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domenica 13 novembre 2011

Va in scena la storia di Panait Istrati, intellettuale anticomformista

Sabato 12 Novembre 2011di Chiara Organtini

Ha solo ventiquattro anni eppure abita i palcoscenici europei nonché il cinema, realizzando corti, da quando ne ha sette, accanto a Giorgio Albertazzi, Aldo Amoroso, Modestina Caputo. Vlad Scolari è un drammaturgo italo-rumeno, allievo di Carlo Boso a Parigi, diplomato alla Scuola d'Arte Drammatica Paolo Grassi di Milano, freelance a soli undici anni alla Radio nazionale rumena.
Stavolta ha deciso di raccontare di un passato lontano per parlare di presente e di futuro. Ha scelto la storia di un uomo scomodo, un reietto: Panait Istrati, un intellettuale greco-rumeno sgangherato e bistrattato, attivo in Francia nei primi 30 anni del secolo scorso. "Verso un'altra fiamma", il titolo della pièce, sarà in scena al Teatro della Tosse di Genova il prossimo 13 novembre con Vlad Scolari (che ne è anche regista), Alice Protto e Federico Branca Bonelli, rispettivamente voce e musica. Il titolo è l'omonimo di un capitolo della trilogia di Istrati sul suo illuminante viaggio in Unione Sovietica.

Scolari, chi è Panait Istrati e cosa c'entra con lei?

Panait diceva "il primo bene dell'uomo è quello di potersi esprimere apertamente". Al ritorno dal suo lungo viaggio in Unione Sovietica, dopo che era stato santificato grazie ad un film che narrava il suo celebre romanzo "Kyra, Kyralina, nel 1927, Panait denuncia i crimini comunisti. Da quel momento scende l'oblio dinnanzi alla verità. Gli danno del fascista, del legionario. Lui, che viveva a Parigi e scriveva in francese, perde ogni contatto con il mondo letterario cui apparteneva: è presto abbandonato da Romain Rolland, intellettuale che lo aveva scoperto, e diviene bersaglio dell'intellighentzia comunista europea e sovietica. Direi che Panait , comunista fino al suo ritorno dall'URSS, è il simbolo dell'anticonformismo novecentesco, del bisogno di mantenere viva la propria dignità intellettuale.

Per questo ha scelto di parlare della storia di un uomo dimenticato da tutti e che solo negli ultimi anni è stato riscoperto grazie all'attivissimo intellettuale di Goffredo Fofi?

Panait cercava la verità fino in fondo e non voleva farsi influenzare dai libri. Era un giornalista prima che uno scrittore, un attivo sindacalista prima di essere un comunista. Fu il primo a denunciare i crimini del comunismo in Unione Sovietica e fu il primo a parlare di ingiustizia storica. Egli diceva: "La giustizia è un sentimento non una teoria. Chi arriva a ribellarsi solo attraverso la teoria resta ad un livello teorico. Il sentimento al contrario è la forza che afferra tutta la vita e la diffonde in tutte le direzioni." È chiaro che Panait era un oppositore per tutti i regimi.

Come l'ha scoperto?

Panait era proibito durante la dittatura comunista in Romania. Mia madre, ovviamente non l'ha studiato a scuola, nonostante i suoi testi venissero letti clandestinamente fino al 1989. Io stesso l'ho scoperto grazie a dei radiodrammi che un'amica di mia madre trasmetteva dalla Radio Nazionale di Bucarest dopo la fine del regime di Ceausescu; poi l'ho letto in francese e rumeno. Lo spettacolo, proprio per questo ha un sottofondo radiofonico, anche perché la radio amplifica il valore delle parole, e quelle di Panait sono potenti.

Che seguito ha Panait in Romania?

Esiste un'associazione degli amici di Panait Istrati che si occupa della divulgazione delle sue opere, ma è in Francia. In Romania non è conosciuto dalle masse, anche se fu riscoperto per orgoglio nazionale ed ovviamente in contrasto con il comunismo. Diversi giovani si riconoscono nelle sue parole, ma la voglia di benessere che c'è ora nel paese ha superato quella voglia di benessere culturale che invece imperava durante il regime rosso. All'epoca, per reazione ai divieti e alle chiusure del comunismo, c'era una grande intellettualità in Romania, anche tra chi intellettuale non poteva dirsi.

Cosa l'ha colpita del messaggio di Panait?
Quando Panait arriva in Crimea e vede i palazzi del potere occupati dai funzionari ma non dalla gente comune ha subito chiaro cosa la rivoluzione d'ottobre sta regalando al suo popolo: lo spreco e lo sfarzo nella vita dei gerarchi comunisti che nega il pane al proletariato. Una vita dignitosa deve andare oltre qualsiasi ideologia. Fu lì che decise e disse: "non aderisco più a niente". Panait visse una disillusione politica in un momento storico di forte ideologia perché ebbe la forza di indignarsi: Panait è a tutti gli effetti un indignados dei suoi tempi.

Panait indignados come alimenta il dibattito tra i giovani, almeno in Italia?

L'ideologia in Italia è morta ma la disillusione che ci racconta con forza Panait alimenta quella partecipazione attiva che già si tocca con mano nella mia generazione. Proprio perché non esistono simili intellettuali in Italia – al massimo giornalisti "di lotta" come Marco Travaglio –, la necessità di condividere una simile testimonianza è un gesto civile necessario.

Anche lei è un po' indignados?

Direi di sì. Sono incazzato a livello generazionale, a disagio e disgustato per quello che succede in Italia. Come autore ed attore lavoro poco. Il nostro spettacolo, proprio per questo, è auto-prodotto e stiamo tentando, con gli altri compagni di viaggio, di proporlo in giro. Abbiamo solo questa data di Genova e una a Pavia in primavera, con l'associazione teatrale Motoperpetuo.

Come mai non avete chiesto supporto ad altri drammaturghi e compagnie maggiormente note?

Prima di tutto viene il testo ed il suo approfondimento. Oggi, nel teatro, sono in pochi a farlo. Ci stiamo impegnando in questa operazione prima di andare a chiedere il supporto perché se il testo è solido e fa parte dalla nostra esigenza di comunicare, va al di là di ogni ricerca del benessere materiale.

Fonte: NuovaSocietà

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