più frequentemente sono la Lombardia, il Veneto e il Friuli Venezia Giulia. Slogan come ‘prima i veneti’ e ‘padroni a casa nostra’ non valgono in tribunale. “Desta particolari motivi di apprensione il fatto che il 90% delle discriminazioni oggetto di pronuncia sono perpetrate da parte di enti locali (Comuni e Regioni) e, talvolta, dello stesso Stato, dunque da parte di quelle istituzioni che dovrebbero svolgere un ruolo di primo piano nella tutela delle pari opportunità. Pertanto, per le vittime di tali discriminazioni, l’unica strada da percorrere rimane quella giudiziaria” si legge nel secondo libro bianco sul razzismo curato da Lunaria.

Il Comune di Brignano Gera d’Adda si era inventato una delibera con cui riservava un contributo alle spese dentistiche e oculistiche solo ai bambini con cittadinanza italiana. Il Comune di Palazzago aveva istituito un bonus bebè riservato ai nuovi nati figli di almeno un genitore in possesso della cittadinanza italiana. Il Tribunale di Bergamo l’ ha condannato a pagare il contributo a prescindere dal requisito della cittadinanza. Sempre i giudici di Bergamo hanno accertato la discriminazione compiuta dall’amministrazione comunale di Villa d’Ogna, che aveva istituito un sussidio di disoccupazione solo per i cittadini italiani. Al fondo affitti e al bonus bebè del comune di Adro potevano accedere solo cittadini comunitari. A Chiari c’erano dei “premi all’eccellenza scolastica” destinati solo agli studenti cittadini italiani. La provincia di Sondrio aveva bandito un concorso per l’assegnazione di alloggi universitari a Milano prevedendo tra i requisiti per accedere al bando quello della cittadinanza italiana. Provvedimenti cancellati dalle sentenze dei giudici. “La giurisprudenza contro le discriminazioni indica che il razzismo istituzionale può essere contrastato con la tutela giuridica delle vittime”si legge nel rapporto.

Il razzismo nel welfare ha privilegiato tre ambiti di intervento: le politiche di sostegno alla famiglia, al diritto allo studio, alla casa. Questo tramite la preclusione o la limitazione dell’accesso dei cittadini stranieri ai sussidi alla natalità (Brescia, Palazzago, Adro, Latisana, Tradate, Regione Lombardia), ai sussidi straordinari di disoccupazione (Villa D’Ogna) e ai contributi economici per le famiglie a basso reddito (Milano). Ma ci sono state anche l’introduzione di requisiti restrittivi per l’accesso dei bambini stranieri ai servizi per l’infanzia (Adro, Ciampino, Montecchio Maggiore, Goito) e degli studenti agli alloggi universitari (Sondrio); limitazioni all’accesso dei cittadini stranieri all’edilizia residenziale pubblica (Milano) e ai contributi di sostegno alla locazione (Alzano Lombardo, Adro, Majano, Regione Friuli Venezia Giulia). I comuni di Calcinato, Ospitaletto, Lissone, Biassano, Seregno, Lazzate, Cogliate e Lesmo hanno adottato una politica restrittiva anche nel rilascio delle iscrizioni anagrafiche, Montecchio Maggiore ha fatto un giro di vite sui certificati di idoneità abitativa.

A Brescia è in corso dal 2008 una battaglia giudiziaria tra un gruppo di cittadini stranieri sostenuti dall’Asgi e il Comune. La giunta aveva deliberato un contributo di mille euro per ogni neonato, con l’espressa finalità di far fronte al problema della bassa natalità nelle famiglie meno abbienti, prevedendo tra i requisiti di accesso la cittadinanza italiana di almeno un genitore. Il Tribunale di Brescia ha accertato il comportamento discriminatorio del Comune e ordinato l’estensione del bonus ai figli di cittadini stranieri. A quel punto, la giunta comunale di Brescia ha disposto la revoca del contributo per tutte le famiglie sostenendo che veniva meno “la finalità prioritaria di sostegno alla natalità delle famiglie di cittadinanza italiana”. Il nuovo provvedimento è stato denunciato di nuovo al giudice dagli stranieri perché è una ritorsione. Il processo non è ancora finito.

A Tradate, per il bonus bebè era necessario il requisito della cittadinanza italiana “di entrambi i genitori”. Restavano esclusi dal beneficio persino bambini di cittadinanza italiana con diversa nazionalità di un genitore e si introduceva un “disincentivo economico” alla costituzione di coppie miste, garantendo un sostegno economico maggiore al cittadino italiano che sposava un connazionale. Il Comune sosteneva che tale sussidio avesse le sue radici nel declino demografico dell’Europa cui si accompagna “la morte delle rispettive culture” e costituisse dunque un “particolare incentivo di conservazione culturale”. Il Tribunale di Milano ha accertato il carattere discriminatorio del comportamento del Comune di Tradate e ha ordinato che il bonus fosse pagato a tutti i nati stranieri dalla data di entrata in vigore della delibera (2007).
Lunedì, 31 ottobre 2011

Fonte: Affaritaliani

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