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domenica 13 novembre 2011

Romania, cominciando da Bucarest

Un paese oramai parte dell'Europa Unita, rivisto dopo molti anni. Quali le impressioni? Quali i mutamenti dovuti alle vicende storiche precedenti? La capitale romena, sotto questo aspetto, riserba più di una sorpresa

Era tanto che non andavo in Romania, per l’esattezza dai tempi di Ceausescu (in neolatina lingua locale Conducator). A proposito, avverto la cortese aficiòn lettrice che nel racconto della mia gita romena ricorderò spesso questo ‘strano’ dittatore (non ce n’è mai uno uguale all’altro); non tanto per la mia aficiòn alla storia quanto per l’importanza di ciò che combinò alla guida del Paese (a sua volta ‘strano’: ‘neolatino’ per lingua e cultura ma fortemente influenzato da ungari e genti di varia estrazione germanica, è circondato da popoli slavi ed ebbe per secoli i turchi ottomani come vicini di casa).

Ricordi di "antico regime"!

Non solo la Romania ma la stessa Bucarest erano rimaste a me poco note nelle due precedenti visite. La prima ebbe luogo in epoca assai lontana, poco più di una ventina d’anni dopo la fine della guerra, quando i Paesi dell’Est potevano offrire ai turisti dell’Ovest soltanto qualche monumento di facciata, alberghi tipo Ninotchka (moneta unica il dollaro capitalista) dominati dalla noia (rotta alla sera da un vivace mercato di corpivendole: ricordo l’ascensore di un hotel di Varsavia più trafficato del metrò a Times Square). La seconda gita a Bucarest (1972) ebbe per unico fine la semifinale di Coppa Davis, Romania-Usa, in cui poco potettero i bravi Tiriac e Nastase e i furti (per lo sdegno di Enrique Morea, arbitro argentino) perpetrati da probabili agenti della Securitate travestiti da giudici di linea. Stavolta torno in Romania in occasione del congresso mondiale della Fijet (gli scribi di viaggi) il che mi fa ben sperare sulla possibilità di conoscere al meglio il Paese (il quasi ospitante Turismo rumeno commetterebbe autogol se non partissimo opportunamente informati).

Bucarest "Parigi dell'Est". Paragone meritato

E a gita appena iniziata, dopo una lunga scarpinata nel pomeriggio ‘free’ della prima giornata eccomi a esclamare con piacere: ma com’è bella Bucarest! Lo so, dovevo aspettarmelo visto che è chiamata la “Parigi dell’Est”, ma che Parigi! Perché (a mio modesto parere e con un filino di esagerazione che non guasta mai) ho forse visto più ‘architettura parigina’ a Bucarest che nella Ville Lumière. Un abbaglio o solo un’overdose di entusiasmo? Sarà, ma a sostegno di una quasi certezza ecco una sia pur goffa spiegazione. Premesso che durante la seconda Guerra mondiale le due capitali non subirono gravi danni, dalla fine del conflitto a Parigi – come in tutta l’Europa occidentale – l’edilizia subì un normale sviluppo e nel corso di decenni vide la creazione di nuovi edifici, rinnovati stili architettonici. Bucarest, invece, rimase in pratica come era. Con l’avvento del cosiddetto Socialismo Reale nell’Est Europa se non si faceva la fame poco mancava (nel suo piccolo può testimoniarlo persino chi scrive: per motivi che un giorno potrei narrare solo perché bizzarri, in un paio di occasioni, nell’invernale aeroporto di Varsavia, contrabbandai una valigia piena di salami, coppe e pancette consegnandola non a uno spiantato ex capitalista bensì al vice direttore del Tribuna Ludu, quotidiano del piccì polacco, la nostra Unità).
di Gian Paolo Bonomi

Fonte: Mondo in Tasca

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Citeste si:
DE CE IUBIM ROMÂNIA. Extraordinarul drum al unui intelectual belgian: acasă la profesorul van Itterbeek, vecinul nostru din Cisnădioara.
Campanie Realitatea.net: De ce NU iubim România

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